Paolo de Martino – Commento al Vangelo di domenica 23 Maggio 2021

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AUTORE: Paolo di Martino FONTE: Sito web SITO WEB CANALE YOUTUBE PAGINA FACEBOOK


Eccoci giunti alla fine del tempo di Pasqua. Sono trascorsi 50 giorni da quella Domenica. Pentecoste è una parola greca che significa cinquantesimo giorno e si celebra, infatti cinquanta giorni dopo Pasqua. Per gli antichi il 50 era il numero della pienezza di un tempo.
A 50 anni a Roma si era dispensati dal servizio militare mentre per gli ebrei il cinquantesimo anno era l’anno del giubileo. Allora la Pentecoste indica che un tempo è finito. Il tempo del Gesù storico e delle sue apparizioni è finito e si apre il tempo della Chiesa. Insomma adesso tocca a noi.

Cos’era successo? Gesù era asceso. Aveva chiesto ai discepoli di continuare a fare quello che lui aveva fatto: annunciare la bella notizia di un Dio che ama l’uomo in modo folle e gratuito.
Gli apostoli erano scoraggiati, impauriti, delusi. E si chiesero: “E adesso, che si fa?”.
Quante volte ci troviamo in questa situazione e diciamo: “E adesso che si fa?”.

Abbiamo bisogno di un aiuto. Abbiamo bisogno del Suo amore, dello Spirito santo! Pentecoste è fidarsi di Gesù che dice: “Uscite, non abbiate paura, adesso avete la forza per farlo. Il mio Spirito è dentro di voi”.
Immagino che molti di voi stiano cercando di ricordare qualche traccia lasciata dal catechismo della Cresima, per trovare qualche informazione su questo illustre sconosciuto che è lo Spirito Santo. Magari troverete qualche bella definizione, ma lo Spirito ci tiene ad essere riconosciuto per quello che fa, più che per quello che si dice di Lui.
Insomma lo Spirito Santo non è una cosa, ma una persona, una presenza perché l’Amore è una persona, una presenza. L’Amore non possiamo definirlo.

Quel giorni gli apostoli fecero un salto qualitativo. A livello materiale, Gesù non lo videro più come prima ma a livello spirituale lo avevano dentro di loro come amore, coraggio, passione.
La Pentecoste è l’invito ad ogni uomo di trasformare il materiale in spirituale.
Tutto è spirituale per chi ha lo Spirito nel cuore.
Tutto è materiale per chi eleva il suo cuore.
Spirituale non vuol dire disincarnato, fuori del mondo.

Quando immaginiamo una persona spirituale pensiamo ad un monaco, un eremita che vive pregando tutto il giorno. La persona spirituale non è quella che prega molto, o fa cose religiose, frequenta la chiesa, o fa molti pellegrinaggi.
La persona spirituale vive facendo emergere ciò che le abita dentro. E’ un modo di vivere.
Lo Spirito non è nient’altro che il modo con cui Dio abita in noi.
Madre Teresa, una volta, disse ad un giornalista: “Vede, io Dio lo vedo chiaramente. E’ qui in questo uomo che soffre o in quello lì, di quel letto lì, abbandonato da tutti. Dio è in me, Dio è in lei. Se lei non lo vede, non è un affare mio. Per me la cosa è così evidente!”.
Ogni cosa è materia e spirito, luce ed energia.
Tutto è materia o tutto è spirito. Dipende da cosa vedi tu.

Materia è il pane che poniamo sull’altare. Spirito è quando io vedo in quel pane, Cristo.
Materia è quando al mattino vedo dinanzi solo un altro giorno di lavoro.
Spirito è quando vedo un’altra opportunità per amare ed essere amato.
La stessa vita può essere terribilmente materiale o meravigliosamente spirituale.
Tutto può essere materia o spirito, dipende dal mio cuore.
Con la Pentecoste, la presenza stessa di Dio fa un salto di qualità.
Non più il Dio “dinanzi a noi” (il Dio dell’A.T.) non solo il Dio “con noi”, (L’Emmanuele, il Dio del N.T.) ma addirittura il Dio “in noi”.
Che bello! Siamo diventati la casa di Dio!

Da quel giorno non facciamo più le cose “per” Dio ma possiamo fare le cose “di” Dio.
Da quel giorno non “dobbiamo” più amare, ma “possiamo” amare.
Gesù non darà nessuna istruzione sulle cose da fare (il Vangelo non è un manuale di comportamento!). I dieci comandamenti dicevano concretamente cosa fare e cosa non fare. Le otto beatitudini cristiane indicano un cammino, una direzione. Questa e la bellezza, il fascino ma anche la fatica del cristianesimo. Ora però possiamo vivere secondo Dio!
Come essere docili allo Spirito? Quattro atteggiamenti.
“Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo”

Per preparaci alla comunione con Dio dobbiamo decidere di tornare uniti. E’ una scelta!
Non ci sarà nessuna Pentecoste se non decidiamo di ritornare a pensarci insieme, di riconoscere che il nostro destino è legato a quello di chi ci sta accanto. E’ il “noi” che ci salverà.
“Erano assidui e concordi nella preghiera”
Torniamo a pregare! A mettere al centro della nostra vita un dialogo costante con Dio. Pregare non è dire preghiere. Pregare significa far maturare lo Spirito che è già nel nostro intimo e che reclama solo di potersi manifestare. Pregare però non solo con assiduità, ma “concordi”, cioè “con un cuore solo”. Insomma, dobbiamo tornare ad ascoltarci.
“Erano assidui e concordi nella preghiera con Maria”

Spesso, la presenza di Maria nella nostra vita è una presenza devozionale, decorativa. La Pentecoste rivela la sua presenza decisiva. E’ bello pensare che Maria sia la fessura attraverso cui lo Spirito Santo irrompe. Maria, nella Pentecoste, ci riporta a una bellezza di fondo. Un pò come quando nostra mamma ci faceva andare a scuola ordinati e con i vestiti puliti. Ci sentivamo addosso la cura e l’amore di qualcuno.
A volte incontro comunità non particolarmente belle semplicemente perché ci si è dimenticati della maternità di Maria, o peggio, ce se ne ricorda con devozionismo, cioè senza che incida in modo esistenziale.
“Come di vento che si abbatte gagliardo”

Lo Spirito è vento, uragano, è più forte delle nostre divisioni e chiusure. Quando ci sentiamo angosciati e impotenti, ricordiamoci della potenza dello Spirito. Lo Spirito è più forte della nostra depressione, della nostra rassegnazione, della nostra incapacità.
La bella notizia di questa Domenica?
È lo Spirito che guida la Chiesa, nonostante gli uomini facciamo di tutto per ostacolarlo. Tranquilli, lo Spirito continuerà a soffiare. Alziamo le vele e lasciamoci guidare.

Fonte: il blog di Paolo de Martino