Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2015
- Intervento di Mons. Giampietro Dal Toso
- Intervento del Dott. Michel Roy
Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la conferenza stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima, che quest’anno ha per titolo: “Rinfrancate i vostri cuori” (Gc 5,8).
Intervengono: Mons. Giampietro Dal Toso, Segretario del Pontificio Consiglio “Cor Unum”; Mons. Segundo Tejado Muñoz, Sotto-Segretario del medesimo Dicastero e il Dott. Michel Roy, Segretario Generale di Caritas Internationalis.
Pubblichiamo di seguito gli interventi di Mons. Giampietro Dal Toso e del Dott. Michel Roy:[divider]
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Intervento di Mons. Giampietro Dal Toso
Gentili Signori,
il tema del messaggio quaresimale di quest’anno, che ha per titolo “Rinfrancate i vostri cuori”, è l’indifferenza. Già in diverse occasioni Papa Francesco è tornato su questo tema della globalizzazione dell’indifferenza. Anche il Segretario di stato, il card. Parolin, nel suo intervento all’ONU lo scorso settembre ha evidenziato “il pericolo di una diffusa indifferenza”, che ha equiparato con “apatia”, che talvolta è “sinonimo di irresponsabilità” (29.9.2014).
Si tratta dunque un concetto importante per illuminare diversi fenomeni del mondo moderno. Così possiamo comprendere questo stesso concetto iscrivendolo in una lettura, certamente parziale, di una certa cultura. Indifferenza viene da una mancata differenza. Da una non considerazione della differenza. Questo si può applicare almeno su tre piani.
A livello interpersonale, questo gioco tra differenza e indifferenza è quello forse più facilmente comprensibile. Da una parte si marca molto la differenza per provocare separazione. Dall’altro una mancata attenzione alla differenza tra me e l’altro, schiaccia l’altro sui miei parametri e così lo annulla.
A livello culturale, cioè nell’aria che respiriamo e che contribuisce a forgiare il nostro pensare e giudicare, mi sembra di notare una indifferenza rispetto ai valori. Che non è solo non conoscenza dei valori, o lacunosa osservanza dei valori, ma che è soprattutto una mancanza di giudizio sui valori. In tal modo ogni scelta diventa interscambiabile, ogni possibilità percorribile, ogni valutazione sul bene e sul male, sul vero e sul falso inutile. Perché se manca la differenza, è tutto uguale e dunque non è lecito a nessuno proporre qualcosa che sia più adeguato o meno adeguato alla natura della persona. A mio avviso, l’omologazione globale, il livellamento dei valori che viene dalla mancata differenza è legato all’esperienza di tanti nostri contemporanei circa la mancanza di senso. Se tutto è uguale, se nulla è differente e dunque più o meno valido, per cosa si può investire la vita? Se tutto è uguale, vuol dire che nulla ha veramente valore e dunque vuol dire che nulla merita pienamente il mio dono.
Capite così che siamo entrati ad un terzo livello, quello più propriamente dei principi – se volete quello metafisico. Qui risiede la maggiore indifferenza, la maggiore e più incidente forma di mancata attenzione alla differenza, che è la indifferenza verso Dio e dunque la mancata attenzione alla differenza tra Creatore e creatura, che tanto male fa all’uomo moderno, perché lo induce a credersi dio, mentre deve continuamente sbattere contro i propri limiti.
Vorrei dunque leggere la globalizzazione della indifferenza non solo come fenomeno geografico, ma come fenomeno culturale che tanto si fa più largo, quanto più si impone una certa Weltanschauung occidentale; e non solo come fenomeno legato ai rapporti, ma come atteggiamento esistenziale. Sapete però anche che la Chiesa non denuncia certe situazioni semplicemente per stigmatizzarle, ma vuole offrire anche dei percorsi per guarire. Perciò il tempo di Quaresima è sempre anche un tempo di conversione, cioè di cambiamento e di rinnovamento, per superare questa globalizzazione dell’indifferenza e invece entrare in una fase nuova, dove riconosciamo la differenza: tra me e l’altro; tra uno stile di vita e un altro; tra me e Dio. Anche il Messaggio quaresimale di quest’anno propone tre ambiti per superare l’indifferenza: la Chiesa, la comunità e il singolo. Di nuovo su questi tre livelli vorrei spendere una breve considerazione, partendo dal singolo.
Papa Francesco (al punto 3) parla della necessaria conversione e del nuovo cuore che può battere dentro di noi. Il passaggio fondamentale per ogni ricostruzione sociale e per ogni rinnovamento culturale, passa attraverso il cambiamento della singola persona. E il vangelo ci dà le chiavi esattamente per realizzare questo cambio della persona, che poi incide su tutto il tessuto sociale. Tuttavia attenzione: la conversione non ha il suo scopo nella società migliore, ma nella conoscenza di Cristo e nel diventare come Lui. Cioè, come vediamo molto bene nel magistero di Papa Francesco, egli ci chiama a superare una fede funzionale alla cura di sé e al proprio benessere. L’indifferenza nasce da un atteggiamento di vita per cui l’alterità non fa la differenza e dunque la persona si chiude in se stessa. Anche la fede può diventare strumentale a questa ricerca di sé. Il percorso è quindi quello di andare oltre, di uscire da sé, di vivere la fede guardando a Cristo, e in Lui troviamo il Padre e dei fratelli che ci aspettano. In questa prospettiva si inserisce per esempio l’iniziativa del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione 24 ore per il Signore. Ma tutto il tempo di Quaresima è offerto al fedele per rinnovarsi interiormente, affinché si ripeta in lui il mistero pasquale di Cristo morto e risorto.
Una seconda sollecitazione riguarda le nostre comunità cristiane, chiamate ad essere isole di misericordia in un mondo dominato dalla globalizzazione dell’indifferenza. C’è dunque una distinzione tra Chiesa e mondo, tra città celeste e città terrena, e questa deve emergere sempre più. Trasformare i nostri luoghi cristiani – parrocchie, comunità, gruppi – in luoghi in cui si manifesta la misericordia di Dio. Davanti alla globalizzazione dell’indifferenza, qualcuno potrebbe scoraggiarsi, perché può sembrare che non possa cambiare niente, dato che siamo in un enorme processo sociale ed economico, che ci supera. Invece no: la comunità cristiana può già vivere superando l’indifferenza, può già mostrare al mondo che si può vivere diversamente, può già diventare quella città sul monte di cui parla il vangelo (cfr. Mt 5,14). Fin da questa quaresima la vita cristiana in comunità, dove uno vive per l’altro, può essere non una chimera, ma una realtà vissuta, non un sogno lontano, ma un segno vivente della presenza della misericordia di Dio in Cristo.
Infine il terzo livello è quello della Chiesa nella sua realtà globale. Purtroppo si tende a vedere nella Chiesa solo una istituzione, una struttura. Essa è invece il corpo vivente di coloro che credono in Cristo. E’ questa totalità che si deve rinnovare. Essendo un corpo, mostra di essere vivo proprio perché cambia, cresce, si sviluppa. In questo corpo le membra si prendono cura le une delle altre, anzi vivono una grazie all’altra. Vivere la Chiesa è già in sé una rottura dell’individualismo, dell’indifferenza, della chiusura in sé che conduce alla morte. Per quanto ci riguarda, Cor Unum sempre si è fatto strumento della vicinanza del Papa agli ultimi. Vorrei testimoniarlo con tre esempi. Recentemente -come sapete – abbiamo raccolto insieme alla Commissione per l’America Latina i diversi soggetti operanti in Haiti. Si calcola per es. che in questi 5 anni siano stati spesi dalla Chiesa cattolica 21,5 milioni $ per progetti di ricostruzione del Paese. D’altra parte continua l’attenzione speciale per la crisi umanitaria in Medio Oriente, in particolare in Siria e in Iraq, dove le grandi vittime di queste guerre sono le popolazioni, specialmente le minoranze più deboli come quella cristiana, diventate di nuovo le carte con cui giocano i potenti. Infine il Papa è reduce dal viaggio nelle Filippine: vi si è visto concretamente cosa voglia dire rinfrancare i cuori dove non ci sarebbe più nulla da sperare. A Tacloban, dove il Papa si è recato, Cor Unum ha costruito un grande centro di assistenza a giovani e anziani che porta il nome di Papa Francesco. Il nostro Dicastero vuole essere una grande espressione globale di quanto la Chiesa sia un corpo in cui ogni membro può sperimentare la carità dell’altro. Vi ringrazio.
Intervento del Dott. Michel Roy
Ringrazio il Pontificio Consiglio COR UNUM che mi ha dato l’opportunità di partecipare, in qualità di Segretario Generale di Caritas Internationalis, alla presentazione del messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima del 2015.
Caritas Internationalis è una Confederazione di organizzazioni cattoliche che si impegnano per la carità e la giustizia sociale in nome del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa. Attualmente si contano 164 Organizzazioni Membro, che operano in 200 paesi e territori in tutto il mondo, impegnandosi assieme e in comunione con le chiese locali al fine di rispondere alle situazioni di emergenza e sostenere gli sforzi delle comunità locali nel migliorare le proprie condizioni di vita.
Nel suo messaggio di quest’anno il Papa ci ricorda che la Quaresima è un tempo di invito al rinnovamento per la Chiesa, le comunità e i fedeli.
In risposta a tale invito, Papa Francesco insiste nuovamente sulla globalizzazione dell’indifferenza, chiedendo alla Chiesa e ai suoi dirigenti, alle comunità cristiane e a ciascuno di noi di impegnarsi a superarla con la forza della fede, della preghiera e della carità fraterna, ascoltando il grido di coloro che soffrono ogni forma di povertà, di esclusione e di oppressione. Si tratta di imitare Dio stesso, un Dio che rende giustizia agli oppressi, protegge lo straniero, sostiene l’orfano e la vedova … (Cfr. Salmi, 146). Si tratta di agire in suo nome, Lui che si è manifestato a noi in Gesù che si è identificato con i poveri e gli oppressi (Cf. Mt 25) ed è venuto perché tutti abbiano la vita in abbondanza (Cf. Gv, 10:10). Si tratta di opporre alla globalizzazione dell’indifferenza la globalizzazione della solidarietà!
In questo senso occorre ascoltare i profeti dei nostri tempi, nella Chiesa e nella società. Soprattutto i poveri stessi e coloro che agiscono accanto a loro per sfidare, contestare il dominio del denaro, la distruzione dell’ambiente, lo sfruttamento delle risorse dei paesi più poveri, il traffico degli esseri umani, il commercio delle armi, e così via. Alcuni di questi profeti rischiano quotidianamente la loro vita o sono semplicemente accusati d’ignoranza!
Il Papa ci invita ad essere una Chiesa in uscita per andare nelle periferie, per confrontarci con le realtà del nostro mondo e per evangelizzarle con gioia.
E proprio tale esempio che ci sta mostrando Papa Francesco con la sua vita, il suo ministero, i suoi gesti, le sue parole, il suo desiderio di una Chiesa povera per i poveri! Ci sta insegnando a vivere come una Chiesa che sia una famiglia solidale, una comunità d’amore più che una ONG.
Alla sequela di Gesù, che non si è mai mostrato indifferente verso alcuna forma di sofferenza, di miseria e di oppressione, il Santo Padre ci ha appena donato, in occasione dei suoi recenti viaggi apostolici nello Sri Lanka e nelle Filippine, tanti segni concreti per vincere la globalizzazione dell’indifferenza. I suoi appelli per la pace e la riconciliazione, per il dialogo tra le religione nello Sri Lanka, un paese che ha vissuto la tragedia dello tsunami 10 anni fa e diversi anni di un conflitto e una guerra sanguinosa le cui piaghe sono ancora aperte.
E che dire delle Filippine, dove il papa si è recato ad incontrare milioni di persone e dove la sua presenza, le sue parole, i suoi gesti non hanno lasciato alcuna persona indifferente!
L’abbiamo seguito a Manila, con i bambini di strada e i giovani. L’abbiamo visto profondamente commosso, mentre ascoltava le parole di una bimba che non riusciva a comprendere come Dio possa permettere che bambini innocenti soffrano e subiscano abusi e maltrattamenti di ogni tipo.
L’abbiamo visto a Tacloban quando ha affrontato il tifone che minacciava la regione. L’abbiamo accompagnato in tutte le indimenticabili funzioni religiose. L’abbiamo ascoltato parlare ai responsabili politici di quel paese e del mondo intero, i quali continuano ad adottare politiche economiche e sociali che accrescono le diseguaglianze e la sofferenza dei più poveri. L’abbiamo inteso denunciare “ogni forma di colonizzazione ideologica” e gli attacchi contro quei valori fondamentali di tutta la società che sono la famiglia, l’apertura alla vita, la paternità-maternità responsabile, la cura di tutta la creazione, la solidarietà, la dignità umana.
Il papa non ha mai cessato di attirare l’attenzione su tante altre situazioni di grande sofferenza. Con lui ci sentiamo chiamati e incoraggiati ad agire su tutti i fronti per accogliere con dignità gli immigrati (ricordiamoci della sua visita a Lampedusa), per promuovere la pace in Medio Oriente, in Ucraina, in Nigeria e nella Repubblica Centroafricana, dove il papa pensa di recarsi in futuro. Siamo chiamati anche a sostenere ogni iniziativa di pace in Sudan e nel Sud Sudan, a portare aiuto umanitario agli sfollati, a non dimenticare i paesi colpiti dal virus di Ebola, a promuovere il diritto ad un’alimentazione sufficiente e di qualità per tutti. Il Papa continua a sostenere la Campagna “Una sola famiglia, Cibo per tutti”, lanciata da Caritas Internationalis nel dicembre 2013.
Quest’anno, nel mese di maggio, avrà luogo l’Assemblea Generale di Caritas Internationalis. Il filo conduttore di questo evento così significativo per tutte le Caritas del mondo sarà l’appello di papa Francesco a vivere come Chiesa povera per i poveri. Con questo appello del Santo Padre e la sua Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, con le sue omelie, i suoi diversi interventi, i suoi viaggi apostolici, le sue parole e i suoi gesti, che il Messaggio di Quaresima di quest’anno ben illustra, l’Assemblea Generale della Caritas Internationalis avrà una risonanza tutta particolare. È una grande sfida che il papa lancia in particolare alla sua Caritas per invitarla ad essere ciò che è : un segno dell’amore di Dio per l’umanità, la carezza della Madre Chiesa per i suoi figli.
È un onore e una responsabilità per noi contribuire a raccogliere questa sfida affinché la Caritas e tutti i suoi Membri, in comunione con gli altri organismi ecclesiali, siano l’espressione di una Chiesa povera per i poveri. Una Chiesa che ci mostra la via della conversione, del ritorno all’essenziale, alla condivisione e alla semplicità nel nostro stile di vita, sull’esempio di tanti santi.