Papa Francesco: Omelia del 26 giugno 2014 a Casa Santa Marta – Quelli che parlano senza autorità

426

Quelli che parlano senza autorità

Giovedì, 26 giugno 2014

 

(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.144, Ven. 27/06/2014)

 

[ads2]

La gente ha bisogno del «buon pastore» che sa capire e arrivare al cuore. Proprio come Gesù. Ed è lui che dobbiamo seguire da vicino, senza farci influenzare da coloro che «parlano di cose astratte o casistiche morali», da quanti «senza la fede negoziano tutto con i poteri politici ed economici», dai «rivoluzionari» che vogliono intraprendere «guerre cosiddette di liberazione» politica o dai «contemplativi lontani dal popolo».

È proprio da questi quattro atteggiamenti che Papa Francesco ha messo in guardia durante la messa celebrata giovedì 26 giugno, nella cappella della Casa Santa Marta. Anzitutto il Pontefice ha posto in risalto come fosse davvero tanta la gente che seguiva Gesù: «Pensiamo al giorno della moltiplicazione dei pani, ce ne erano più di cinquemila». Era gente che seguiva Gesù da vicino, «per le strade». E lo seguivano, spiega il Vangelo, «perché le parole di Gesù davano stupore al loro cuore: lo stupore di trovare qualcosa di buono, grande». Gesù «infatti insegnava loro come uno che ha autorità, non come i loro scribi». Uno stupore raccontato dal passo evangelico di Matteo proposto dalla liturgia (7, 21-29).

«Il popolo — ha affermato il Pontefice — aveva bisogno di insegnanti, di predicatori, di dottori con autorità». E coloro che «non avevano autorità» parlavano, ma le loro parole non raggiungevano il popolo, «erano lontani dal popolo». Invece la novità era che «Gesù parlava un linguaggio che arrivava al cuore del popolo, era una risposta alle loro domande».

Papa Francesco ha voluto soffermarsi proprio su «questi scribi, che in quel tempo parlavano al popolo» ma «il loro messaggio non arrivava al cuore del popolo e il popolo li sentiva e se ne andava». E ne ha indicato quattro categorie.

Sicuramente «il gruppo più conosciuto era quello dei farisei» ha detto, sottolineando però che «c’erano anche farisei buoni». Ma «Gesù, quando si riferisce ai farisei, parla dei farisei cattivi, non dei buoni». Erano persone che «facevano del culto di Dio, della religione, una collana di comandamenti» e da dieci «ne facevano più di trecento!». In sintesi «caricavano sulle spalle del popolo questo peso: “Tu devi fare questo! Tu devi!”». Riducevano a casistica la fede nel Dio vivo, finendo così nelle «contraddizioni della casistica più crudele». E da parte sua, ha notato il Papa, «il popolo li rispettava, perché il popolo è rispettoso, ma non ascoltava questi predicatori casistici».

Un altro gruppo, ha proseguito il Pontefice, «era quello dei sadducei: questi non avevano fede, avevano perso la fede». E così «il loro mestiere religioso lo facevano sulla strada degli accordi con i poteri: i poteri politici, i poteri economici». In poche parole, «erano uomini di potere e negoziavano con tutti». Ma «il popolo non seguiva» neppure loro.

«Un terzo gruppo — ha spiegato ancora — era quello dei rivoluzionari» che in quel tempo si chiamavano spesso zeloti. Erano «quelli che volevano fare la rivoluzione per liberare il popolo di Israele dall’occupazione romana». Così «lì c’erano anche i guerriglieri», ma «il popolo ha buonsenso e sa distinguere quando la frutta è matura e quando non lo è». E per questo «non li seguiva».

Infine, ha affermato il Papa, «il quarto gruppo» era composto da brava gente: gli esseni. «Erano monaci — ha detto — gente buona che consacrava la vita a Dio: faceva la contemplazione e la preghiera nei monasteri». Ma «loro erano lontani dal popolo e il popolo non poteva seguirli».

Dunque, ha riepilogato il Pontefice, «queste erano le voci che arrivavano al popolo». Eppure «nessuna di queste voci aveva la forza di riscaldare il cuore del popolo». Gesù, invece, ci riusciva. E per questo «le folle erano stupite: sentivano Gesù e il cuore era caldo», perché il suo messaggio «arrivava al cuore» ed egli «insegnava come uno che ha autorità». Infatti, ha proseguito, «Gesù si avvicinava al popolo; Gesù guariva il cuore del popolo; Gesù capiva le difficoltà del popolo; Gesù non aveva vergogna di parlare con i peccatori, andava a trovarli; Gesù sentiva gioia, gli faceva piacere andare con il suo popolo». Ed è lui stesso a spiegare «perché», ha precisato il Papa citando le parole del Vangelo di Giovanni: «Io sono il buon pastore. Le pecorelle sentono la mia voce e mi seguono».

È esattamente «per questo che il popolo seguiva Gesù: perché era il buon pastore». Certamente, ha rilevato il vescovo di Roma, «non era né un fariseo casistico moralista; né un sadduceo che faceva gli affari politici con i potenti; né un guerrigliero che cercava la liberazione politica del suo popolo; né un contemplativo del monastero. Era un pastore». Egli, ha aggiunto il Pontefice, «parlava la lingua del suo popolo, si faceva capire, diceva la verità, le cose di Dio: non negoziava mai le cose di Dio. Ma le diceva in tal modo che il popolo amava le cose di Dio. Per questo lo seguiva».

Un altro punto centrale messo in risalto dal Papa è che «Gesù mai si allontana dal popolo e mai si allontana da suo Padre: era uno con il Padre». È così che «aveva questa autorità e per questo il popolo lo seguiva».

Proprio «contemplando Gesù buon pastore» è opportuno, ha proseguito il Pontefice, fare un esame di coscienza: «A me chi piace seguire? Quelli che mi parlano di cose astratte o di casistiche morali? Quelli che si dicono del popolo di Dio, ma non hanno fede e negoziano tutto con i poteri politici ed economici? Quelli che vogliono sempre fare cose strane, cose distruttive, guerre cosiddette di liberazione, ma che alla fine non sono le strade del Signore? O un contemplativo lontano?».

Ecco allora la domanda chiave da porre a stessi: «A me chi piace seguire? Chi m’influenza?». Una domanda, ha concluso Francesco, che deve spingerci a chiedere «a Dio, il Padre, che ci faccia arrivare vicino a Gesù, per seguire Gesù, per essere stupiti di quello che Gesù ci dice».

 © Copyright – Libreria Editrice Vaticana