Erano 613 i precetti che il pio israelita era tenuto ad osservare, al tempo di Gesù.
Dalle dieci parole consegnate a Mosè si era giunti a questa selva di leggi e leggine…
365 erano proibizioni, uno per ogni giorno dell’anno, e i rimanenti erano precetti positivi, uno per ogni osso del corpo umano, secondo la conoscenza dell’epoca.
Le donne erano tenute solo all’osservanza dei primi.
Il popolino non era in grado di ricordarsi tutti i precetti perciò i farisei e i dottori della Legge li consideravano peccatori irrimediabilmente persi.
La gente credeva che l’intero corpus delle norme provenisse direttamente da Mosè.
Molte volte, lo sappiamo, Gesù distingue la Legge di Dio da quelle derivanti dalle tradizioni degli uomini, ponendosi in aperto contrasto con i devoti del tempo.
Alcuni rabbini si rendevano conto dell’enormità della situazione e, più tolleranti, stabilivano un ordine gerarchico ma altri, più intransigenti, consideravano tutti i precetti ugualmente vincolanti.
Gesù risponde citando la bellissima professione di fede degli israeliti, lo “shema Israel”, la preghiera che ogni ebreo recitava al mattino e alla sera.
Cosa è importante nella vita del fedele? Amare
Amerai Dio con tutto, con tutto, con tutto.
Per tre volte Gesù ripete che l’unica misura dell’amore è amare senza misura.
L’amore cioè, avviene a tutti i livelli, con tutte le parti di noi, altrimenti non è amore.
Amare con tutte le forze: al meglio delle proprie capacità, delle proprie possibilità, della propria esperienza e del proprio carattere.
Troppe volte incontro persone che si lamentano di non esser capaci di amare.
È vero, può accadere che la vita ci bastoni o che ci troviamo con un pessimo carattere. Siamo chiamati ad amare nella concretezza di ciò che siamo, non di ciò che vorremmo essere.
Amare Dio con tutta l’anima: meglio sarebbe tradurre “con tutta la vita” senza schizofrenie, trovando Dio in ogni attività, in ogni esperienza, anche all’apparenza lontana, anche dolorosa.
Il cristiano è colui che fa unità nel proprio cuore, che fa il monaco, l’unificatore, che trova una ragione che tiene legate tutte le cose.
Quanto è triste vedere dei cristiani che tirano Dio fuori dal cassetto solo quando serve!
Amare Dio con tutta la mente: con intelligenza, studiando, approfondendo le nostre ragioni. È impensabile trovare dei credenti che nel tempo in cui tutti devono studiare vent’anni per avere uno straccio di lavoro, pensano che la fede si riduca ad un’emozione e non sanno dare ragione della speranza che è in loro!
Si può comandare d’amare? No, certo.
Esiste un comandamento prima del primo, il comandamento zero che ci deriva dall’intera Scrittura: lasciati amare!!! Allora il nostro amore diventa una risposta.
La risposta. Ama con tutto, dice la preghiera. Con tutto ciò che sei, con tutto ciò che puoi.
Se ti scopri amato puoi davvero amare Dio. Puoi osare dando tutto te stesso.
Come vorrebbe fare l’innamorato.
Insomma… è’ perché sei amato diventi capace di amare.
Ama con l’emozione e la passione, ama con la forza e la concretezza, ama con intelligenza.
Ama meglio che puoi.
Perché puoi amare dell’amore con cui sei amato.
Gesù si affretta a dire che in realtà ne esiste un secondo: «Amerai il tuo prossimo come te stesso», ma che è simile al primo .
Nel senso che questo non aggiunge nulla al primo, ma lo specifica.
Si ama Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, amando chi si fa a me prossimo.
Si affretta a specificarlo, perché il dottore della Legge, ossia ciascuno di noi, non s’illude che basti un cuore infiammato per Dio per essere uomini di Dio.
Non è sufficiente osservare tutta la sua legge, per essere effettivamente suoi.
Ormai Dio e il fratello sono posti sullo stesso piano.
L’amore che scopri in te ti è sufficiente per amare tutto e tutti. Dio e gli altri.
Perché l’amore non si divide ma si moltiplica e si amplifica.
Ami Dio ritrovando il suo sguardo in quello dei fratelli.
Ami i fratelli con l’amore che hai scoperto di avere nel cuore.
Non esiste più, in Dio, il rischio di odiare gli altri nel suo nome, di inventarsi dei nemici.
Da 2000 anni umano e divino sono fusi in uno stesso cuore, quello di Cristo.
Di più: divento capace di amare gli altri con l’amore che mi proviene da Dio solo se, alla luce dell’infinita tenerezza e compassione del Signore, imparo ad amare me stesso riconoscendo le mie ombre, accogliendo la luce che mi è donata.
Chi è il prossimo? Quello che ti si fa accanto, quello che incontri, quello che ti sorprende dall’esterno, e che non ti saresti mai atteso. L’insospettabile e l’inattesa presenza che ti chiede di entrare in relazione con te.
Gesù non aggiunge nulla di nuovo: il primo e il secondo comandamento sono già scritti nella Bibbia. Eppure dirà che il suo è un comando nuovo.
Dove sta la novità? Sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l’unico comandamento. Amerai l’uomo… è simile ad amerai Dio!
Il prossimo è simile a Dio. Questa è la rivoluzione di Gesù.
Il prossimo ha il volto, la voce e il cuore simili a Dio.
Il volto dell’altro è da leggere come un libro sacro.
Il prossimo ha volto e voce e cuore simili a Dio, è terra sacra davanti alla quale togliersi i calzari, come Mosè al Roveto ardente.
Per Gesù non ci può essere un amore verso Dio che non si traduca in amore concreto verso il prossimo.
Ma quale difficoltà arrivare ad amare Dio in questo modo, si dirà!
Attenzione: il comandamento è «Tu amerai in questo modo» e non «ama ora in questo modo».
Il verbo dell’amore è coniugato al futuro; l’imperativo può fare tanto del male nelle relazioni di amore.
L’amore richiede un lungo apprendistato: tu arriverai ad amare compiendo pian piano questo amore nel lento e faticoso esercizio dell’amore quotidiano.
L’erba per crescere necessita di molto tempo, se tirata si strappa…
La bella notizia di questa Domenica? L’amore di Dio è incondizionato: senza condizioni, senza premi, senza meriti. Quando ameremo così, conosceremo il prezzo e la bellezza dell’amore.
AUTORE: Paolo di Martino
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