PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 25 ottobre 2017
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La Speranza cristiana – 38. Il paradiso, meta della nostra speranza
Cari fratelle e sorelle, buongiorno!
Questa è l’ultima catechesi sul tema della speranza cristiana, che ci ha accompagnato dall’inizio di questo anno liturgico. E concluderò parlando del paradiso, come meta della nostra speranza.
«Paradiso» è una delle ultime parole pronunciate da Gesù sulla croce, rivolto al buon ladrone. Fermiamoci un momento su quella scena. Sulla croce, Gesù non è solo. Accanto a Lui, a destra e a sinistra, ci sono due malfattori. Forse, passando davanti a quelle tre croci issate sul Golgota, qualcuno tirò un sospiro di sollievo, pensando che finalmente veniva fatta giustizia mettendo a morte gente così.
Accanto a Gesù c’è anche un reo confesso: uno che riconosce di aver meritato quel terribile supplizio. Lo chiamiamo il “buon ladrone”, il quale, opponendosi all’altro, dice: noi riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni (cfr Lc 23,41).
Sul Calvario, in quel venerdì tragico e santo, Gesù giunge all’estremo della sua incarnazione, della sua solidarietà con noi peccatori. Lì si realizza quanto il profeta Isaia aveva detto del Servo sofferente: «E’ stato annoverato tra gli empi» (53,12; cfr Lc 22,37).
È là, sul Calvario, che Gesù ha l’ultimo appuntamento con un peccatore, per spalancare anche a lui le porte del suo Regno. Questo è interessante: è l’unica volta che la parola “paradiso” compare nei vangeli. Gesù lo promette a un “povero diavolo” che sul legno della croce ha avuto il coraggio di rivolgergli la più umile delle richieste: «Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23,42). Non aveva opere di bene da far valere, non aveva niente, ma si affida a Gesù, che riconosce come innocente, buono, così diverso da lui (v. 41). È stata sufficiente quella parola di umile pentimento, per toccare il cuore di Gesù.
Il buon ladrone ci ricorda la nostra vera condizione davanti a Dio: che noi siamo suoi figli, che Lui prova compassione per noi, che Lui è disarmato ogni volta che gli manifestiamo la nostalgia del suo amore. Nelle camere di tanti ospedali o nelle celle delle prigioni questo miracolo si ripete innumerevoli volte: non c’è persona, per quanto abbia vissuto male, a cui resti solo la disperazione e sia proibita la grazia. Davanti a Dio ci presentiamo tutti a mani vuote, un po’ come il pubblicano della parabola che si era fermato a pregare in fondo al tempio (cfr Lc 18,13). E ogni volta che un uomo, facendo l’ultimo esame di coscienza della sua vita, scopre che gli ammanchi superano di parecchio le opere di bene, non deve scoraggiarsi, ma affidarsi alla misericordia di Dio. E questo ci dà speranza, questo ci apre il cuore!
Dio è Padre, e fino all’ultimo aspetta il nostro ritorno. E al figlio prodigo ritornato, che incomincia a confessare le sue colpe, il padre chiude la bocca con un abbraccio (cfr Lc 15,20). Questo è Dio: così ci ama!
Il paradiso non è un luogo da favola, e nemmeno un giardino incantato. Il paradiso è l’abbraccio con Dio, Amore infinito, e ci entriamo grazie a Gesù, che è morto in croce per noi. Dove c’è Gesù, c’è la misericordia e la felicità; senza di Lui c’è il freddo e la tenebra. Nell’ora della morte, il cristiano ripete a Gesù: “Ricordati di me”. E se anche non ci fosse più nessuno che si ricorda di noi, Gesù è lì, accanto a noi. Vuole portarci nel posto più bello che esiste. Ci vuole portare là con quel poco o tanto di bene che c’è stato nella nostra vita, perché nulla vada perduto di ciò che Lui aveva già redento. E nella casa del Padre porterà anche tutto ciò che in noi ha ancora bisogno di riscatto: le mancanze e gli sbagli di un’intera vita. È questa la meta della nostra esistenza: che tutto si compia, e venga trasformato in amore.
Se crediamo questo, la morte smette di farci paura, e possiamo anche sperare di partire da questo mondo in maniera serena, con tanta fiducia. Chi ha conosciuto Gesù, non teme più nulla. E potremo ripetere anche noi le parole del vecchio Simeone, anche lui benedetto dall’incontro con Cristo, dopo un’intera vita consumata nell’attesa: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza» (Lc 2,29-30).
E in quell’istante, finalmente, non avremo più bisogno di nulla, non vedremo più in maniera confusa. Non piangeremo più inutilmente, perché tutto è passato; anche le profezie, anche la conoscenza. Ma l’amore no, quello rimane. Perché «la carità non avrà mai fine» (cfr 1 Cor 13,8).
Saluti:
[Sono felice di accogliere i pellegrini francofoni provenienti dalla Svizzera, dal Belgio e dalla Francia, in particolare i pellegrini di Coutances, Bayeux-Lisieux e Saint-Flour, accompagnati dai rispettivi vescovi, nonché la cappellania indiana Tamoule di Francia. Cari amici, vi invito a riporre tutta la vostra fiducia nella misericordia e nella tenerezza di Dio che ha per ciascuno di voi. Egli non abbandona mai i suoi figli. Dio vi benedica!]
[Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Norvegia, India, Malaysia, Cina, Indonesia, Giappone, Filippine, Canada e Stati Uniti d’America. Rivolgo un particolare saluto ai sacerdoti ortodossi della Metropolia di Nea Ionia della Chiesa ortodossa di Grecia, guidati da Sua Eminenza il Metropolita Gabriel. Su tutti voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace del Signore nostro Gesù Cristo.]
[Un cordiale benvenuto rivolgo ai pellegrini di lingua tedesca, in particolare agli alunni della Liebfrauen-Schule di Nottuln, nonché a quelli della Maria-Ward-Schule di Bamberg, venuti a Roma in occasione del 300mo anniversario del loro istituto e accompagnati da Mons. Ludwig Schick. Gesù, nostro fratello e maestro, ci incoraggia ad uscire dalle nostre case per operare il bene, ed Egli porta a compimento quello che noi non riusciamo a fare. Il Signore benedica voi e le vostre famiglie.]
[Rivolgo un saluto speciale a tutti i pellegrini di lingua portoghese, in particolare ai fedeli di Roraima, accompagnati dal loro Pastore e ai diversi gruppi dal Brasile. Cari amici, la fede nella vita eterna ci spinge a non avere paura delle sfide di questa vita presente, rafforzati dalla speranza della vittoria di Cristo sulla morte. Dio vi benedica.]
[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua araba, in particolare i provenienti dall’Iraq, dalla Giordania e dalla Terra Santa. Il paradiso è la meta e l’obiettivo della nostra esistenza. È il dono che Dio ci offre, non per i nostri meriti, ma per l’immensità della Sua misericordia e del Suo amore infinito; è l’abbraccio del Padre che ci attende per concederci il Suo perdono e per ridonarci la nostra dignità che abbiamo perduto a causa dei nostri peccati e del nostro allontanarci da Lui. Il Signore vi benedica e vi protegga sempre dal maligno!]
[Do un cordiale benvenuto ai pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, concludendo oggi le nostre riflessioni sulla speranza cristiana, rivolgiamo lo sguardo verso il paradiso, dove – con le braccia aperte – ci aspetta il nostro Padre celeste. Ci introdurrà Gesù misericordioso che, dall’alto della croce, non cessa di promettere il paradiso ad ogni peccatore pentito. A Lui chiediamo con speranza: “Gesù, ricordati di noi…”. Benedico di cuore voi e i vostri cari!]
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Un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana!
Sono lieto di accogliere le Serve di Maria Ministre degli Infermi e i Padri Eudisti. Il pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli, sia occasione per crescere nell’amore di Dio, affinché le vostre comunità diventino luogo in cui si sperimenta la comunione e il servizio.
Saluto le associazioni e i gruppi parrocchiali, specialmente i fedeli di Santa Lucia e Santa Apollinare in Frisia e del Sacro Cuore di Gesù in San Ferdinando di Puglia; i Volontari Ospedalieri di Caserta e il Movimento del Messaggio di Fatima.
Porgo infine il mio saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Alla fine del mese di ottobre desidero raccomandare la preghiera del Santo Rosario. Questa preghiera mariana sia per voi, cari giovani, occasione per penetrare più a fondo il mistero di Cristo operante nella vostra vita; amate il Rosario, cari ammalati, perché dia consolazione e senso alle vostre sofferenze. Diventi per voi, cari sposi novelli, occasione privilegiata per sperimentare quella intimità spirituale con Dio che fonda una nuova famiglia.
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Fonte: Radio Vaticana via FeedRss
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