Commento a cura di:
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.
RISANAMENTI
XIII DOMENICA T.O. (B) – Mc 5,21-43
CONTESTO E STRUTTURA
L’evangelista Marco in varie occasioni utilizza una tecnica a “sandwich” per incastonare un racconto nell’altro. Qui il legame è reso ancora più solido da elementi in comune: due donne con problemi incurabili, il numero 12, e termini come “fede” (v. 34 e 36), “paura/timore/turbamento” (vv. 33 e 36), “figlia” (vv. 23 e 34-35), oltre ai riferimenti al “toccare” e al gettarsi a terra di fronte a Gesù. Eppure nascondono origini differenti, come scopriamo dallo stile differente della narrazione: quello della figlia di Giairo è concitato, con frasi brevi, al presente storico; quello della donna che soffre di emorragie ha frasi più lunghe e tempi verbali al “passato” (aoristo e imperfetto). Nei vangeli sinottici, Giairo – uno degli amministratori della comunità giudaica – è l’unico individuo (esterno ai Dodici) chiamato per nome a intercedere per il risanamento di un’altra persona: per Marco, nella necessità persino un funzionario importante può scomodarsi per chiedere direttamente una mano a Gesù.
Sia l’assenza di titoli cristologici (si parla al massimo di Gesù come “maestro”) sia l’espressione in aramaico popolare talità kum (anziché la forma femminile kumi, più corretta) sono indizi di tradizioni antiche. A differenza di Matteo, qui la figlia di Giairo è ancora viva, almeno al momento della richiesta. L’episodio dell’emorroissa costringe Gesù a fermarsi e Giairo alla pazienza della fede. Quella donna, affetta da una patologia ginecologica, è superstiziosamente convinta che per guarire debba sfiorare un guaritore. Così, limitandosi a toccare di nascosto il lembo del mantello di Gesù, riceve come una scossa elettrica, sperimentandone sulla sua pelle la potenza: dynamis.
Per i più scrupolosi toccare direttamente una persona avrebbe potuto trasmettere l’impurità, ma probabilmente la scelta di limitarsi a toccare il mantello di nascosto è dettata dal rispetto reverenziale verso Gesù, al quale stava “rubando” potere senza permesso, o dal timore di rivelare in pubblico la sua intimità. Lui, con la sua sensibilità, da cercato si fa cercatore. Dopo la sfacciata protesta dei discepoli, le parole di Gesù – che, stabilita una relazione personale, la congeda in pace e in salute – ridimensionano il tono magico del risanamento, indirizzandolo a una prospettiva di salvezza permanente.
Lei, timorosa ma non di un timore paralizzante, si è fatta avanti. Ha capito che il donatore è importante quanto il dono ricevuto. Non si è tirata indietro, non è scappata, non si è sottratta per vergogna alla comunione. Lì, libera di fronte a quell’uomo libero, ha condiviso tutta la verità; e ha ricevuto la verità di essere non un “caso clinico” da “spennare”, ma figlia: salva, non solo guarita. In entrambi gli eventi a salvare la persona, più che il gesto taumaturgico, è la fede – della donna e di Giairo che osano al di là delle notizie nefaste – che predispone l’operare della potenza di Dio, riconoscendo che Gesù ne è l’immediato depositario.
PAROLE
Toccare: per Gesù questo “toccare” non è uno sfiorarsi inavvertitamente, come capitava spesso in mezzo alla folla, ma è – come suggerisce il termine greco haptomai – un’esperienza impattante, che “lo tocca”: è un “aggrapparsi” che porta a un cambiamento. Gesù, passivamente toccato dall’emorroissa, è colui che poi tocca attivamente la mano dell’altra ragazza presso il suo talamo, alla presenza dei genitori e dei testimoni.
Si alzò: il verbo anistemi (v. 42), così come nel versetto precedente il verbo egheirō, rimandano al lessico della Resurrezione. Questa morte, come il sonno, è passeggera.