Paolo de Martino – Commento al Vangelo di domenica 8 Agosto 2021

819

AUTORE: Paolo di Martino FONTE: Sito web SITO WEB CANALE YOUTUBE PAGINA FACEBOOK


La vita eterna è già iniziata!

Dopo il miracolo della condivisione del pane, Gesù resta turbato dalla reazione della folla. La gente non ha capito e inizia un discorso forte in cui accusa la folla di cercarlo solo per essere sfamati.

In fondo la reazione della folla è giustificata: chi si crede di essere? «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». È l’unica volta in cui esce il nome di Giuseppe nel vangelo di Giovanni. Come puoi Gesù di Nazareth, che è un uomo come noi, essere Dio? Questo è il problema dell’Eucaristia. Faticavano a crederlo e come dargli torto. Gesù appariva poco religioso, non molto pio ma soprattutto non molto propenso a risolvere i loro problemi. Insomma, non combaciava con l’idea che avevano di Dio. D’altra parte non lo compresero appieno neppure coloro che vissero con lui giorno e notte, nemmeno coloro che assieme condivisero pani, pesci e speranza.

La domanda che soggiace è una sola: chi è Gesù di Nazareth? Il Vangelo è il racconto di una persona e non l’esposizione di un’idea. La conversione consisterà sempre nel passare dall’idea di Dio all’incontro personale col Dio di Gesù. Per questo il Vangelo è al contempo continua educazione su chi è Dio e guarigione delle mie assurde idee su Dio.

Il Dio che Gesù ha raccontato è il Dio che, stanco di essere frainteso, si fa corpo. Un Dio che suda e impara, si stanca e ride. Un Dio che si piega sull’umanità ferita, come un buon samaritano. Un Dio che si commuove alle lacrime, che ama l’amicizia e l’accoglienza.
Gesù di Nazareth ci ha svelato il vero volto di Dio, un Dio paziente, silenzioso, rispettoso dell’uomo perché rispettoso della libertà dei suoi figli. Questo è Dio, il Dio di Gesù, il Dio vero. Non quello, a volte irriconoscibile, delle nostre predicazioni, non quello terribile delle nostre paure. Dio è un bambino che cerca il piccolo seno della madre per vivere. Un Dio così ci spiazza! Vorremmo un Dio potente, che ascolta la nostra preghiera, e ci troviamo un Dio che ci chiede aiuto. Insomma vorremmo un Dio onnipotente e invece…

Essere uomini è talmente bello che Dio ha voluto essere uno di noi. Quest’umanità povera e inquieta è il luogo che Dio ora abita e trasfigura.
Se Dio è così, significa che Dio è nascosto, incarnato nelle persone, nelle situazioni, nella storia. Dio non si vede, si riconosce. Se Dio è così, significa che Dio è avvicinabile e che l’idea di un Dio onnipotente da tenere a bada è pagana. Significa che Dio non risolve i problemi, ma li condivide. Se Dio è così, significa che ha bisogno di noi, come ha avuto bisogno di cinque pani e due pesci per sfamare migliaia di persone, come ha avuto bisogno che i servi, a Cana, riempissero d’acqua le giare per trasformarla in vino, come ha avuto bisogno di una madre e di un padre.

Tutta la nostra vita è una conversione dalla nostra idea di Dio al Dio di Gesù Cristo. Ogni uomo è chiamato a percorrere la via che è Gesù per scoprire il vero volto di Dio. Ci vuole l’intera vita per farlo e continua conversione. E noi, in quale Dio crediamo?
I Giudei (anche se erano galilei ma Giovanni usa questo termine per indicare la loro incredulità) non l’hanno proprio digerita l’affermazione: «Io sono il pane disceso dal cielo» e iniziano a mormorare.

Ci saremmo aspettati un Gesù più morbido, in cerca di una comune base di dialogo e invece diventa ancora più pungente rivelando il rapporto unico e privilegiato con Dio.
Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato”. Non si diventa cristiani se non per quest’attrazione, non certo per via d’indottrinamento. La legge, le norme non hanno mai cambiato nessuno.

Gesù ci libera dall’ansia da prestazione. La fede non è ciò che l’uomo fa per Dio, ma ciò che Dio fa per l’uomo e che l’uomo accoglie. Non siamo noi ad amare Dio, ma è Dio che ha amato noi. È Dio che prende l’iniziativa. È un Dio che immeritatamente e incondizionatamente ama gli uomini. L’uomo non deve far altro che accogliere quest’amore, lasciarsi trasportare da quest’onda d’amore e con Dio e come Dio andare verso gli altri.
Non è la nostra “agitazione spirituale” ad attirare Dio in noi! È l’opera di Dio che entrando in noi può finalmente renderci uomini e donne felici.

Quando pensiamo di non aver fede non perdiamo tempo in inutili sensi di colpa, chiediamola al Signore. Gesù è il modo che Dio ha di donarci questo dono. I sacramenti sono il Figlio e soprattutto nell’Eucarestia noi riceviamo una scorta di fede, anche se riceverla non ci assicura che la useremo. Come ogni dono, anche questo deve essere accettato. Al dono corrisponda una scelta. Sant’Agostino ci ricorderebbe che “il Dio che ci ha fatti senza di noi, non ci salva senza di noi”. Se stiamo per affogare non basta che qualcuno ci lanci un salvagente, dobbiamo afferrarlo e farne buon uso. La redenzione non è semplicemente Dio che ci salva, che ci rende pienamente felici ma noi che ci lasciamo salvare da Lui. Non siamo salvi per forza, siamo salvi per grazia e per adesione a questo dono.

Ma quello che colpisce è che Gesù pone la fede come fondamento della vita eterna.
La vita eterna non è semplicemente la vita futura come la può pensare qualsiasi uomo appartenente ad altre religioni. La vita eterna è Gesù stesso.

Chi crede ha la vita eterna”. Attenzione! Non “avrà” ma “ha la vita eterna”. Non è una promessa per il futuro, ma il presente! Chi crede (cioè vive come Lui) ha la vita eterna, ora, adesso! La “vita eterna” non è la “vita dopo la morte”, ma la “vita dell’Eterno”, una vita compiuta, realizzata. La risurrezione riguarda i vivi! Cioè Dio ci dona una qualità di vita così grande capace di superare la morte. La vita eterna non è un premio che avrà chi si sarà comportato bene ma un “modo di vivere” già nel presente. L’eternità è già iniziata.
Il protagonista del brano è il verbo mangiare. Le religioni orientali si concentrano sul respiro, il cristianesimo ha come gesto centrale il mangiare. Mangiare è questione di vita o di morte. Ecco, Dio è così: una questione di vita odi morte spirituale. Gesù mangiando con i peccatori, gli ultimi ci assicura che il principio della felicità non sta nei nostri digiuni per lui, bensì nel suo mangiare con noi. Il Cristianesimo è la religione del corpo. Nel corpo c’è tutto ciò che unisce una persona alle altre: parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore. Ecco perché ci ha donato il Suo corpo. Ci ha dato tutta la sua storia.

La bella notizia di questa Domenica? Già oggi possiamo vivere un’anticipazione di Paradiso perché la fede fa eterna la vita già ora, adesso, perché la riempie dell’eternità stessa di Dio.

Fonte: il blog di Paolo de Martino