E’ tempo di esistere
Luca offre l’ultimo insegnamento di Gesù prima del racconto della Passione. Gesù, nel tempio, si rivolge a tutto il popolo: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia…». E’ uno dei versetti più cavalcati dai testimoni di Geova. Gesù cita il profeta Gioele, per descrivere l’arrivo del giorno del Signore. Sembra la fine del mondo… invece è l’inizio di un nuovo mondo. Ogni giorno c’è un mondo che muore, ma c’è anche un mondo che nasce.
Dobbiamo contestualizzare il versetto. La comunità di Luca era in difficoltà: l’impero romano attraversava una crisi profonda e sembrava si stesse dissolvendo. La situazione era molto simile a quella che stiamo vivendo oggi: un’epoca di profondi cambiamenti, di fine impero. Il linguaggio è quello in uso all’epoca di Gesù, fatto d’immagini da interpretare correttamente, non da prendere alla lettera. Gli astri, nella Bibbia, non indicano il cosmo, ma le divinità pagane. Nel mondo che circondava Israele, il sole non era un astro ma una divinità. La luna era una dea, il sole, un dio, e le stelle, i potenti della terra.
A leggerlo bene è un messaggio di speranza che non spaventa ma, anzi, rassicura: stanno per cadere gli astri venerati dalle religioni pagane. Tutte le strutture di potere prima o poi crollano ma la piccola fede cristiana è protetta dal suo Signore: non ha nulla da temere.
Predicazioni medioevali e film fantasiosi ci hanno rappresentato la fine del mondo come un furore di fiamme e distruzione. Il vangelo, che è “buona notizia”, ricorda che la storia non va verso il nulla ma verso l’incontro con il Dio della vita. Ci attende la nostra realizzazione. Il mondo non sta precipitando nel nulla, ma tra le braccia di Dio.
Fiducia
Gesù non vuole terrorizzare e non annuncia catastrofi ma invita a guardare la vita di adesso con occhi nuovi. Se non viviamo da risorti qui, non risorgeremo nemmeno dopo. Tutta la vita, in fondo, è segnata dall’attesa. Noi però spesso confondiamo l’attesa con l’aspettativa. L’aspettativa accetta solo ciò che ha già stabilito, mentre l’attesa non ha un oggetto, è apertura all’imprevisto, è accoglienza dell’inaudito, insomma accetta tutto ciò che le viene incontro. L’aspettativa fa conto su di sé: siamo noi a decidere cosa è bene e cosa è male per noi, siamo noi a decidere cosa Dio deve darci. L’attesa, invece, si nutre di fiducia: crede che ogni arrivo abbia un senso, anche se non si comprende. L’aspettativa vuole tutto e subito: l’attesa, invece, sa che ogni cosa ha il suo tempo. L’aspettativa proietta nel futuro, illude che quando accadrà ciò che si aspetta, si sarà finalmente felici: l’attesa, invece, è vivere il presente, riconoscere che la felicità è una scelta, oggi. L’aspettativa genera ansia mentre l’attesa genera pace. Insomma, la vita vissuta nell’attesa non sarà l’involucro delle nostre paure, ma lo scrigno delle nostre speranze.
Attenzione
Gesù invita a fare attenzione. Ma cosa vuol dire “prestare attenzione”, ma soprattutto “a che cosa”? «State attenti a voi stessi». Hai compreso amico lettore? Non devi essere attento alle tentazioni, ma a te stesso. Devi prestare attenzione a ciò che sei, a ciò che ti abita e ciò cui sei chiamato a essere.
Letteralmente nel testo c’è scritto “guardate voi stessi”. La vita è l’occasione che c’è data per “guardare” dentro noi stessi e scorgervi le tracce di Dio. Amico lettore, stai attento a riconoscere i passaggi di Dio nella tua storia, perché Lui non si è ancora stancato di te. Se i nostri occhi e il nostro cuore guardassero con attenzione il mondo, si accorgerebbero di quanta bellezza siamo circondati. Certo, non mancheranno i momenti in cui cammineremo scoraggiati, con il cuore pesante, ma non ci abbandoni mai la certezza che questo mondo contiene Lui, che è più grande di noi. Questo mondo, nel grembo, porta un altro mondo. L’angoscia non è una buona maestra per capire la storia, è importante sollevare la testa, scrollarsi di dosso la disperazione e prepararsi alla grazia che viene. Dio continua a passeggiare per le nostre strade, ma non come crediamo o pensiamo noi, perché Dio non è mai come lo aspettiamo, «perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (Is 56,8). Se non ci aspettiamo nulla, non ci sentiremo delusi e avremo tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Insomma non stabiliamo a priori come Lui dovrebbe venire: lasciamo aperta la porta e lasciamoci sorprendere.
Malattie
Ecco le tre possibili malattie del cuore: la dissipazione, l’ubriachezza e l‘affanno.
Viviamo dissipati quando sciupiamo, sprechiamo ciò che è prezioso. Il rischio è riempire la vita di cose che non hanno valore, vivere una vita vuota, inconsistente.
Viviamo da ubriachi quando consumiamo i giorni nella superficialità, facendoci vivere addosso, quando ricerchiamo un piacere per soddisfare i nostri bisogni: viviamo solo il presente, senza passato né futuro. L’ubriachezza spirituale fa pensare a tutto ciò che provoca ebbrezza e attenua la capacità di agire con ragionevolezza.
Viviamo affannati quando corriamo agitati da un’attività all’altra alla ricerca di qualcosa che, sappiamo, non ci soddisferà mai. Le preoccupazioni eccessive strappano la speranza. Il cristiano non si lascia turbare dagli eventi, anche quelli più dolorosi, ma vive tutto alla presenza di Dio.
Davanti a tutto questo, Gesù avverte: «State attenti». Amico lettore, non sarà forse il caso di fermarti o almeno rallentare ogni tanto?
Vegliate
«Vegliate in ogni momento pregando». La grande tentazione è di addormentarsi, sonnecchiare, magari guardando al passato, dimenticando che il Signore c’incontra nel momento presente. Attenzione: la vigilanza cui richiama il vangelo non è vivere sulla difensiva come se fossimo in attesa di una tragedia. Vigilanza è non perdersi un solo frammento di vita perché prezioso, unico, irripetibile. Potrebbe essere l’ultimo, perché sprecarlo? Non si tratta di avere occhi aperti sul vuoto, ma avere lo sguardo del cercatore di orme, perché da qualche parte Dio è passato, e da qualche parte si è fermato.
Kairos
E se anche Dio fosse in attesa? Mi piace pensare che la storia sia colma di due attese: quella dell’uomo che attende il ritorno del Signore e quella di Dio che attende il ritorno dell’uomo. Scrive Atanasio di Alessandria: «Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio». L’attesa dell’uomo però è scandita dal “kronos”, lo scorrere delle ore. Noi possiamo trasformare questo tempo in “kairos”, colmandolo di noi stessi, della nostra vita, della nostra consapevolezza di esistere, di amare, di operare, di sperare.
La bella notizia di questa Domenica? Il Signore viene, ancora, per noi. Dio non si è ancora stancato dell’uomo. Lasciamoci sorprendere dalla Sua fantasia.
Fonte: il blog di Paolo de Martino | CANALE YOUTUBE | PAGINA FACEBOOK