Papa Francesco: Omelia del 13 giugno 2014 a Casa Santa Marta

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Quando il Signore vuole affidarci una missione, “ci prepara” per farla “bene”. E la nostra risposta deve basarsi sulla preghiera e la fedeltà. È il pensiero di sintesi dell’omelia sviluppata da Papa Francesco alla Messa del mattino celebrata in Casa S. Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis per Radio Vaticana:

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Si può essere un giorno coraggiosi avversatori dell’idolatria al servizio di Dio e quello dopo depressi al punto tale da voler morire perché qualcuno, nel corso del nostra missione, ci ha spaventati. A riequilibrare questi due estremi della forza e della fragilità umana è e sarà sempre Dio, purché si resti fedeli a Lui. È la storia del Profeta Elia, descritta nella lettura del Libro dei Re e presa da Papa Francesco nel suo insieme come modello dell’esperienza di ogni persona di fede. Il celebre brano liturgico del giorno mostra Elia sul Monte Oreb che riceve l’invito a uscire dalla caverna dove si trovava e a presentarsi al cospetto di Dio. Quando il Signore passa, un forte vento, un terremoto e un fuoco si materializzano in sequenza, ma in nessuno di essi Dio si manifesta. Poi, è la volta di un delicato soffio di brezza ed è in questo – ricorda il Papa – che Elia riconosce “il Signore che passava”:

“Il Signore non era nel vento, nel terremoto, nel fuoco, ma era in quel sussurro di una brezza leggera, nella pace o, come dice l’originale – proprio l’originale, un’espressione bellissima – dice: ‘Il Signore era in un filo di silenzio sonoro’. Sembra una contraddizione: era in quel filo di silenzio sonoro. Elia sa discernere dov’è il Signore, e il Signore lo prepara con il dono del discernimento. E poi, dà la missione”.

La missione che Dio affida a Elia è quella ungere il nuovo re di Israele e il nuovo profeta chiamato a sostituire lo stesso Elia. Papa Francesco attira l’attenzione in particolare sulla delicatezza e il senso di paternità con cui questo compito viene affidato a un uomo che, capace di forza e zelo in un momento, ora sembra solo uno sconfitto. “Il Signore – afferma il Papa – prepara l’anima, prepara il cuore, e lo prepara nella prova, lo prepara nell’obbedienza, lo prepara nella perseveranza”:

“Il Signore, quando vuole darci una missione, vuole darci un lavoro, ci prepara. Ci prepara per farlo bene, come ha preparato Elia. E il più importante di questo non è che lui abbia incontrato il Signore: no, no, questo sta bene. L’importante è tutto il percorso per arrivare alla missione che il Signore confida. E questa è la differenza tra la missione apostolica che il Signore ci dà e un compito: ‘Ah, tu devi fare questo compito, devi fare questo…’, un compito umano, onesto, buono… Quando il Signore dà una missione, sempre fa entrare noi in un processo, un processo di purificazione, un processo di discernimento, un processo di obbedienza, un processo di preghiera”.

E “la fedeltà a questo processo”, prosegue Papa Francesco, è quella di “lasciarci condurre dal Signore”. In questo caso, con l’aiuto di Dio Elia supera il timore scatenato in lui dalla regina Gezabele, che lo aveva minacciato di ucciderlo:

“Questa regina era una regina cattiva e ammazzava i suoi nemici. E lui ha paura. Ma il Signore è più potente. Ma gli fa sentire come lui, il grande e bravo, anche ha bisogno dell’aiuto del Signore e della preparazione alla missione. Vediamo questo: lui cammina, obbedisce, soffre, discerne, prega, trova il Signore. Il Signore ci dia la grazia di lasciarci preparare tutti i giorni del cammino della nostra vita, perché possiamo testimoniare la salvezza di Gesù”.