Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 21 Marzo 2020 – Lc 18, 9-14

Il fariseo viene presentato accanto al pubblicano. Forse tornano anche a casa “accanto”, in greco “para”; tuttavia solitamente i traduttori lo rendono in forma avversativa: “contrariamente a lui”, “a differenza dell’altro”. Anche volendo mantenere la traduzione liturgica, tuttavia, se entriamo nella mentalità ebraica vediamo che non si tratta banalmente di una contrapposizione stereotipata tra un buono e un cattivo.

Piuttosto, da un lato c’è un buon fariseo, che si comporta fedelmente, e le cui ottime azioni sono accompagnate da un ringraziamento a Dio. Le parole sono esplicitate non per spavalderia ma proprio per noi: per farci capire che abbiamo di fronte un uomo giusto che vive nell’onestà. Dall’altro lato c’è un evasore, un oppressore della comunità, una persona che ha danneggiato seriamente il bene comune. La distanza tra i due è comprensibile: l’onesto aiuta i deboli, l’evasore li ha schiacciati.

Come i due figli della parabola del Padre Misericordioso, uno è fedele e l’altro è infedele, ma consapevole di essere tale, e accetta di stare separato dagli altri ma chiede perdono a Dio. E l’attenzione speciale di Dio è proprio per l’infedele, che viene riabbracciato e incluso nuovamente grazie alla misericordia. A lui serve la giustificazione, ed è appunto lui che torna a casa giustificato. A differenza dell’altro, già unito al Padre. Ma anche questa parabola – esattamente come quella del Padre Misericordioso – non ha lo scopo principale di condannare i farisei, bensì di sottolineare come persino un criminale come quel pubblicano possa essere assolto.

Così anche lui è incluso nella giustizia del Dio dell’Alleanza, attraverso un pentimento sincero che ha rivoluzionato la sua vita. Così, insieme con il fariseo, anche il pubblicano potrà finalmente camminare nella Legge del Signore, con la consapevolezza che non si tratta di un qualcosa di settario, esclusivo o elitario, bensì di una misericordia che parte dai margini della società, proprio dove il cuore di Dio batte più forte e la sua misericordia concentra la sua azione. Proprio come un medico, che lavora prioritariamente con i malati, anziché con i sani.

Ecco perché è infondato lamentarsi se il prete o il vescovo si ferma più tempo (e magari persino a cena) da chi non frequenta le chiese, anziché stare con noi che gli siamo già amici. La vicinanza non è un premio, ma una grazia.

Commento a cura di:

Piotr ZygulskiPiotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.


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