Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 16 Settembre 2019

Per molti l’essere un generoso benefattore, un donatore, un filantropo, ancor più se si parla di uno straniero di un’altra tradizione religiosa a farlo a favore della nostra, è criterio più che sufficiente per elogiare la dignità di una persona.

Sulla base di queste credenziali gli anziani dei giudei presentano a Gesù, entrato a Cafarnao, il caso di un capo di soldati che ha un ragazzo gravemente malato. L’evangelista Luca ce lo descrive come un centurione, anche se al tempo di Gesù non c’erano centurie in quella città; intende presentarlo come un pagano, offrendo così uno spunto per le situazioni che si stavano creando sul finire del primo secolo, con svariati non ebrei (e qualcuno di rango militare) che volevano far parte della comunità cristiana, nonostante le diffidenze. Luca illustra che Gesù è venuto universalmente per visitare tutti e che il criterio di dignità non è quello mondano della meritocrazia.

Il centurione (chiamiamolo così, per intenderci) agli occhi di Gesù è degno perché sa di essere indegno e di non poter vantare alcun credito, checché ne dicano coloro che elogiano la sua dignità davanti agli uomini. È degno perché sa che il suo potere, nonostante sia capo, non è assoluto e arbitrario, ma è subordinato; ogni vera autorità è finalizzata al bene dei più deboli, dei più bisognosi, dei più poveri sino alla schiavitù.

È degno perché sa che lo schiavo ha una dignità prioritaria rispetto alla sua, come del resto Dio rovescia ogni gerarchia sociale esaltando gli umiliati. È degno perché non vuole creare disagio a un ebreo come Gesù: per evitargli problemi di impurità si fida della Parola testimoniatagli dai suoi ambasciatori. È degno perché parte dalla quotidianità della propria professione, dove ha fatto esperienza di quella Parola autorevole che compie ciò che dice.

Questa è la dignità che Gesù riconosce con stupore in quell’uomo lontano: la dignità di chi si riconosce pur sempre indegno di avvicinarsi a Dio che gli si avvicina, eppure è certo della sua autorità e nella speranza si affida forza della Parola. La quale, entrando personalmente nella nostra vita, si offre nel pieno delle sue forze a chi la ascolta e la traduce in pratica, nella gratuità dell’umile servizio.

Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.

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Neanche in Israele ho trovato una fede così grande.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 7, 1-10

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

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