Quante volte, di fronte a situazioni di difficoltà, di preoccupazioni, di lutto, a maggior ragione se riguardano persone che conosciamo poco, ci lasciamo scappare frasette di circostanza del tipo: «Non dovresti piangere, pensa a chi sta peggio di te»; «devi calmarti, è esagerata tutta questa ansia»; «vedrai che tutto si risolve, poi andrà meglio, passerà»… nulla di più sbagliato, spiegano gli psicologi.
Oggi il Vangelo illustra che puoi invitare gli altri a non preoccuparsi solamente se, rischiando la tua contaminazione, tocchi con mano il dramma del singolo e delle sue relazioni. Esclusivamente quando rimuovi la causa delle lacrime puoi dire in verità «non piangere». Il risuscitamento del figlio della vedova di Nain è modellato su altri racconti del Primo Testamento, si pensi a Elia che alle porte di Sarepta aveva restituito alla madre vedova il suo unico figlio morto.
Ma pure Eliseo aveva operato un risuscitamento a Sunem, vicino a Naim; e lo stesso Eliseo guarì un comandante militare straniero di nome Naaman, una storia che ci ricorda l’episodio precedente letto ieri. Ieri un uomo, oggi una donna; anche in questo caso scopriamo la tenerezza degli affetti e al contempo ascoltiamo per noi gli ordini perentori del Signore: «Uomo nuovo, parlo proprio con te: risorgi!».
Gesù non solo guarisce e resuscita con gesti profetici ma mostra anche che Dio in prima persona ha vissuto e vinto la morte, per tutti. Questa è la fama, l’evangelo, la buona notizia che si deve diffondere in tutte le periferie; a partire dai più discriminati, dai più disprezzati, dai più bisognosi, ben rappresentati da una vedova indifesa, messa alla porta, emarginata dalla comunità. Se lei aveva perso la possibilità di una discendenza, Dio opera dentro al suo Popolo, sempre più dilatato, per spalancare la salvezza: guarigione, risuscitamento e perdono dei peccati, che tutto compendia.
Non è quindi una visitina di cortesia, come quelle delle nostre paroline di circostanza, ma è un operare deciso, che fa davvero ciò che promette, camminando con i suoi discepoli, in ascolto degli affetti e alla presenza di tutto il suo Popolo che lo glorifica. Questa visita coinvolgente sorge per rischiarare coloro che stanno nell’ombra della morte; così ogni carne, quando facciamo uscire fuori questa buona notizia, vede la salvezza di Dio.
Commento a cura di:
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.
Qui puoi continuare a leggere altri commenti al Vangelo del giorno.
Ragazzo, dico a te, àlzati!
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 7, 11-17
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Parola del Signore