Per capire la carica rivoluzionaria di questo vangelo è necessario mettersi nel contesto in cui questa preghiera è stata pronunciata.
Gesù è al momento del suo primo insuccesso: Giovanni Battista dubita di Lui; la gente, abituata all’austerità di Giovanni, dice di Gesù che è un mangione e un beone; le città del lago sono appena state rimproverate di non averlo capito e accolto; le folle incominciano ad abbandonarlo e Gesù resta col solo gruppetto dei discepoli.
Gesù è deluso e triste: immagino abbia pensato “Con tutto quello che ho fatto, come fate a non credere?”.
Gesù tira la prima conclusione del suo ministero: i misteri del Regno di Dio sono capiti e accolti solo dai poveri e dai semplici, non dai sapienti e dagli intelligenti.
Gesù benedice quelli che l’hanno accolto, i piccoli.
I piccoli sanno di non meritare nulla. Letteralmente sarebbero gli “infanti”, ovvero chi non è in grado di proferire parola. Ebbene, proprio perché in questa situazione, questi sono in grado di ricevere l’unica Parola che salva.
Perciò Gesù esulta, danza di gioia perché gli unici che possono ricevere la grazia della salvezza sono i peccatori, i bisognosi, i “vuoti a perdere…”.
Dove c’è il bisogno c’è il desiderio, dove c’è il desiderio c’è il dono, dove c’è il dono c’è Dio. Perché Dio è solo dono, e non può non donarsi a chi si riconosce come puro desiderio.
Attenzione, però. I piccoli non sono i bambini, né semplicemente gli ultimi, i poveri, gli sfortunati.
I piccoli di Gesù sono quelli che riconoscono di avere bisogno di Lui, che fanno esperienza della loro fragilità e sperimentano il bisogno di fondare la propria vita sulla sua Parola.
I piccoli di Gesù sono quelli che abbandonano la pretesa di bastare a se stessi, che rinunciano a tenere tutto e tutti sotto controllo, che non hanno paura di ammettere la propria debolezza.
Dio ha delle preferenze, non è neutrale: i poveri, come passeri, hanno il nido nella sua mano. Davanti a Dio non c’è nulla di meglio che essere nulla.
Ciò che stupisce di Gesù è la sua reazione.
In una situazione di delusione, lui innalza un inno e si lascia stupire da ciò che Dio fa!
Gesù non cade nella trappola del negativismo: vede il male, vede l’ottusità e l’oscurità ma sa vedere tutto il bene e la meraviglia che c’è nel mondo.
C’è il male, c’è negatività nel mondo? Certo, tantissima, e più la cerchi più la trovi.
C’è positività nel mondo? Oh sì, tantissima, e più la cerchi e più la trovi.
Tutto dipende dai tuoi occhi, da cosa cerchi perché alla fine troverai ciò che vuoi trovare.
Quando guardi tuo figlio cosa vedi? Se vedi e non è come tu volevi, beh, ne sarai parecchio deluso e ti dirai che, come genitore, hai fallito. Ma se guardi che sta germogliando, che ha la forza della vita, che ha la luce negli occhi, che fa le sue scelte nella libertà, allora non potrai che gioire ed essere orgoglioso di quel tuo figlio.
Una crisi può essere un dramma ma anche la grande occasione della tua vita.
Niente è veramente negativo, tutto dipende dai tuoi occhi!
Il pessimismo o l’ottimismo non è dovuto a ciò che succede fuori ma a ciò che tu hai dentro.
Ciò che Gesù sta vivendo non è per niente bello né gratificante.
Eppure tutto questo non gli impedisce di tenere un cuore capace di stupirsi, di meravigliarsi, di cantare, di gioire (Gesù, stando alla traduzione letterale del passo parallelo di Luca, “danza di gioia”).
Lo stupore è il termometro del cuore.
Finché si è capaci di stupirsi, di meravigliarsi, di gioire, allora si è ancora vivi.
L’esperienza di Dio è così grande che l’unico sentimento adeguato è lo stupore.
Ecco la “Mistica”, che in greco, vuol dire proprio: “Non ci sono parole, troppo grande”.
Lo stupore è poter vedere la bellezza della vita al di là di ciò che succede, di ciò che sembra.
Lo stupore è questione di fede: vedo i problemi, le difficoltà, ma non permetto che tutto questo distrugga ciò che sono, la mia felicità, il Dio che mi abita dentro.
Lo stupore è fare esperienza che c’è “un di più” che ci supera e lasciare che ci entri dentro.
Non è il saperlo con la mente ma è il lasciarsi coinvolgere con il cuore.
Il bambino vive di questo. Il bambino non sa che la mamma lo ama, lo sente.
Il bambino guarda una foglia, le stelle o un gatto e ne vede un mistero dietro. Si stupisce,
gli sorride, gli vuole bene.
Una tradizione araba dice: “Finché ci sarà anche un solo uomo che si alzerà al mattino e guardando il sole loderà Dio, il mondo non finirà”.
Lasciamoci stupire da quello che ci circonda!
Nel film American Beauty, uno dei personaggi diceva: “C’è così tanta bellezza nel mondo”, e si vedeva un sacchetto di plastica danzare e volare nel vento.
Per chi ci vede, c’è così tanta bellezza…
Impariamo dal suo cuore, perché Cristo s’impara imparandone il cuore, cioè il modo di amare.
Gesù sa di quanto bisogno abbiamo che qualcuno ci accolga nella nostra stanchezza e oppressione.
Troviamo troppo spesso maestri, giudici, esperti, ma nessuno disposto ad accoglierci semplicemente così come siamo e per quello che stiamo vivendo.
Tutti sanno come noi dovremmo vivere, quello che dovremmo fare, chi dovremmo essere, ma Gesù non si pone così nei nostri confronti.
Egli è Colui che dice: “Porta con me quello che stai vivendo. Smetti di portarlo da solo. Non caricarti di tutto il peso del mondo come se tu potessi portarlo. Porta il peso della vita con me e alla mia maniera. Sii mansueto e umile, cioè non trasformare la tua stanchezza e oppressione in rabbia ma accoglila. Fai spazio anche a questa parte della vita che non conviene. Sii umile, cioè concreto, con i piedi per terra, senza pensare di dover risolvere tutto. E questo è possibile solo se ti ricordi che non sei solo, che Io sono con te, che Io sono nella tua stessa oppressione, angoscia, stanchezza”.
Amici, Gesù non promette la liberazione da ciò che ci opprime, ma la certezza che non siamo soli mentre ne portiamo il peso.
Solo così ciò che sembra insormontabile diventa leggero.
La bella notizia di questa Domenica? La Legge diceva: “Devi fare questo… non devi fare quello… devi essere così… guai a te se…”….invece oggi Gesù dice: “Sei stanco, sfiduciato, incapace di farcela, vieni qua da me. Io non ti chiedo nulla. Sono qui per darti tutto il mio amore e il mio sostegno”.
AUTORE: Paolo di Martino
FONTE: Sito Web
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