Recensione: Club Sándwich

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Club SándwichUn uomo diviso tra due donne: non pensate però al classico belloccio conteso da due avvenenti ragazze, bensì a un pre-adolescente in difficile equilibrio tra una coetanea da poco conosciuta e la madre possessiva.
Presentato in concorso, Club Sándwich racconta le vacanze di Paloma ed Hector, rispettivamente madre single e figlio quindicenne. La loro complicità rischia di perdersi quando Hector conosce Jazmin, una coetanea decisamente più sveglia di lui con la quale scatta subito il colpo di fulmine.
Diretto da Fernando Eimbcke, vincitore del premio come Miglior Regista all’ultimo Festival di San Sebastián, Club Sándwich è un film privo di evidenti pregi o difetti: la narrazione procede senza intoppi per l’intera durata, seppur non si rilevino sequenze davvero degne di nota.
Eimbcke risulta più maturo rispetto al precedente Sul lago Tahoe (2008): in Club Sándwich punta su una messinscena semplice ed efficace che, soltanto in alcuni passaggi, rischia di risultare un po’ pedante.
I momenti più sgradevoli (in particolare i diversi atti masturbatori, tentati e mai portati a termine) sono anche quelli più riusciti e coraggiosi.
Peccato che l’intero film, che avrebbe potuto regalare emozioni ancora più forti, finisca a tratti per risultare bloccato e poco spontaneo: quest’ultima caratteristica è probabilmente il punto debole rispetto al suo “rivale” Pelo malo. L’ottimo film della venezuelana Mariana Rondón, anch’esso in competizione sotto la Mole, potrebbe infatti soffiargli un altro premio dopo aver ottenuto il riconoscimento più importante, la Concha de oro, a San Sebastián un paio di mesi fa.

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