AUTORE: Paolo di Martino FONTE: Sito web SITO WEB CANALE YOUTUBE PAGINA FACEBOOK
Sono giorni difficili per i discepoli. Giorni impastati di paura, dubbio e il Risorto si fa nuovamente presente in mezzo a loro. E come reagiscono? Ancora una volta sono sconvolti e pieni di paura. Per loro è un fantasma (la traduzione non è “fantasma”, ma “spirito”). Quanto li sentiamo vicini questi discepoli impauriti. Quanta fatica facciamo anche noi a riconoscere il Risorto presente nella nostra vita. Eppure Dio non si stanca e continua a venire, apposta per noi.
Davanti all’incredulità, Gesù insiste: “Sono proprio io!” (letteralmente dice “Io sono”,il nome di Dio). A dire che la morte non ha interrotto la sua esistenza, ma fa manifestare nella pienezza la sua condizione divina.
Gesù dice: “Toccatemi, guardate le mie mani, i miei piedi”.
Avrebbe potuto operare un miracolo strabiliante, invece no! Non smette di stupirci. Il Risorto, invita a toccare e guardare i segni della passione. Quello è il tratto distintivo della sua presenza. E’ proprio il legame della Croce con la Resurrezione che ci dice lo specifico dell’annuncio della Pasqua. La “buona notizia” non è solo che un morto è ritornato in vita, ma che il Figlio di Dio che ha donato la vita per amore sulla Croce, ha sconfitto la morte e che il suo amore ha fatto esplodere di vita il sepolcro!
E per farne esperienza abbiamo bisogno di toccare con le mani e vedere con il cuore. Non basta che gli altri mi raccontino.
Sapete perché molta gente dubita? Perché non ne ha fatto esperienza, perché non l’ha incontrato, non l’ha toccato, non si è lasciata coinvolgere. La fede è un incontro, altrimenti rimane un’ipotesi, un dubbio. Ma come in un’esperienza di amore, la fede è un cammino, che va avanti per gradi. Noi siamo figli del “tutto e subito” ma tutto è graduale nello spirito perché tutto è graduale nell’amore. La perseveranza, la gradualità in amore dice quanto vogliamo una cosa (quanto cioè siamo motivati) e ci permette di gustare giorno per giorno ogni passaggio, ogni situazione.
Per un’intera vita cerchiamo certezze, e quando il Signore ce ne dà una noi reagiamo con la paura. Siamo così abituati alle cose negative che quando ci succedono quelle positive ci domandiamo immediatamente quanto poco durerà. Quando siamo troppo felici possiamo pensare che tutto sia “troppo bello per essere vero” e che prima o poi verrà fuori una fregatura nascosta. È triste ma vero. Quando godiamo una vita felice e ci capita qualcosa di spiacevole la prima reazione è: “dovevo aspettarmelo, non poteva andarmi tutto bene!”. Non siamo abituati alla Pasqua. Siamo allenati al venerdì Santo, ci sentiamo più a nostro agio davanti al Crocifisso che davanti al sepolcro vuoto. Siamo più in sintonia con la Sua sofferenza che con la Sua vittoria. Eppure siamo cristiani in virtù proprio di questa vittoria. Amici, dobbiamo lasciarci convertire da questa vittoria!
Luca descrive tre strade per arrivare ad incontrare il Risorto.
La prima è l’incontro con le proprie ferite. Gesù per farsi credere chiede di guardare dentro le sue ferite. Dovremmo for trovare il coraggio anche noi di fare la stessa cosa.
Guardare nelle nostre debolezze ci farà scoprire la potenza nascosta e imprevedibile della Pasqua. Dio agisce proprio nella nostra debolezza. Noi facciamo difficoltà ad incontrare il Risorto nella nostra vita perché pensiamo che se ci fosse noi non saremmo così deboli, feriti. Se guardassimo al fondo delle nostre debolezze e delle nostre ferite ci accorgeremmo che Dio è proprio lì, e lì vorrebbe essere riconosciuto e accolto.
La seconda strada è l’amicizia. Gesù mangia con gli apostoli. Gesù amava stare a tavola, perché a tavola si creano legami di amicizia, di confidenza, di intimità fra le persone.
Sentiamo vivo il Risorto quando riusciamo ad aprirci e ad aprire il nostro cuore.
La terza strada è la comprensione delle Scritture. Abbiamo bisogno di comprendere la nostra storia, di comprendere il filo rosso che lega i nostri giorni, perché allora troviamo un significato e quando si ha un senso per vivere possiamo affrontare qualunque situazione.
Ma Gesù aprì loro la mente per comprendere le Scritture (la Legge, i Profeti e i Salmi).
Noi abbiamo bisogno di comprendere il vangelo e la Bibbia. C’è molta ignoranza a riguardo. S. Girolamo diceva: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Fino al concilio vaticano II non si poteva neppure leggere!
Oggi c’è ancora chi crede all’esistenza storica di Adamo ed Eva, di Caino e di Abele o dei patriarchi così com’è scritto nella Bibbia. C’è chi crede che il vangelo sia la telecronaca di quanto Gesù ha detto e fatto, come se ci fosse stato un giornalista che ne abbia riportato puntualmente ciò che avveniva. Abbiamo bisogno di comprendere, di capire, di andare in cerca della verità. Ma perché questo venga capito, scrive Luca, occorre aprire la mente. Una mente chiusa non può comprendere questa novità. Cosa vuol dire questo? La scrittura va interpretata con lo stesso spirito che l’ha ispirata. E qual è lo spirito? L’amore di Dio per le sue creature.
Dobbiamo costruire comunità fondate sulla Scrittura e non sulla creduloneria.
Non dobbiamo temere di scandalizzare qualcuno perché dove c’è buio, ignoranza, lì non si può costruire nulla. Per annunciare il Risorto, abbiamo bisogno che la Parola illumini la nostra intelligenza. Abbiamo il dovere di leggere la Bibbia, approfondirla, pregarla. Altrimenti cosa annunciamo? Tornare al vangelo è fare esperienza del Risorto, perché il Gesù dei vangeli ti riscalda il cuore, ti infiamma l’anima, ti appassiona perché il vangelo non è un libro da leggere ma una persona da incontrare e da far entrare dentro di te.
Ma poi c’è la missione. Il Risorto, aprendo le menti dei discepoli all’intelligenza delle scritture dice: “Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati”. Bellissimo: l’annuncio, per un cristiano, non è un dettaglio! La nostra non è una fede intimistica come altre religioni orientali. La missione è parte integrante della salvezza.
Il Risorto invita anche noi ad annunciare che Lui è vivo e che siamo discepoli di un Dio innamorato e non sudditi di un Dio castigatore.
Siamo chiamati ad essere trasparenza di Dio. In ufficio, a scuola, per strada, al mercato, abbiamo questa “bella notizia” da condividere.
Questo non è un optional della fede, ma una delle sue caratteristiche fondamentali. Come possiamo, come siamo capaci, non lasciamoci sfuggire nessuna occasione, a volte basta solo un sorriso perché l’altro possa incontrare Dio.
La bella notizia di questa Domenica? In ciò che sembra un fallimento, una ferita, possiamo trovare i segni più convincenti della verità della Pasqua.
Fonte: il blog di Paolo de Martino