INCONTRO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
CON LA DIOCESI DI ROMA
Basilica di San Giovanni in Laterano
Lunedรฌ, 14 maggio 2018
Papa Francesco:
Grazie per il vostro lavoro. Eโ la prima volta che sento lโesito di un โprelievoโ diocesano! Grazie, avete lavorato bene. Grazie.
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I.
Mons. De Donatis:
Ci sono alcune domande. La prima รจ stata questa:
Carissimo Papa Francesco, hai ascoltato da don Paolo una sintesi del lavoro che le nostre comunitร hanno fatto questโanno sulle malattie spirituali che ci affliggono. Non ci รจ stato sempre facile riconoscerne la radice profonda, cioรจ spirituale: vediamo bene i blocchi che ci impediscono di deciderci e di dedicarci, con piรน passione e con maggior scioltezza, allโevangelizzazione. ร stato come dover riconoscere che, nonostante i nostri sforzi, anche generosi, qualcosa โera malato alla radiceโ, minando lโorganismo ecclesiale e rendendolo in un certo senso sterile. Come puoi immaginare, la tentazione della frustrazione, dellโamarezza, puรฒ farsi strada, e con lei una sensazione di impotenza. Sarebbe come entrare in un meccanismo che ci farebbe di nuovo girare a vuoto, e noi non abbiamo voglia di girare a vuoto. Vorremmo ripartire e ripartire bene, facendo in modo che queste malattie inneschino un processo di guarigioneโฆ Come si fa? Cโรจ una terapia di base che tu potresti prescrivere per tutte le nostre malattie? Come il Signore le vuole guarire? E come vuole farci crescere attraverso lโesperienza che di esse abbiamo fatto?
Papa Francesco:
Alcune parole mi hanno colpito: per esempio, โradiceโ. Parlando di peccati, di difetti, di malattie, sempre cโรจ bisogno di arrivare alla radice. Perchรฉ diversamente le malattie rimangono e ritornano. Poi, quellโatteggiamento di frustrazione, di amarezza quando โ รจ unโesperienza quotidiana โ quando io vado a confessarmi, dico le stesse cose di sempre. Se tu, quando vai a confessarti, ti accorgi che cโรจ il ritornello di sempre, fermati e domandati che cosa succede. Perchรฉ altrimenti cโรจ quellโamarezza: questo non cambiaโฆ No. Lรฌ hai bisogno di un aiuto. Lโamarezza, la frustrazione รจ quando tu senti che non puoi cambiare, che non puoi guarire. Fermati, pensa.
Lโimpotenza. Il Signore vuol farci crescere con lโesperienza della guarigione: non a caso nei Vangeli il Signore, senza essere un guaritore o uno stregone, guariva, guariva, guarivaโฆ Eโ un segno della redenzione, un segno di quello che รจ venuto a fare: guarire le nostre radici. Lui ci ha guarito pienamente: la grazia guarisce in profonditร . Non anestetizza, guarisce. E questa esperienza di guarigione che abbiamo visto nel Signore โ nella sua vita guariva a fondo e con il dialogo spirituale โ dobbiamo farla noi come Chiesa diocesana.
Ma come farla? Ognuno deve trovare la strada. Come farla? Da solo, tu non puoi: da solo nessuno puรฒ guarire. Nessuno. Ci vuole qualcuno che mi aiuti. Il primo รจ il Signore. Individuata la malattia, individuato il peccato, individuato il difetto, individuata la radice โ quella radice amara della quale parla la Lettera agli Ebrei โ individuata quella radice amara, primo, parlare con il Signore: โGuarda questo che ho, non riesco a fermarmi, cado sempre nella stessa cosaโฆโ. E poi, cercare qualcuno che mi aiuti, andare in โambulatorioโ, cioรจ andare da qualche anima buona che abbia questo carisma di aiuto. E non necessariamente devโessere un prete: il carisma di accompagnamento spirituale รจ un carisma laicale che ci viene dato con il battesimo โ anche i preti lo hanno, perchรฉ sono battezzati, grazie a Dio! โ;un carisma puรฒ essere la comunitร , puรฒ essere una persona anziana, una persona giovane, il coniugeโฆ Insomma, farsi aiutare da un altro e parlare: โGuarda questoโฆโ.
Parlare con Gesรน, parlare con un altro, parlare con la Chiesa. E credo che questo sia il primo passo. Poi, aiuterร leggere qualcosa su quellโargomento. Ci sono cose belle, ci sono anche dei metodi per risolvere alcune di queste malattie. Due anni fa ho regalato ai Cardinali, per gli auguri di Natale, una cosa molto bella che รจ stata scritta da padre Acquaviva: Accorgimenti per curare le malattie dellโanima. Eโ stato pubblicato da mons. Libanori e padre Forlaiโฆ Anche questo aiuta, per vedere come sono le malattie: โAh, io ho questa!โ, e come guarirle; o leggere qualcosa che ti consigliano di leggere. Ma sempre guardare avanti. Posso fare tutto questo: pregare, parlare con un altro, leggereโฆ Ma lโunico che puรฒ guarire รจ il Signore. Lโunico.
II.
Mons. De Donatis:
Ce nโรจ una seconda. Ci rendiamo conto che la malattia dellโindividualismo ha prodotto anche nel nostro corpo ecclesiale una certa frantumazione, fatta di altrettanti isolamenti. La molteplicitร e diversitร delle esperienze di fede e di comunitร da cui proveniamo, pur essendo in se stesse validissime (ci hanno generato, ci hanno permesso di stare qui stasera!), sono state vissute in maniera isolata, autoreferenziale, cioรจ non ben armonizzate nellโunica Chiesa, che รจ questa Chiesa diocesana. Poichรฉ a Roma cโรจ il centro internazionale di โtuttoโ (movimenti, associazioni, cammini, istituti religiosi, centri universitari, ecc.), succede che ognuno si prenda ciรฒ che gli piace di piรน o ciรฒ che gli รจ piรน utile per il suo cammino spirituale e di fede, isolandosi o prendendo le distanze da tutto il resto. Con la stessa logica del supermercato, che produce un fedele-consumatore: solo che qui il prodotto che si offre รจ โil benessere spiritualeโ, sganciato dalla comunione con gli altri. Cosรฌ si perde lโappartenenza al Popolo di Dio, non si capisce piรน perchรฉ la Chiesa รจ necessaria, perchรฉ gli altri ci sono necessari: in particolare questa Chiesa che รจ la diocesi. Come recuperare questa comunione con la diocesi? Come riscoprire il gusto dellโessere il popolo santo di Dio? Come possiamo andare oltre le appartenenze esclusive e rassicuranti del nostro gruppo?
Papa Francesco:
Questa รจ una domanda molto importante qui a Roma, dove ci sono tante stradeโฆ Tu a Roma trovi di tutto: qui si impara la โtuttologiaโ. Tu puoi fare tutto, qui, tutto e in abbondanza. Questo fa male allo stomaco e non ti lascia digerire le cose di cui hai bisogno.
Questo individualismo che provoca frantumazione, la coscienza isolata, autoreferenziale, รจ sempre un โguardarsi lโombelicoโ. Quelle persone che guardano sรฉ stesse e cercano โ questo รจ un pericolo grande โ il menu personale: non quello di cui ho bisogno, quello che mi indica il medico, no, ma quello che mi piace. Oppure cercano novitร . Quelli che cercano le novitร , ansia di novitร . Parlo di cristiani bravi, che vogliono darsi da fare ma sentono di quello, di quello, di quelloโฆ le novitร โฆ Uno che cerca le novitร ha bisogno di qualche voce realista che dica: โMa guarda, fermati. Fermati e vaโ allโessenziale. Cerca quello che puรฒ guarirti, non le novitร , una dietro lโaltraโ. Ho due aneddoti che possono servire, ambedue sugli esercizi spirituali. Uno รจ il fatto che รจ venuta la moda, alcuni anni fa, a Buenos Aires, di fare la prima settimana degli esercizi [ignaziani], quella della conoscenza di sรฉ, dei peccati, del pentimento, con tecniche psicologiche un poโ orientalistiche, straneโฆ; e cโera gente che andava verso quelle novitร , e non servivano a niente, perchรฉ trovavano le novitร ma loro non cambiavano. Cerchi solo le novitร . E lโaltro aneddoto sugli esercizi ci dice che queste novitร si โsciolgonoโ soltanto con una buona dose di realismo, che con questa ansia bisogna che qualcuno mi dia uno schiaffo per svegliarmi. Cโerano degli esercizi per religiose e il prete che dava gli esercizi era una persona che aveva una dottrina speciale sulla spiritualitร , anche sulla consonanza con il mondo, col cosmo, insomma, cose del genereโฆ E cโera una suora โ sui 60 anni โ che da 40 anni era in ospedale, una spagnola, di quelle brave. Quello era il periodo che aveva per gli esercizi e si era iscritta lรฌ. Ma questo sacerdote aveva un metodo orientalistico per fare gli esercizi; per esempio, consigliava alle suore: โAl mattino, la prima cosa che dovete fare รจ un bagno, una doccia vitaleโ, tutte cose un poโ straneโฆ Ha fatto sedere le suore in cerchio, una ventina di suore, e ha cominciato a dire: โrilassati, lasciati andareโฆโ. Quella suora spagnola mandava giรนโฆ Ma dopo la seconda meditazione si รจ alzata e ha detto: โPadre, io sono venuta a fare gli esercizi, non la ginnastica. Grazie tante e arrivederciโ, e se nโรจ andata. A volte, ci vuole gente che ci dia uno schiaffo, quando stiamo cercando le novitร : cercare la panna senza la torta.
Dobbiamo cercare quello che ci rende Chiesa, il nutrimento che ci fa crescere come Chiesa. E il pericolo in questo caso รจ uno dei due che ho segnalato nella Esortazione sulla santitร : lo gnosticismo, che ti fa ricercare cose ma senza incarnazione, senza entrare nella vita tua incarnata. E cosรฌ diventi piรน individualista, piรน isolato, con il tuo gnosticismo. E la diocesi, quando cโรจ gente cosรฌ, o quando la maggioranza รจ cosรฌ, o un bel numero che ha influenza รจ cosรฌ, ricade in quella descrizione di una Chiesa gnostica: โUn Dio senza Cristo, un Cristo senza Chiesa, una Chiesa senza popoloโ. E quando cโรจ la Chiesa senza popolo, ci sono questi servizi liturgici forse molto squisiti ma senza forza: non cโรจ il popolo di Dio. Mi diceva un vescovo un mese fa, piรน o meno, parlando del popolo di Dio, che la pietร del popolo di Dio, incarnata cosรฌ, รจ il โsistema immunitarioโ della Chiesa. Parlando delle malattie, il sistema immunitario รจ quella pietร popolare che sempre si attua in comunitร . Eโ vero, come dice il Beato Paolo VI al nยฐ 48 della Evangelii nuntiandi, che ha i suoi difetti, ma ha tante virtรน. I difetti devono guarire, ma le virtรน devono crescere. Sempre valorizzare il santo popolo di Dio, che nella sua totalitร รจ infallibile in credendo (cfr Lumen gentium, 12). Non dimenticate questo, questo sistema immunitario.
โCome possiamo andare oltre le appartenenze esclusive e rassicuranti del nostro gruppo?โ. Bisogna sempre esaminare questo aspetto: โIo vado con il popolo di Dio? Migliorando, certo, ma sempre voglio un popolo con la Chiesa, una Chiesa con Gesรน Cristo incarnato, un Gesรน Cristo con Dio?โ. Cioรจ il cammino inverso. Eโ lโunico modo: la comunitร ci guarisce, la spiritualitร comunitaria ci guarisce.
III.
Mons. De Donatis:
La terza: ร diffusa tra noi una certa stanchezza, un calo di tensione e di passione che ha preso tutti: preti, religiosi, laici. La vita di una parrocchia postconciliare a Roma (in genere parrocchia grande, in una grande cittร ) รจ molto impegnativa. Sembra che il tempo non sia mai sufficiente a fare tutto quello che cโรจ da fare, a raggiungere tutti gli obiettivi, che non ce ne sia mai abbastanza. La vita ordinaria delle parrocchie โsi mangiaโ tutto il nostro tempo, per cui non ne rimane molto per coltivare una vita spirituale, pensare, progettare, realizzare cose nuove. Non ti nascondiamo, Papa Francesco, che talvolta, quando viene lanciata in diocesi una nuova iniziativa, รจ accolta piรน con sospetto, o addirittura fastidio, che con entusiasmo. Sentiamo il bisogno che tu ci aiuti ad individuare alcune prospettive di cammino in cui concentrare i nostri sforzi nei prossimi anni a Roma. Non tante: due o tre. La nostra magna charta รจ Evangelii gaudium, certo, ma sentiamo il desiderio che tu ci aiuti a tradurla in โromanescoโ. Con un orizzonte e un indirizzo piรน chiari e condivisi, il tempo acquista un ritmo diverso, meno affannoso, ci fa vivere partecipando fino in fondo di quel che viviamo.
Papa Francesco:
Eโ vero, questo: alcune volte puรฒ succedere che il lavoro apostolico di una parrocchia si pensi come una somma di iniziative, di lavoriโฆ E lรฌ รจ difficile portare avanti una cosa del genere. Questo e questo e questoโฆ: sommare senza armonizzare. La domanda, in questa novena dello Spirito Santo, รจ sullโarmonia: come va lโarmonia parrocchiale? come va lโarmonia diocesana? come va lโarmonia familiare? Lo Spirito Santo รจ lโarmonia โ lo dice San Basilio nel suo trattato sullo Spirito Santo. Lo Spirito รจ quello che fa lo scompiglio e quello che fa lโarmonia! Perchรฉ per fare scompiglio รจ proprio un campione, basta leggere il Libro degli Atti degli Apostoli. Tutto quello scompiglio che ha fatto allโinizio della Chiesa apostolicaโฆ Ma fa anche lโarmonia. E nella nostra vita รจ lo stesso: nella vita parrocchiale fa lo scompiglio che sempre va insieme con lโarmonia, quando lo fa Lui. E quando lo scompiglio, cioรจ la quantitร di cose che si fanno, sono dallo Spirito, diventa armonico, sempre, e questo non stanca, questo non esaurisce. Il discernimento va in quella direzione: lโarmonia dello Spirito. Lโarmonia dello Spirito รจ una delle cose che dobbiamo cercare sempre, ma sempre con quella varietร . Lui รจ capace di unire tante cose diverse, che Lui stesso ha creato. Questo รจ proprio il punto per risolvere questa difficoltร : lo Spirito Santo, come fa lโarmonia in me, nella mia diocesi? Interrogarsi sullโarmonia. Che non รจ lo stesso di โordineโ, no. Lโordine puรฒ essere statico; lโarmonia รจ qualcosa di dinamico, quella dello Spirito: รจ sempre in cammino.
โMa come posso fare?โ. Dirรฒ tre punti concreti che possono aiutare a trovare questa armonia. Primo, la Persona del Signore, Cristo, il Vangelo in mano. Dobbiamo abituarci a leggere un passo del Vangelo tutti i giorni: ogni giorno un passo del Vangelo, per arrivare a conoscere meglio Cristo. Secondo, la preghiera: se tu leggi il Vangelo, subito ti viene la voglia di dire qualcosa al Signore, di pregare, fare un dialogo con Lui, breveโฆ E terzo, le opere di misericordia. Con questi tre punti credo che questo senso di fastidio sparisce e andiamo verso lโarmonia che รจ tanto grande. Ma sempre bisogna chiedere la grazia dellโarmonia nella mia vita, nella mia comunitร e nella mia diocesi.
IV.
Mons. De Donatis:
Non abbiamo dimenticato le riflessioni fatte lโanno scorso sui giovani, in occasione del Convegno diocesano, nรฉ lโimpegno preso a non lasciare soli, i ragazzi e le loro famiglie. Le tue parole ci hanno fatto comprendere che dovevamo โsvegliarciโ dal nostro sonno o dalla nostra pigrizia, come comunitร cristiana, e riscoprire la nostra vocazione materna ad accompagnare i ragazzi nella vita e nel cammino di fede, facendo attenzione ai loro vissuti, al loro mondo, mettendoci in dialogo con loro e accogliendone le domande di vitaโฆ A Roma siamo ancora appena agli inizi di un ripensamento della pastorale giovanile: ci sono esperienze generose in giro, nelle parrocchie e nelle associazioni, ma ancora tanto disorientamento e incertezza nel mondo degli adulti, per cui lโimpressione che si ha รจ che ancora non ci si sia davvero messi in gioco. Per rilanciare la nostra riflessione su questo punto, ti vorremmo chiedere: che impressioni hai ricevuto dal pre-Sinodo con i giovani, tenuto a marzo in Vaticano? Se cโรจ un grido che sale dal mondo giovanile oggi, qual รจ? A cosa in particolare dobbiamo fare attenzione?
Papa Francesco:
Del pre-Sinodo, dellโassemblea pre-sinodale dei giovani ho avuto una buona impressione. Allโinizio sono stato tutta la mezza giornata con loro, il giorno di San Giuseppe, e poi loro hanno continuato a lavorare. Erano 315, piรน o meno, collegati con 30 mila. Erano giovani di tutto il mondo, cristiani, non cristiani, non credenti, ben selezionati perchรฉ fossero coraggiosi nel parlare. E hanno lavorato sul serio. Mi dicevano i segretari del Sinodo โ il salesiano e il gesuita che lavorano con loro, padre Sala e padre Costa โ che stavano fino alle quattro di notte e lavorare sul documento negli ultimi tre giorni, prendendo il documento sul serio. I giovani veramente volevano parlare sul serio. Allโinizio mi hanno fatto delle domande โ come queste, ma erano piรน educate! โ ma dopo tra loro si sono incoraggiati a dire quello che sentivano, e รจ andata bene. Il documento che hanno fatto รจ bellissimo, รจ forteโฆ Potete chiederlo alla Segreteria del Sinodo perchรฉ รจ interessante. Questa รจ lโimpressione che ho ricevuto.
Qual รจ il grido dei giovani? Il grido dei giovani non รจ sempre cosciente. Io lo collego con uno dei problemi piรน gravi, che รจ il problema della droga. Il grido รจ: โsalvateci dalla drogaโ. Ma non soltanto dalla droga materiale, anche dalla droga alienante, dellโalienazione culturale. Loro sono proprio una preda facile per lโalienazione culturale: le proposte che fanno ai giovani sono tutte alienanti, tutte alienanti. Quelle che fa la societร ai giovani. Alienante dai valori, alienante dallโinserimento nella societร , alienante pure dalla realtร : propongono una fantasia di vita. A me preoccupa che loro comunichino e vivano nel mondo virtuale. Vivono cosรฌ, comunicano cosรฌ, non hanno i piedi per terraโฆ Venerdรฌ sono andato alla chiusura di un corso di Scholas Occurrentes con i giovani: erano della Colombia, dellโArgentina, del Mozambico, del Brasile, del Paraguay e altri Paesi; una cinquantina di giovani che avevano fatto qui un incontro sul tema del bullismo. Erano tutti lรฌ ad aspettarmi; quando sono arrivato, come fanno i giovani, hanno fatto chiasso. Io mi sono avvicinato per salutarli e pochi davano la mano: la maggioranza erano con il telefonino: foto, foto, fotoโฆ Selfie. Ho visto che la loro realtร รจ quella: quello รจ il mondo reale, non il contatto umano. E questo รจ grave. Sono giovani โvirtualizzatiโ. Il mondo delle comunicazioni virtuali รจ una cosa buona, ma quando diventa alienante ti fa dimenticare di dare la mano. Salutano con il telefonino. Quasi tutti! Erano felici di vedermi, di dirmi le coseโฆ E la loro autenticitร la esprimevano cosรฌ. Ti salutavano cosรฌ. Dobbiamo fare โatterrareโ i giovani nel mondo reale. Toccare la realtร . Senza distruggere le cose buone che puรฒ avere il mondo virtuale, perchรฉ servono. Eโ importante questo: la realtร , la concretezza. Per questo torno su una cosa che ho detto prima su unโaltra domanda: le opere di misericordia aiutano tanto i giovani. Fare qualcosa per gli altri, perchรฉ questo li concretizza, li fa โatterrareโ. Ed entrano in un rapporto sociale.
Poi, quello che ho detto lโanno scorso: i giovani โsradicatiโ. Perchรฉ se tu vivi in un mondo virtuale, tu perdi le radici. Devono ritrovare le radici, attraverso il dialogo con i vecchi, con gli anziani, perchรฉ i genitori sono di una generazione per la quale le radici non sono molto salde. Ma si puรฒ andare al dialogo con i vecchi, con gli anziani. Non dimentichiamo quello che dice il poeta: โTutto quello che lโalbero ha di fiorito, viene da quello che ha sotto terraโ: andare alle radici. Uno dei problemi, a mio giudizio, piรน difficili, oggi, dei giovani รจ questo: che sono sradicati. Devono ritrovare le radici, senza andare indietro: devono ritrovarle per andare avanti.
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Cari fratelli e sorelle,
il lavoro sulle malattie spirituali ha avuto due frutti. Primo, una crescita nella veritร della nostra condizione di bisognosi, di infermi, emersa in tutte le parrocchie e le realtร che sono state chiamate a confrontarsi sulle malattie spirituali indicate da Mons. De Donatis. Secondo, lโesperienza che da questa adesione alla nostra veritร non sono venuti solo scoraggiamento o frustrazione, ma soprattutto la consapevolezza che il Signore non ha smesso di usarci misericordia: in questo cammino Egli ci ha illuminati, ci ha sostenuti, ha avviato un percorso per certi versi inedito di comunione tra di noi, e tutto questo perchรฉ noi possiamo riprendere il nostro cammino dietro a Lui. Siamo diventati piรน consapevoli di essere, per certi aspetti e per certe dinamiche emerse dalle nostre verifiche, un โnon-popoloโ. Questa parola โnon-popoloโ รจ una parola biblica, usata tanto dai profeti. Un non-popolo chiamato a rifare ancora una volta alleanza con il Signore.
Chiavi di lettura come queste giร ci riportano, anche solo intuitivamente, a quanto vissuto dal popolo dellโantica alleanza, che per primo si lasciรฒ guidare da Dio a diventare il suo popolo. Anche noi possiamo nuovamente lasciarci illuminare dal paradigma dellโEsodo, che racconta proprio come il Signore si sia scelto ed educato un popolo al quale unirsi, per farne lo strumento della sua presenza nel mondo.
In quanto paradigma per noi, lโesperienza di Israele necessita di una coniugazione per diventare linguaggio, cioรจ per essere comprensibile e per trasmettere e far vivere qualcosa a noi anche oggi. La Parola di Dio, lโopera del Signore, cerca qualcuno con cui coniugarsi, unirsi: la nostra vita. Con questa gente che siamo noi oggi, Egli agirร con la stessa potenza con la quale agรฌ liberando il suo popolo e donandogli una nuova terra.
La storia dellโEsodo parla di una schiavitรน, di unโuscita, di un passaggio, di unโalleanza, di una tentazione/mormorazione e di un ingresso. Ma รจ un cammino di guarigione.
Iniziando questa nuova tappa di un cammino ecclesiale che a Roma non inizia certo adesso ma piuttosto dura da duemila anni, รจ stato importante chiederci โ come abbiamo fatto in questi mesi โ quali siano le schiavitรน โ la malattie, le schiavitรน che ci tolgono la libertร โ che hanno finito col renderci sterili, cosรฌ come il Faraone voleva Israele senza figli che a loro volta generassero. Questo โsenza figliโ mi fa pensare alla capacitร di feconditร della comunitร ecclesiale. Eโ una domanda che vi lascio. Dovremmo forse individuare anche chi sia oggi il Faraone: questo potere che si pretende divino e assoluto, e che vuole impedire al popolo di adorare il Signore, di appartenergli, rendendolo invece schiavo di altri poteri e di altre preoccupazioni.
Sarร necessario dedicare del tempo (forse un anno?) perchรฉ, riconosciute umilmente le nostre debolezze e avendole condivise con gli altri, possiamo sentire e fare esperienza di questo fatto: cโรจ un dono di misericordia e di pienezza di vita per noi e per tutti quelli che abitano a Roma. Questo dono รจ la volontร buona del Padre per noi: noi singoli e noi popolo. Eโ la sua presa di iniziativa, il suo precederci nellโattestarci che in Cristo Egli ci ha amato e ci ama, che ha a cuore la nostra vita e noi non siamo creature abbandonate al loro destino e alle loro schiavitรน. Che tutto รจ per la nostra conversione e per il nostro bene: ยซDel resto โ come dice san Paolo โ, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegnoยป (Rm 8,28).
Lโanalisi delle malattie ha messo in evidenza una generale e sana stanchezza delle parrocchie sia di girare a vuoto sia di aver perso la strada da percorrere. Tutti e due sono atteggiamenti brutti e che fanno male. Girare a vuoto รจ un poโ come stare in un labirinto; e perdere la strada รจ prendere strade sbagliate.
Forse ci siamo chiusi in noi stessi e nel nostro mondo parrocchiale perchรฉ abbiamo in realtร trascurato o non fatto seriamente i conti con la vita delle persone che ci erano state affidate (quelle del nostro territorio, dei nostri ambienti di vita quotidiana), mentre il Signore sempre si manifesta incarnandosi qui e ora, cioรจ anche e precisamente in questo tempo cosรฌ difficile da interpretare, in questo contesto cosรฌ complesso e apparentemente lontano da Lui. Non ha sbagliato mettendoci qui, in questo tempo, e con queste sfide davanti.
Forse per questo ci siamo trovati in una condizione di schiavitรน, cioรจ di limitazione soffocante, di dipendenza da cose che non sono il Signore; pensando magari che questo bastasse o fosse addirittura quello che Lui ci chiedeva di fare: stare vicino alla pentola della carne, e impastare mattoni, che poi servono per costruire i depositi del Faraone, funzionali allo stesso potere che esercita la schiavitรน.
Ci siamo accontentati di quello che avevamo: noi stessi e le nostre โpentoleโ. Noi stessi: e qui cโรจ il grande tema della โipertrofia dellโindividuoโ, cosรฌ presente nelle verifiche: dellโio che non riesce a diventare persona, a vivere di relazioni, e che crede che il rapporto con gli altri non gli sia necessario; e le nostre โpentoleโ: cioรจ i nostri gruppi, le nostre piccole appartenenze, che si sono rivelate alla fine autoreferenziali, non aperte alla vita intera. Ci siamo ripiegati su preoccupazioni di ordinaria amministrazione, di sopravvivenza. Quante volte si sente questo: โI preti sono indaffarati, devono fare i conti, devono fare questo, questo, questoโฆโ. E la gente percepisce questo. โEโ un buon prete, ma perchรฉ ci lasciamo prendere in questo vortice pazzesco?โ. Eโ interessante.
ร un bene che questa situazione ci abbia stancato, รจ una grazia di Dio questa stanchezza: ci fa desiderare di uscire.
E per uscire, abbiamo bisogno della chiamata di Dio e della presenza/compagnia del nostro prossimo. Occorre ascoltare senza timore la nostra sete di Dio e il grido che sale dalla nostra gente di Roma, chiedendoci: in che senso questo grido esprime un bisogno di salvezza, cioรจ di Dio? Come Dio vede e ascolta quel grido? Quante situazioni, tra quelle emerse dalle vostre verifiche, esprimono in realtร proprio quel grido! Lโinvocazione che Dio si mostri e ci tragga fuori dallโimpressione (o dallโesperienza amara, quella che fa mormorare) che la nostra vita sia inutile e come espropriata dalla frenesia delle cose da fare e da un tempo che continuamente ci sfugge tra le mani; espropriata dai rapporti solo utilitaristi/commerciali e poco gratuiti, dalla paura del futuro; espropriata anche da una fede concepita soltanto come cose da fare e non come una liberazione che ci fa nuovi a ogni passo, benedetti e felici della vita che facciamo.
Come avrete capito, vi sto invitando a intraprendere unโaltra tappa del cammino della Chiesa di Roma: in un certo senso un nuovo esodo, una nuova partenza, che rinnovi la nostra identitร di popolo di Dio, senza rimpianti per ciรฒ che dovremo lasciare.
Occorrerร , come dicevo, ascoltare il grido del popolo, come Mosรจ fu esortato a fare: sapendo cosรฌ interpretare, alla luce della Parola di Dio, i fenomeni sociali e culturali nei quali siete immersi. Cioรจ imparando a discernere dove Lui รจ giร presente, in forme molto ordinarie di santitร e di comunione con Lui: incontrando e accompagnandovi sempre piรน con gente che giร sta vivendo il Vangelo e lโamicizia con il Signore. Gente che magari non fa catechismo, eppure ha saputo dare un senso di fede e di speranza alle esperienze elementari della vita; che ha giร fatto diventare significato della sua esistenza il Signore, e proprio dentro quei problemi, quegli ambienti e quelle situazioni dalle quali la nostra pastorale ordinaria resta normalmente lontana. Penso adesso a Pua e Sifra, le due levatrici che obiettarono allโordine omicida del Faraone e che cosรฌ impedirono lo sterminio (cfr Es 1,8-21). Anche a Roma vi sono certamente donne e uomini che interpretano il loro lavoro di ogni giorno come un lavoro destinato a dare vita a qualcuno e non a toglierla, e lo fa senza mandati particolari da parte di nessuno ma perchรฉ โtemono Dioโ e lo servono. La vita del popolo di Israele deve molto a quelle due donne, come la nostra Chiesa deve molto a persone rimaste anonime ma che hanno preparato lโavvenire di Dio. E il filo della storia, il filo della santitร , viene portato avanti da gente che noi non conosciamo: gli anonimi, quelli che sono nascosti e portano avanti tutto.
Per far questo occorrerร che le nostre comunitร diventino capaci di generare un popolo โ questo รจ importante, non dimenticatelo: Chiesa con popolo, non Chiesa senza popolo -, capaci cioรจ di offrire e generare relazioni nelle quali la nostra gente possa sentirsi conosciuta, riconosciuta, accolta, benvoluta, insomma: parte non anonima di un tutto. Un popolo in cui si sperimenta una qualitร di rapporti che รจ giร lโinizio di una Terra Promessa, di unโopera che il Signore sta facendo per noi e con noi. Fenomeni come lโindividualismo, lโisolamento, la paura di esistere, la frantumazione e il pericolo socialeโฆ, tipici di tutte le metropoli e presenti anche a Roma, hanno giร in queste nostre comunitร uno strumento efficace di cambiamento. Non dobbiamo inventarci altro, noi siamo giร questo strumento che puรฒ essere efficace, a patto che diventiamo soggetti di quella che altrove ho giร chiamato la rivoluzione della tenerezza.
E se la guida di una comunitร cristiana รจ compito specifico del ministro ordinato, cioรจ del parroco, la cura pastorale รจ incardinata nel battesimo, fiorisce dalla fraternitร e non รจ compito solo del parroco o dei sacerdoti, ma di tutti i battezzati. Questa cura diffusa e moltiplicata delle relazioni potrร innervare anche a Roma una rivoluzione della tenerezza, che sarร arricchita dalle sensibilitร , dagli sguardi, delle storie di molti.
Tenendo questo come un primo compito pastorale, potremo essere lo strumento attraverso il quale sia sperimenteremo lโazione dello Spirito Santo tra di noi (cfr Rm 5,5), sia vedremo vite cambiare (cfr At 4,32-35). Come attraverso lโumanitร di Mosรจ Dio intervenne per Israele, cosรฌ lโumanitร risanata e riconciliata dei cristiani puรฒ essere lo strumento (quasi il sacramento) di questa azione del Signore che vuole liberare il suo popolo da tutto ciรฒ che lo fa non-popolo, con il suo carico di ingiustizia e di peccato che genera morte.
Ma bisogna guardare a questo popolo e non a noi stessi, lasciarci interpellare e scomodare. Questo produrrร certamente qualcosa di nuovo, di inedito e di voluto dal Signore.
Cโรจ un passaggio previo di riconciliazione e di consapevolezza che la Chiesa di Roma deve compiere per essere fedele a questa sua chiamata: e cioรจ riconciliarsi e riprendere uno sguardo veramente pastorale โ attento, premuroso, benevolo, coinvolto โ sia verso sรฉ stessa e la sua storia, sia verso il popolo alla quale รจ mandata.
Vorrei invitarvi a dedicare del tempo a questo: a far sรฌ che giร questo prossimo anno sia una sorta di preparazione dello zaino (o dei bagagli) per iniziare un itinerario di qualche anno che ci faccia raggiungere la nuova terra che la colonna di nube e di fuoco ci indicherร ; vale a dire nuove condizioni di vita e di azione pastorale, piรน rispondenti alla missione e ai bisogni dei romani di questo nostro tempo; piรน creative e piรน liberanti anche per i presbiteri e per quanti piรน direttamente collaborano alla missione e allโedificazione della comunitร cristiana. Per non avere piรน paura di quel che siamo e del dono che abbiamo, ma per farlo fruttificare.
Il Signore ci chiama perchรฉ โandiamo e portiamo fruttoโ (cfr Gv 15,16). Nella pianta, il frutto รจ quella parte prodotta e offerta per la vita di altri esseri viventi. Non abbiate paura di portare frutto, di farvi โmangiareโ dalla realtร che incontrerete, anche se questo โlasciarsi mangiareโ assomiglia molto a uno sparire, un morire. Alcune iniziative tradizionali forse dovranno riformarsi o forse addirittura cessare: lo potremo fare soltanto sapendo dove stiamo andando, perchรฉ e con Chi.
Vi invito a leggere cosรฌ anche alcune delle difficoltร e delle malattie che avete riscontrato nelle vostre comunitร : come realtร che forse non sono piรน buone da mangiare, non possono piรน essere offerte per la fame di qualcuno. Il che non significa affatto che non possiamo produrre piรน niente, ma che dobbiamo innestare virgulti nuovi: innesti che daranno frutti nuovi.