L’umanità di Gesù, che ci spiega la sua divinità, è chiamata “plèroma” dal Quarto Vangelo, cioè pienezza, abbondanza, ciò che riempie, compie, porta a completezza. È una parola usata in filosofia, ma leggendola persino Sant’Agostino ammetteva: «Non so bene che cosa ha voluto che intendessimo con questo ricevere dalla sua pienezza».
Il Noi della comunità cristiana testimonia più che altro che questa pienezza divina ha il volto di quell’uomo, che a Natale contempliamo Bambino: in quel corpo contenuto è contenuto tutto in abbondanza. Aggiunge: «E grazia su grazia». Agostino allegorizzava, come se fossero la prima il dono della fede e l’altra il dono della vita eterna. Qualcuno ritiene persino che sia la grazia dello Spirito che nella Pentescoste discende dopo la grazia di Gesù; altri ancora vedono una grazia divina in risposta alla gratitudine umana.
Ma in realtà il vangelo si riferisce piuttosto alla Legge di Mosè e a Gesù. Un passo spinoso nell’interpretazione, perché condensa la prospettiva giovannea sul rapporto tra Vecchio/Antico/Primo Testamento e Nuovo Testamento, tra ebrei e cristiani. Diversamente dai sinottici (come Matteo) in cui Gesù approfondisce quanto già presente nell’Alleanza con Israele, i toni qui sono più polemici, anche perché risalgono a un periodo in cui la rottura con le sinagoghe si era fatta irrimediabile.
Grazia «su» grazia è espresso allora con il termine greco “anti”, cioè “di fronte a”, “anziché di”, “contrapposto”. Eppure usa il termine “grazia” anche per quella antica, forse ironicamente (o forse no), la quale viene soverchiata, superata, sostituita da qualcosa di ancora meglio. La bellezza di questo Quarto Vangelo, lo ripeto, è che quando ti sembra di aver capito ti dona un cambio di paradigma che costringe a reinterpretare tutto. Così di fronte alla grazia della prima intuizione per la quale sei stato e resti riconoscente, la grazia del salto ti conduce alla grazia di uno sguardo migliore su ogni dono per la tua vita.
Ma la pienezza che illumina ogni prospettiva ha finalmente un volto: il bambino, grazia in carne ed ossa dal quale passa ogni grazia.
Commento a cura di:
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.
Il Verbo si fece carne.