Se ci riconosciamo ciechi, riusciremo a vedere
E’ l’ultimo dei miracoli raccontati da Marco. E’ l’ultimo, il definitivo prima di entrare a Gerusalemme. Come a dire che per comprendere il senso della croce abbiamo bisogno di guardarla con gli occhi della fede. Il cieco torna a vedere mentre i discepoli restano ciechi perché avere gli occhi, non vuol dire che uno veda.
Questo cieco che mendica è icona di ogni uomo che mendica luce, compassione.
Marco descrive non solo il racconto di una guarigione, ma anche il prototipo del discepolo e del suo cammino: l’ascolto, la preghiera, la chiamata, l’incontro personale con Gesù e la sequela. Marco descrive anche la dimensione fisica della sequela: racconta di orecchi che ascoltano, della bocca che grida e prega, di mani che liberano il mantello, di piedi che corrono per andare incontro a Gesù e di occhi che vedono.
E’ l’unico discepolo, nel vangelo di Marco, che segue Gesù nel cammino della passione a occhi aperti. Poi, sul Golgota, sarà il centurione, il primo a “vederci”. Il giorno dopo la morte saranno le donne “a vederci”. Gli apostoli arriveranno “a vedere” dopo, molto dopo. La storia di Gesù di Nazareth è la storia di uomini che sono rimasti ciechi, non sono riusciti a vedere, non sono riusciti a penetrare il mistero.
Gesù si allontana da Gerico ma sente un uomo gridare. E’ Bartimeo che non vuol dire altro che “figlio di Timeo” (per il vangelo non avere nome vuol dire non avere identità).
E’ cieco ma cosa non vede? Quest’uomo non crede alla possibilità di essere autonomo, mendica perché ciò che non si vede in se lo si chiede agli altri.
Al passaggio di Gesù, grida il cieco: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me“.
Nel grido c’è forza, bisogno, dolore. La preghiera autentica assomiglia al grido di quest’uomo: annaspando sentiamo la possibilità di un cambiamento che può capovolgere la vita.
Bartimeo vuole uscire dalla propria situazione, vuole venirne fuori e sarà questa fede che lo salverà.
La folla però lo vuole zittire. Chi è vicino, spesso, invece di aiutarti a vivere ti aiuta a morire.
Marco usa l’arma dell’ironia. La folla che sembra vederci, condannerà Gesù qualche giorno dopo. Quest’uomo che non vede, lo riconosce e lo chiama: “Figlio di Davide”.
La folla lo zittisce, lui urla più forte (il verbo, all’imperfetto, rileva il suo continuare a urlare). Insomma non si arrende, non si rassegna. Marco ci sta ricordando che se non crediamo con tutte le forze, nulla accadrà. C’è dato quello che crediamo. Se non crediamo di poter cambiare, non cambieremo. Se non crediamo al nostro sogno, non lo raggiungeremo. Se non crediamo nella forza del nostro cuore, non ameremo. Se non crediamo nel Dio che abita in noi, non saremo mai felici.
Amici, non chiediamoci se vogliamo una cosa, ma quanto la vogliamo, quanto siamo disposti a giocarci, a osare, a lasciarci coinvolgere.
Gesù si ferma (è l’unico caso, nei vangeli, dove Gesù è fermato da qualcuno) e lo chiama.
«Coraggio! Àlzati, ti chiama!». In queste tre parole che la folla dice a Bartimeo si nasconde il nostro triplice ministero.
Coraggio! Siamo chiamati a dare speranza innanzitutto, a tutti coloro che gridano un dolore.
Alzati! Siamo chiamati a rimettere in piedi, far ripartire coloro che sono seduti o addirittura sdraiati.
Ti chiama! Siamo chiamati a far ascoltare la Sua voce.
Ecco la missione di ogni discepolo: dire a ogni uomo “coraggio, alzati, ti chiama”.
La fede è moltiplicazione di vita, un eccesso illogico e bello, vita in pienezza.
Di fronte a un desiderio così grande Gesù cambia i suoi piani.
Bartimeo getta via il mantello, balza in piedi (lett. “si lanciò”) e va da Gesù.
La folla prima lo aveva sgridato, ora lo chiama perché vada da Gesù. Si fa presto a cambiare idea sulle cose di Dio.
Gesù “lo vede”, ecco perché Bartimeo ha la forza di fare quello che prima non aveva mai fatto. Quando avvertiamo di essere importanti per qualcuno, la vita cambia. Abbiamo tutti bisogno di sentirci importanti per qualcuno, abbiamo bisogno che qualcuno ce lo dica, abbiamo bisogno di essere visti.
Gesù gli fa la stessa domanda che aveva fatto poco prima a Giacomo e Giovanni: “Che cosa vuoi che io ti faccia?“. I due apostoli avevano chiesto gloria, potenza; Bartimeo chiede di vederci.
Inutile chiedere a Dio cose materiali, perché non può darle. Dio non può dare soldi, non può dare salute; non può dare ricchezza. Dio può concedere fiducia, consapevolezza, luce. Il problema è che spesso la gente non sa cosa farsene di tutto questo.
La domanda di Gesù a Bartimeo fa sorridere: “Gesù, è cieco, cosa vuoi che voglia?”. La domanda, invece, non è per niente ovvia. Gesù vuole sapere se l’uomo vuole guarire.
Bartimeo risponde: “Che io veda di nuovo!”. Il verbo (anablepo) indica “il vedere in su, l’alzare lo sguardo”.
Il vangelo finisce con un’annotazione: “E lo seguiva lungo la strada“. Tutti lo seguono ma di nessuno di loro si dice che lo seguiva, se non Bartimeo.
Tutti credevano di vederci, ed erano ciechi. L’unico cieco ci vedeva benissimo.
Amici, tutti abbiamo dei desideri che portiamo nel cuore e davanti a Dio. Il problema è vedere se questi desideri sono secondo lo Spirito. Quante volte mi capita di sentire persone arrabbiate con Dio perché non ha realizzato le loro richieste e penso: per fortuna! Non basta chiedere, bisogna chiedere le cose giuste, le cose che ci rendono felici. Cose che sono custodite nel cuore di Dio. Molti cristiani si costruiscono il loro futuro, progettano la loro vita e chiedono a Dio di mettere semplicemente il timbro alle loro richieste. Per molti cristiani questa è la preghiera: un po’ riduttivo, non vi pare?
In tutta la sua vita, Gesù ha educato il desiderio dei suoi discepoli. Li ha portati per mano a imparare cosa desiderare alla luce della Parola.
Gesù ha chiamato i dodici a stare con Lui proprio per plasmare i loro desideri attraverso la nuova logica del Regno, la logica dell’amore.
Amici, la stessa domanda rivolta al Bartimeo, è rivolta a noi.
Tocca a noi evangelizzare i nostri desideri e lasciarci trasformare dalla Parola.
Tocca a noi uscire allo scoperto come Bartimeo.
Tocca a noi affrontare quella situazione che continuiamo a rimandare.
Tocca a noi riconoscerci ciechi.
La bella notizia di questa Domenica? Se ci riconosciamo ciechi, avremo la luce. La nostra vita continuerà come prima, ma vedremo la realtà alla luce del vangelo, con gli occhi di Dio.
Fonte: il blog di Paolo de Martino | CANALE YOUTUBE | PAGINA FACEBOOK