Il pianto su Gerusalemme è struggente. Gesù va incontro alla propria morte, ma qui non piange per sé, nella lettura postpasquale che offre Luca. Piange per la sua città, Gerusalemme, che sarà distrutta dai nemici perché ha perso l’opportunità di riconoscere la proposta di pace.
Si è voltata dall’altra parte mentre Dio la stava visitando; mentre Gesù si faceva vicino con gesti di misericordia, la sua gente ha imboccato la strada opposta che la porta alla rovina. Gesù quindi, più che per la propria persona, è addolorato per la fossa che la città si sta scavando da sola.
Entrerà in una spirale autodistruttiva, in cui al male risponderà il male, male su male, infidderenza su indifferenza, incomprensione su incomprensione. Sa che ha fatto il possibile e che anche il suo agire umano ha un limite: la libertà dell’altro di sbagliare, di farci del male e di farsi del male.
Di fronte a tutto il bene che potrebbe offrire quella città e la nuda realtà di una libertà usata per voltarsi dall’altra parte, Gesù piange. Ma accetta tutto quanto: anziché fregarsene, si fa persino carico di ogni dolore che quella città dovrà soffrire.
E va avanti, per consegnare tutta la sua pace proprio in mezzo al grido di sofferenza più radicale dell’umanità che si è privata della concretezza dei gesti più semplici di accoglienza, di affetto, di perdono reciproco.
Commento a cura di:
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.