Lo schiavo messo peggio è quello che non sa di esserlo, o addirittura presume di essere libero. È una condizione quanto mai diffusa.
Molti vivono in contesti definiti democratici: si vota, si alternano governi di colori diversi, si può esprimere la propria opinione senza finire in prigione, ci si può amare come si vuole sotto le lenzuola, non si temono perquisizioni o arresti arbitrari, gli scaffali dei supermercati traboccano di merci da ogni parte del mondo, e possiamo scegliere tra decine di marchi di smartphone, operatori telefonici e fornitori di energia.
«Si può / io mi vesto come mi pare, si può / sono libero di creare, si può / son padrone del mio destino, si può / posso mettermi un orecchino» – cantava Giorgio Gaber, con amara ironia, prima di concludere: «Ma come? Con tutte le libertà che avete, volete anche la libertà di pensare?».
Ecco, il brano evangelico di oggi invita proprio a quel pensare, in senso forte. A riflettere su ciò che ci rende schiavi. Su ciò che ci impedisce di mettere in pratica ciò in cui diciamo di credere. Sull’egoismo, che ci nasconde i corpi, i volti e i bisogni degli altri.
Sull’illusione di essere liberi solo perché possiamo continuare a scavarci la fossa da soli. Gesù ci invita a restare nella Sua Parola, a dimorare in essa e a lasciarsene trasformare. Unicamente così conosceremo la verità. E saremo davvero liberi.
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Commento a cura di:
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia e in Filosofia ha conseguito il dottorato in Ontologia Trinitaria – Teologia all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI). È socio ordinario dell’Associazione Teologica Italiana. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain”. È docente nelle scuole secondarie della Liguria e di Teologia Fondamentale all’ISSRM di Foggia. È un Piccolo Fratello dell’Accoglienza.
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.
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