Oggi la chiesa celebra la festa della Trinità, di un Dio che è Padre, Figlio e Spirito.
La Trinità non è uno sforzo speculativo, in modo che la mente capisca chi è Dio.
Pensare di capire la Trinità attraverso le formule è come tentare di capire una parola analizzando l’inchiostro con cui è scritta. Dio non è una definizione ma un’esperienza.
La Trinità non è un concetto da capire, ma una manifestazione da accogliere.
In uno dei capolavori di Kieslowski sui Dieci Comandamenti, il bambino protagonista sta giocando al computer. Improvvisamente si ferma e chiede alla zia: «Com’è Dio?».
La zia lo guarda in silenzio, gli si avvicina, lo abbraccia, gli bacia i capelli e tenendolo stretto a sé sussurra: «Come ti senti, ora?».
Il bambino alza gli occhi e risponde: «Bene, mi sento bene». E la zia: «Ecco, Dio è così».
Dio è come un abbraccio. Se non c’è amore, non vale nessun magistero.
Se non c’è amore, nessuna cattedra sa dire Dio.
Dio come un abbraccio: ecco il senso della Trinità.
Se mi domandano: tu cristiano a che cosa credi?
La risposta spontanea è: credo in Dio Padre, in Gesù crocifisso e risorto, la Chiesa…
Giovanni indica una risposta diversa: il cristiano crede all’amore!
Noi abbiamo creduto all’amore: ogni uomo, ogni donna, anche il non credente può credere all’amore.
Può fidarsi e affidarsi all’amore come sapienza del vivere.
Se non c’è amore, nessuna cattedra, nessun pulpito può dire Dio.
Lo scrivo e lo dico spesso: mi sono convinto che tutti portiamo nel cuore un’immagine di Dio, anche chi crede di non credere.
Non sempre bella, sinceramente.
Dio c’è, certo, ma è incomprensibile, a volte un po’ lunatico.
È onnipotente, ma non sempre fa bene il proprio dovere.
C’è, opera, ovvio ma non fa quasi mai il mio bene. Meglio blandirlo, non si sa mai.
Meglio trattarlo bene, sperando che non ti capiti una disgrazia.
L’idea di Dio che portiamo nel cuore, siamo onesti, è mediamente orribile.
Finché è arrivato Gesù e ha sconvolto le nostre piccole idee di Dio.
Ne ha parlato come nessuno ne aveva parlato e ha inviato lo Spirito perché capissimo.
Gesù ci fa incontrare un Dio inaudito
Gesù non ha mai spiegato Dio, ma l’ha incarnato, con la sua vita, il suo modo di vivere, di amare, tanto da arrivare a dire “chi vede me vede il Padre” (Gv 12, 45)
Gesù svela che il Volto di Dio è amore, festa, incontro, relazione, amicizia, famiglia, danza! Che spettacolo!
Dio è tre persone che si amano talmente, che noi, da fuori, ne vediamo solo uno.
Che bello vedere realizzato in Dio ciò che noi da sempre desideriamo: tre persone che non si confondono, che non si annullano in un’indefinita energia, ma che, nella loro specificità, operano con intesa assoluta.
La bellezza della Trinità è davvero imbarattabile con qualsiasi altra immagine di Dio in circolazione.
Gesù ci svela che Dio è comunione! Ci vuole lo Spirito per capire la Trinità.
Ricordo una catechista che tentava di spiegare la Trinità usando addizione: 1+1+1=1
Sbagliava operazione. In Dio 1x1x1=1.
Proprio perché il Padre ama il Figlio che ama il Padre e questo amore è lo Spirito Santo, che noi, da fuori, vediamo un’unità assoluta.
Eccole qui le ragioni della nostra comunione: la Chiesa è l’immagine della Trinità (fatta di persone uguali e distinte).
Sono persone. Non cifre. Non codici fiscali. Non numeri di matricola apposti sulle casacche
delle nostre tute da lavoro. Siamo persone, non barattoli gettati da Dio sulla terra destinati a ruzzolare sotto i calci dei bambini.
Sono persone uguali. Adesso capite dove si attacca tutta l’insistenza della Chiesa quando annuncia l’uguaglianza? Siamo tutti uguali!
E’ il mistero trinitario che ci interpella ogni volta che scorgiamo segni di ingiustizia nella cronaca quotidiana….
E’ il mistero della Trinità che ad ogni uomo imprime il sigillo dell’uguaglianza con Dio.
Sono persone uguali e distinte.
Ogni uomo ha il suo volto e la sua storia, i suoi sogni e le sue fatiche, le sue aspirazioni e le sue paure.
Dio ci conosce per nome, non per sigla.
Nel dogma della Trinità c’è racchiuso il sogno di Dio per noi.
Il libro della Genesi dice che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, cioè dentro di noi c’è un DNA trinitario!
Anche noi siamo fatti per la relazione, l’amore, la comunione, la fraternità.
L’essere ad immagine di Dio (cfr. Gn 2, 27), non è dunque qualcosa che si è compiuto all’inizio, ma è la nostra destinazione, il compimento del nostro crescere nell’amore.
La verità ci sta dinanzi, non alle nostre spalle.
Non siamo esseri decaduti, ma figli in via di compimento.
Al termine di una giornata puoi anche non aver mai pensato a Dio, mai pronunciato il suo nome ma se hai creato legami, se hai procurato gioia a qualcuno, se hai portato il tuo mattone di comunione… tu hai fatto la più bella professione di fede nella Trinità!
Il vero ateo è chi non lavora a creare legami, comunione, accoglienza.
Capite perché la solitudine ci pesa tanto e ci fa paura? Perché è contro la nostra natura.
Ecco perché quando siamo con chi ci vuole bene, quando accogliamo e siamo accolti da qualcuno, stiamo così bene: perché realizziamo la nostra vocazione.
La festa della Trinità, allora, è la festa del mio destino, è il segreto della mia felicità.
A questa comunione s’ispirano le coppie che credono nel vangelo.
A questa comunione siamo invitati come singoli e come comunità cristiana.
E’ alla Trinità che dobbiamo guardare nel progetto di costruzione delle nostre comunità
Insomma, festeggiare la Trinità significa riscoprire quali sono le scelte e le priorità che rendono veramente bella e sana la nostra vita.
Proviamo a chiedercelo con un po’ di onestà: quali sono le priorità fondamentali su cui sto costruendo la mia vita?
Nelle mie scelte famigliari e professionali si vede il mio DNA trinitario? Con quale stile gestisco le relazioni?
Quanto tempo regalo alle persone che mi vogliono bene e quanto ne investo per costruire relazioni sane e positive?
Domande un po’ birichine, lo so ma è la qualità delle nostre relazioni che ci darà una vita felice e realizzata!
La bella notizia di questa Domenica? Come disse don Tonino Bello, “siamo chiamati a vivere sulla terra ciò che le tre persone divine vivono nel cielo: la convivialità delle differenze”.
AUTORE: Paolo di Martino
FONTE: Sito Web
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