AUTORE: Paolo di Martino FONTE: Sito web SITO WEB CANALE YOUTUBE PAGINA FACEBOOK
Giovanni inizia il suo racconto presentando la settimana inaugurale della vita pubblica di Gesù, quei giorni nei quali Gesù ha incominciato ad apparire come un rabbi predicatore.
In questo brano c’è un bellissimo gioco di sguardi.
Prima Giovanni Battista fissa lo sguardo su Gesù.
Alla fine del brano è Gesù che fissa lo sguardo su Pietro.
Poi c’è Gesù che si volta e vede che lo seguono e dice: “Venite e vedrete”.
E i due discepoli, come conseguenza, “andarono e videro”.
Per capire il Vangelo di oggi bisogna cercare di guardare Gesù negli occhi.
Per riconoscere Dio che passa non basta guardare, occorre fissare lo sguardo, fermarsi lungamente.
Gli occhi dicono di una persona molto di più che tutte le sue parole.
Perché gli occhi sono lo specchio dell’anima (e non è solo un modo di dire!).
Guardare negli occhi di una persona significa poter vedere la sua anima.
E’ per questo che quasi mai ci guardiamo negli occhi, perché è come dirci: “Io non guardo dentro di te, e tu non guardare dentro di me”.
L’amore funzione così: uno sguardo che ti entra dentro e vede ciò che tu non vedi.
Sembra che l’intreccio degli incontri tra Giovanni, Gesù e i discepoli, sia governato dalla casualità: “per caso” Giovanni stava lì con i suoi discepoli e “per caso” Gesù passa proprio davanti a loro.
Molti incontri nei Vangeli sembrano essere accaduti “per caso”, senza essere programmati. Noi ci illudiamo di tenere al guinzaglio la nostra storia ma alcuni eventi non sono nostri.
Le cose di Dio accadono e bisogna essere pronti a riconoscerle, ad accogliere.
Giovanni non era lì per aspettare Gesù, ma appena lo vede non se lo lascia sfuggire!
Ci sono due domande: “Che cercate?” e “Dove abiti?” e una risposta: “Venite e vedrete”.
“Che cosa cercate?”, chiede Gesù.
La Bibbia come amo ripetere è il libro delle domande non è il libro delle risposte.
Gesù inizia la sua predicazione con una domanda provocatoria, che non lascia spazio alle banalità della retorica religiosa, che ci sveste dalle nostre certezze e ci obbliga ad andare al cuore della nostra ricerca e dei nostri desideri.
Sono le prime parole del Gesù storico, prime parole del Cristo Risorto: Donna, chi cerchi? Domande. La storia del rapporto tra Dio e l’uomo è una storia di domande e di ricerca. «Prima di correre a cercare risposte vivi bene le tue domande» (Rilke).
Con questa domanda Gesù si rivolge ai nostri desideri profondi, fa appello non all’intelligenza, ma al cuore.
La stessa domanda la pone a noi oggi?
Cosa cerchi nella fede? Consolazione, rifugio? Perché vai a Messa? Per paura di Dio? Perché speri che poi si ricordi di te?
Perché sei cristiano? Per abitudine, per tradizione?
Domande toste che lubrificano la nostra fede!
Gesù non chiede sacrifici, rinunce, impegni e sforzi. Ci chiede di entrare dentro noi stessi, di conoscere il nostro cuore, per capire che cosa appaga profondamente la nostra vita.
“Dove abiti?”, chiedono i discepoli.
Mi piace questa risposta perché svela il desiderio profondo che questi uomini si portano nel cuore. Non cercano informazioni religiose e non ambiscono a indottrinarsi con le parole del maestro di turno. Desiderano invece un incontro, una relazione.
Può capitare di vivere senza vederlo più, senza sentire più il gusto delle cose che facciamo, senza capire fino in fondo il valore delle cose che ci accadono. E allora è salutare chiedergli: “Dove sei? Dove ti troviamo? Dacci un posto sicuro dove poterti venire a cercare quando ti perdiamo di vista”.
Mi chiedo quanto nelle nostre comunità è ancora vivo questo desiderio, questa passione di incontrare Gesù e di fare l’esperienza incandescente della Sua presenza. Forse facevamo tantissime attività (troppe!) e correvamo avanti e indietro senza chiederci se quello che stavamo facendo ci avrebbe davvero portato a incontrare (e far incontrare) Lui.
Questa pandemia può essere allora l’occasione per farci le domande giuste.
“Venite e vedrete” .
Questo è il centro della nostra fede: Vuoi sapere chi sono? “Seguimi!”.
Gesù non ha mai dato soluzioni, né pratiche da seguire non ha mai detto cosa fare o cosa non fare. Questa è la bellezza ma anche la fatica del cristianesimo.
Gesù ti propone un cammino. Se lo vuoi, lo percorri.
Gesù non ha fatto una catechesi. Ha detto solo: “Venite e vedrete”. Cioè: “State un po’ con me, venite a casa mia, ascoltate quello che dico, guardate quello che faccio”.
Gesù non ha mai costretto nessuno (né dobbiamo farlo noi).
Era un invito, una proposta e molti, infatti, non lo seguirono (ad esempio il giovane ricco) e si guardò bene dal rincorrerlo perché la fede, come l’amore, si alimenta della libertà.
Il cristianesimo non è una teoria o una serie di pratiche ma è un’esperienza, un rapporto, una relazione. Il cristianesimo è vita! I suoi discepoli li porterà in mezzo alla gente, in mezzo al dolore, in mezzo alla festa: insomma dovunque c’era la vita.
Gesù non lo troveremo mai nei palazzi, nelle sinagoghe (non ci poteva neppure più entrare, dice il vangelo!), nei luoghi dove la vita è fissata, già stabilita.
Lo troveremo solo dove la vita scorre perché è la vita che guarisce la vita.
Le norme, le leggi non hanno mai fatto cambiare nessuno. E’ l’amore che cambia i cuori!
Dio non si incontra solo in chiesa, ma nella vita. In chiesa lo incontri solo se la chiesa è vita.
L’annotazione finale di Giovanni è curiosa: “erano circa le quattro del pomeriggio”.
Giovanni dopo 60 anni ancora lo ricorda. Che bello!
Tutti, credo, ricordiamo il giorno in cui abbiamo visto per la prima volta l’amore della nostra vita, o ci siamo innamorati per la prima volta.
Ricordiamo il giorno in cui abbiamo fissato lo sguardo su di Lui?
Ricordiamo quell’incontro, quel ritiro, quell’evento nel quale ci siamo innamorati di Lui?
La bella notizia di questa Domenica?
Anche se non ricordiamo l’ora del nostro incontro con Dio è bello sapere che lui non lo ha dimenticato. Dio ricorda perfettamente la prima volta che ha sentito la nostra voce, che lo abbiamo chiamato papà.