Paolo de Martino – Commento al Vangelo di domenica 7 Febbraio 2021

AUTORE: Paolo di Martino FONTE: Sito web SITO WEB CANALE YOUTUBE PAGINA FACEBOOK


Le giornate di Gesù non erano uno scherzo: guarigioni, ammalati da ogni parte, folle che lo cercano, discepoli che non capiscono e poi, soprattutto la preghiera. Andiamo con ordine…
Questo è il primo miracolo di guarigione raccontato da Marco.

Questo testo mi ha sempre incuriosito. Come prima guarigione mi sarei aspettato un uomo, in una piazza di Gerusalemme, centinaia di spettatori, un uomo magari importante, affetto da una gravissima malattia. E Gesù che fa? Sceglie una donna, con la febbre, e la guarisce al chiuso in una casa. Non sarebbe bastata una bella spremuta?
Gesù ci invita a guardare oltre il segno, a scorgerne il significato.
Dalla piccolezza e irrilevanza del miracolo, intuiamo che dobbiamo guardare altrove.
Cosa significa che la suocera di Pietro aveva la febbre? Perché? Un colpo di freddo? O Marco ci sta dicendo altro?
Pietro era sposato quindi e sappiamo che un attimo prima, con Andrea, erano stati chiamati da Gesù. E loro subito, dice il vangelo, lo avevano seguito.

La stessa cosa è accaduta a Giacomo e Giovanni e ora tutti e quattro vanno a casa di Pietro.
Ecco allora il motivo della febbre della febbre della madre della moglie di Pietro.
Le donne lavoravano in casa e Pietro era l’unico sostentamento della sua famiglia.
La suocera ha la febbre: in greco il termine “piresso”, indica appunto la febbre, o il calore, l’alterazione.
Cosa sta succedendo allora? Gesù si è intromesso nell’equilibrio di quella famiglia.
La scelta di Pietro ha delle conseguenze economiche e sociali per questa donna.
La suocera sente la scelta di suo genero come un’intromissione di Gesù nella sua vita.
Gesù intuisce la situazione, capisce che questa donna ce l’ha con lui.

Nel testo due espressioni ci aiutano a cogliere il valore simbolico di questo evento: “si accostò, la sollevò e la prese per mano ” (ma letteralmente avremmo dovuto tradurre “la fece risorgere”) e “si mise a servirli”.
Non sappiamo cosa si siano detti o cosa si sia successo.
Capiamo solo che Gesù ha preso l’iniziativa è andato da lei e piano piano le si è avvicinato, le ha parlato, finché la donna ha capito che quell’uomo non è né un pazzo, né un fuori di testa.
La mano di Gesù contagia: anche la donna inizia a servire. E’ il contagio dell’amore.
Marco ci sta dicendo che il grosso del lavoro lo fa Cristo.
Noi pensiamo sempre di raggiungere Dio attraverso prestazioni religiose per meritarci la salvezza ma il cristianesimo è lasciarsi raggiungere da Dio che ci salva gratuitamente.

Noi pensiamo di essere liberi quando non abbiamo bisogno di nessuno.
Se la suocera di Pietro avesse ragionato così sarebbe certamente morta.
Bisogna lasciarsi aiutare, lasciarsi amare, lasciarsi portare.
Qui abbiamo una delle più belle definizioni di Chiesa: è accorgersi, prendersi a cuore delle persone intorno a noi, specialmente di chi soffre, e portarle a Cristo.
Se la Chiesa non fa questo a cosa servirebbe?
A dovrebbero servirmi quei miei amici che dicono di essere Chiesa?
Fatto il miracolo, Gesù chiede il silenzio!
Mi ha sempre colpito questa richiesta.

Perché non farlo sapere a tutti? Chissà quante persone lo avrebbero seguito.
Eppure non vuole pubblicità, non cerca il facile consenso.
Gesù sa benissimo che la popolarità a basso prezzo può ingannare, non vuole essere preso per un santone, per un guaritore.
Da tutta la città venivano portati malati e indemoniati davanti alla casa di Pietro.
Cosa cercava quella gente? Guarigione, ma certamente desiderava anche vedere miracoli: in quel tempo c’erano molti esorcisti, guaritori, maghi, da cui la gente si recava.
E cosa trovano? Uno che guarisce chi incontra, parlando, entrando in relazione, ma soprattutto suscitando fede-fiducia.
Gesù non guariva tutti ma curava tutti quelli che incontrava.
Infatti cosa ha fatto Gesù? Ha preso la mano della suocera nella sua mano, ha attuato una relazione carica di affetto, e quindi con forza la aiutata ad alzarsi.

Ecco i gesti con i quali Gesù guarisce: non gesti di un guaritore di professione, non gesti medici, né tantomeno gesti magici.
Se siamo attenti allora comprendiamo che, sull’esempio di Gesù, a un malato dobbiamo soltanto avvicinarci, toglierlo dal suo isolamento, prendendo la sua mano nella nostra, e infine fare qualcosa perché l’altro si rialzi dal suo stato di prostrazione.
Come riesce Gesù a essere sereno in queste giornate nevrotiche?
La preghiera è il suo segreto.
La preghiera è l’atto più concreto che un cristiano possa fare, perché la preghiera è ritornare all’essenziale della vita e da lì ripartire.
È la prima delle tre volte in cui nel vangelo di Marco Gesù prega e sempre in momenti critici per i propri discepoli (nel capitolo 6 al momento della condivisione dei pani e nel capitolo 14 al Getsemani).

Non sappiamo nulla della preghiera di Gesù, cosa abbia detto, che parole ha usato.
Una cosa è certa: La preghiera non è una lista di richieste a Dio, o peggio dire a Dio come si fa a fare Dio.
Non si prega perché una determinata realtà vada in modo diverso, ma perché attraverso la preghiera, possa cambiare il modo con cui si affronta la realtà.

Il più delle volte gli eventi non cambieranno, perché il corso della vita segue una sua logica interna e non possiamo farci nulla, neppure Dio.
La differenza è nel modo in cui vivo e affronto quella realtà.
Anche il pregare di Gesù nel Getsemani, non cambierà la realtà, ma troverà la forza per il suo Si definitivo e totale.
La bella notizia di questa Domenica?
A volte può bastare pochissimo per sollevare una vita: ascoltare, avvicinarsi, prendere la mano. Ecco come si sostiene l’umanità: appoggiando una fragilità sull’altra.

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