eggendo il discorso del Pane nel capitolo 6 del Quarto Vangelo ci viene spontaneo pensare subito e solamente al Sacramento dell’Eucaristia. Un tempo gli esegeti sostenevano che questo in Vangelo non ci fossero Sacramenti, ma è una posizione un po’ inficiata da pregiudizi ormai superati. Non dobbiamo però cadere nel pregiudizio opposto, cioè quello di vederci solo l’Ostia consacrata, per intenderci. Il linguaggio della carne e del sangue non è quello di una immaginetta colore pastello che fanno tanto bomboniere da prima comunione. Carne e sangue sono sì cibo e bevanda, ma restano anche carne e sangue. I primi cristiani erano accusati di cannibalismo. E in effetti la crudezza c’è: per vivere, la carne di Cristo deve essere «trangugiata» (trōgō, in greco), ruminata, assimilata, fatta nostra.
Così veniamo alimentati da Dio in carne ed ossa. Ogni carne, ogni ferita, ogni sofferenza è di Cristo, che lì ci dà la sua vita: siamo chiamati a sperimentarla, a farci simili a Lui, a vivere il dono integrale del nostro corpo come Lui. Iniziamo a pensare a partire da ogni grido di dolore in cui riconosciamo la sua voce crocifissa. Le tanto nascoste «piaghe della Chiesa», come le chiamava Rosmini, ma in generale tutti «i lutti e le angosce dell’umanità» sono di una carnalità che non può essere edulcorata, evitata o schifata da un cristiano.
Anzi, quelle vittime – “ostia” significa innanzitutto “vittima” – sono il nostro vero cibo e vera bevanda: la nostra forza, il nostro sostentamento, la nostra vita passa per la vulnerabilità di tutti i cristi che incontriamo per la strada. Anche per le prostitute transessuali che in questo momento di crisi hanno ricevuto un aiuto da papa Francesco. Questa in fondo è la comunione: incontrare Dio – o meglio, farci incontrare da Dio – che si cela sotto ogni fragilità a noi donata. Abitiamo la carne, ogni carne, a partire dalla nostra, nella concretezza che ci salva dalla virtualità. Significa rimanere realmente in Cristo, nel Padre, perché tutto lo Spirito di Dio possa alimentare la nostra vita grata di amore.
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.