A che pensi Tu, morto, Cristo mio?
Perché qual vel di tenebrosa notte
la ricca chioma tua di nazareno
ricade cupa giù sulla tua fronte?
Entro di te Tu guardi ove sta il regno di Dio;
dentro di te, là dove albeggia,
l’eterno sol dell’anime viventi.
Bianco è il suo corpo, sì com’è la sfera del sol,
padre di luce, che dà vita;
bianco è il tuo corpo al modo della luna
che morta ruota intorno alla sua madre,
la nostra stanca vagabonda terra;
bianco è il tuo corpo, bianco come l’ostia
del cielo nella notte sovrumana,
di quel cielo ch’è nero come il velo
della chioma tua ricca e cupa e folta
di nazareno.
Chè sei, Cristo, il solo
Uomo che di sua scelta soccombesse,
trionfando della morte, che fu resa
da te verace vita. E sol da allora
per Te codesta morte tua dà vita;
per Te la morte è fatta madre nostra;
per Te la morte è il dolce nostro anelo
che placa l’amarezza della vita.
Per te, l’Uomo che è morto e che non muore,
bianco siccome luna nella notte…
M. DE UNAMUNO, II Cristo di Velázquez, Brescia, Morcelliana, 1948, 28-29