Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 17 Novembre 2020

Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.


Può un ricco essere davvero felice? Per dirla con le parole del vangelo, può un ricco entrare nel Regno, può salvarsi? Se l’episodio del giovane ricco sottolinea che è molto difficile, come se un cammello dovesse passare per la cruna di un ago, l’episodio di Zaccheo sottolinea invece che non è impossibile a Dio.

Gesù è nella sua città: Gerico. Come quando sai che sta passando un personaggio famoso… che fai, non vai a vederlo, anche solamente per raccontarlo agli amici che ti fanno mille domande? Se il cieco è stato guarito in periferia, Zaccheo invece è ben al centro. Diversamente dal giovane ricco, non cerca una ricetta da seguire per far piacere a Dio e accaparrarsi la salvezza, ma vuole solo sbirciare.

Sa che non ha tutte le carte in regola per essere lì, allora nasconde le sue vergogne dietro le fronde di un grande albero. Gesù si è fatto vicino a lui, è nei pressi di casa sua, e incrocia il suo sguardo nell’alzare gli occhi verso il Cielo. Tenta un incontro personale. Zaccheo regge quello sguardo: coglie l’occasione; sperimentando questa vicinanza stranamente tutta per lui, non si sente giudicato dal volto di Gesù.

Anzi, il desiderio di relazione che si accende scioglie resistenze, vergogne, avidità. Anche Zaccheo è degno di uno sguardo regalato gratuitamente: anche lui è amabile. Lo fa dimorare presso di lui, perché lì Gesù vuole incontrarlo, dove Zaccheo è, nel punto in cui è, nel suo cammino disordinato. E così quell’uomo, aprendosi e dischiudendo in sovrabbondanza le proprie risorse, scopre la gioia: essere totalmente sé stesso, in pienezza, e vivere questo sguardo integrale che lo rende unico, unito, cioè perfetto nell’amore.

Nessuno può rubarglielo.

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