Paolo de Martino – Commento al Vangelo di domenica 31 Gennaio 2021

AUTORE: Paolo di Martino FONTE: Sito web SITO WEB CANALE YOUTUBE PAGINA FACEBOOK


E’ duro il Vangelo oggi perché ci chiede di liberarci da quelle esperienze demoniache di fede che ci allontanano dal Dio bellissimo rivelato da Gesù di Nazareth.

Gesù entra nella sinagoga di Cafarnao e si mette ad insegnare. Gesù non partecipa al culto ma prende lui l’iniziativa e le persone sono colpite dal suo modo di insegnare: “Non come gli scribi ma come uno che ha autorità”.
Scriba, in ebraico, è il “predicatore della Torah”. A quarant’anni, dopo un lungo periodo di studio, riceveva, con l’ordinazione, lo spirito di Mosè.
La sua autorità era più grande di quella del sommo sacerdote ed era l’unico autorizzato all’interpretazione del testo sacro. E proprio a loro Gesù dirà: “insegnano dottrine che sono precetti di uomini”, spacciando per “leggi di Dio”, norme e regole prodotte da loro.
Le persone, però, sentono che le parole di Gesù sono cariche di umanità, parlano al cuore della gente.

Mi colpisce che questa scena avvenga nella sinagoga!
Marco ci sta dicendo che la prima liberazione, avviene dentro la comunità, dentro la Parrocchia, nel luogo della preghiera e dell’incontro.
Siamo invitati cioè a partire da “dentro”, da quell’impasto di santità e peccato, di slanci e fatiche, che sono le nostre comunità.
Prima di puntare il dito fuori, siamo interpellati a scrutare la nostra vita comunitaria, a far circolare aria fresca.
Ricordiamo sempre che la Chiesa non è una comunità di perfetti ma di peccatori perdonati che invitano al cambiamento e testimoniano che cambiare si può.
No, non serve essere perfetti. Dio non ha bisogno di supereroi della fede.

Mi colpisce che la prima parola rivolta da Gesù all’indemoniato sia un invito al silenzio: “Taci”. Marco utilizza un verbo molto forte che richiama il gesto di mettere la museruola. Per essere trasformati dalla Parola occorre stare in silenzio, fermarsi, (e in questo la Pandemia può essere un’occasione) interrompere le frenesie pastorali e dare tempo al seme gettato di marcire e portare frutto.
Lo Spirito ci invita a partire da “dentro”, a metterci in discussione, a partire dai più vicini (o da quelli che si credono tali…).

Gesù ha sempre avuto un rapporto conflittuale con la sinagoga, con “la chiesa” del tempo.
In Marco vi entra tre volte e ogni volta si scontrerà sempre con l’autorità religiosa.
Perché questo? Vi erano (allora come oggi) due visioni inconciliabili che si scontravano.
Per la sinagoga era fondamentale l’appartenenza. Potevi entrare e partecipare se accettavi le regole, i comandamenti, se rispettavi la Bibbia. Chi non ce la faceva, chi era impuro, non poteva partecipare.
Invece per Gesù, al centro, c’era la vita! Non a caso la grande chiesa di Gesù fu il mondo.
Gesù era circondato, quasi sempre, da gente che non riusciva a seguire le regole religiose o le convenzioni.
Gesù non ha mai usato il criterio dell’appartenenza, ma sempre il criterio della vita, del cuore!

Perché Marco mette proprio all’inizio del suo vangelo questo episodio?
Credo che molti di noi lo capiscano, soprattutto chi è giovane da più tempo.
Era stato detto alla gente di allora (e forse anche a noi) che se credi in Dio, devi mettere un po’ da parte l’affettività, perchè sono cose pericolose; meglio non lasciarsi andare troppo alla gioia e pensare a chi sta peggio; devi fare qualche rinuncia, qualche sacrificio, poco divertimento perché viene dal demonio…
Poi arriva Gesù, sbaraglia tutto e dice: “Guardate che tutto ciò a cui rinunciate “per Dio” viene da Dio. Non è Dio che vi chiede di rinunciare a questo! Anzi Dio vuole che voi viviate e viviate nella pienezza e nell’abbondanza” (Gv 10,10).
E allora ci si arrabbia (ieri come oggi) perché ci si rende conto che la nostra fatica non ci ha portato vicino a Dio ma ci ha solo portato a reprimere la nostra vita.
Allora ci si rende conto che pensavamo di agire “in nome di Dio” (proprio come gli scribi) ma abbiamo agito “contro” Dio, mortificando la nostra umanità.
E’ uno strazio accettare questo (“lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui”) perché ci spinge a rivoluzionare la nostra vita, dobbiamo cambiare tutto.
Ecco allora il senso dell’espressione: “Che vuoi da noi, Gesù di Nazareth? Sei venuto a rovinarci?”. Non fuori, ma dentro, nella sinagoga, nella comunità, anzi nell’intimo di ciascuno.
L’indemoniato, simbolo di tutte le obiezioni che ci impediscono una fede autentica, abita nella sinagoga, in chiesa. Per questo la sua affermazione è terribile: “Che c’entri con noi, sei venuto per rovinarci!”
Il vangelo è liberante per chi ama la vita ma straziante per chi ama semplicemente obbedire.

Il demonio sa bene chi è Dio e vuole tenercene lontano!
Quest’oggi preghiamo perché il Signore ci liberi da ogni fede demoniaca!
E’ demoniaca una fede sente Dio come un rivale dell’uomo, che immagina Dio come colui che toglie, non come colui che dona.
E’ demoniaca una fede che si anestetizza appena usciti dalla porta della Chiesa e rimane sopita per sei giorni.
E’ demoniaca una fede che cerca un Dio lontano e irraggiungibile.
E’ demoniaca una fede alimentata da paura mista a superstizioni e scaramanzia.
E’ demoniaca una fede che rimane rinchiusa dentro il recinto del sacro, che profuma solo di incenso e sacrestia, e non conosce gli odori della strada, delle case, della fraternità.
E’ demoniaca una fede che ci gonfia di presunzione e ci fa sentire in dovere di giudicare chiunque.
Insomma, una fede che non cambia la vita, il nostro modo di gestire le cose del mondo, non ha senso. E’ una finta fede.

La bella notizia di questa Domenica?
Per Gesù il valore era la Vita e oggi ci dice: “Vuoi vivere? Ti senti bisognoso? Vieni qui. Non importa se tu sei buono o cattivo, puro o impuro. Se hai questo desiderio, vieni qui e seguimi”.

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