Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 15 Gennaio 2025

La guarigione della suocera di Pietro è descritta brevemente da Marco, che forse ha sintetizzato un racconto più ampio preesistente; Matteo risulta, in tal caso, ancora più conciso. Siamo a Cafarnao, sempre in un luogo al chiuso, sempre nello Shabbat, ma dall’istituzione della sinagoga ci si sposta a quella famigliare, domestica e laica.

Siamo in un contesto movimentato, ma c’è un’eccezione: una signora ferma, perché inferma, costretta a letto. A contatto con Gesù, tuttavia, la febbre lascia la donna, quasi come lo spirito impuro aveva lasciato l’uomo poco prima esorcizzato in sinagoga. Nel mondo antico, alcune malattie erano attribuite all’influsso di demoni, e la riscrittura dell’episodio offerta da Luca, con Gesù che minaccia la febbre della quale la signora era in preda, lo allude più esplicitamente.

Per Marco, invece, basta un solo gesto di Gesù, senza aggiungere parole, senza enfasi celebrativa: afferratale la mano, la risveglia, la rialza, la rimette in piedi. Proprio l’essenzialità del racconto lo rende più persuasivo: breve e concreto, la sua sobrietà colpisce nel segno, senza disperdersi o dilungarsi.

La delicata vicinanza e il sostegno umanissimo di Gesù sono un segno piccolo, eppure sufficiente per ritrovarci capaci di amare. La donna, liberata dalla febbre, si sintonizza così nel ritmo reciprocante del servizio: servita da Gesù, ora si mette lei a servire a lui e agli altri il pasto sabbatico. Da beneficiata, va a compiere il bene; da graziata, mette in circolo, nella sua quotidiana praticità, la grazia ricevuta.