La testimonianza è importante, donare anche risorse economiche pure, ma ciò che risulta ripugnante è l’ipocrisia di chi – a lungo andare, a conti fatti – si ritrova arricchito con le risorse degli stessi poveri che sbandierava pubblicamente di aiutare. Le multinazionali coprono lo sfruttamento a tinte di brandwashing: greenwashing, quando si tratta di piantare un albero per nascondere una foresta distrutta; pinkwashing, quando si assume una donna nel Consiglio di Amministrazione per non fare parlare di tutte quelle a cui non è stato rinnovato il contratto perché rimaste incinte o perché avevano chiesto che venissero rispettati gli accordi sindacali.
Oppure, in questo mese di giugno, tutto un profluvio rainbow, strizzando l’occhio a nuovi target più redditizi, utili anche per mettere a tacere tutti i propri lavoratori discriminati, sottopagati, mercificati. Papa Francesco avvisa: «Il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine» (Laudato si’, 194).
Da queste ipocrisie ci mette in guardia il celebre passo evangelico dell’offerta della vedova, qui nella versione di Marco. Gesù di fronte al tesoro osserva, prende atto e descrive per i suoi discepoli quanto accade. Da un lato gli scribi del Tempio, con offerte apparentemente ingenti per avere un ritorno di immagine; dall’altro una povera vedova che, forse con un po’ di vergogna, getta solamente due spicciolini, perché è tutta la sua vita. Monetine che poi, per mezzo di qualche giro e raggiro della casta sacerdotale, andranno pure a ingrassare il superfluo di quegli scribi, che già magari la assistevano, in quanto erano amministratori del patrimonio delle vedove.
Ma, nonostante ciò, in buona fede, lei si dona totalmente perché si fida, se non degli uomini, almeno della generosità di Dio. Non si può dire altrettanto dei primi che, con le tasche ancora piene, usano Dio come pretesto per ammantare di pubblica religiosità un sistema istituzionale di sfruttamento del bisogno altrui.
Commento a cura di:
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.