Il presente è gravido di speranza
E’ un brano difficile, che non possiamo decodificare se non tenendo conto del suo genere letterario – quello apocalittico – e mettendo al centro della nostra lettura non la fine della storia, ma il fine. Insomma Gesù manda avanti il film della storia per farci vedere che il finale è bello. La storia andrà a finire bene.
Il Vangelo non parla della fine del mondo ma del senso della storia.
Una premessa: Quando parliamo delle fine del mondo, pensiamo subito alla fine del mondo in assoluto. Ma la Bibbia ragiona con categorie relative e storiche, più che assolute e filosofiche. Quando perciò parla della fine del mondo, intende il mondo concreto, quello di fatto esistente e conosciuto da un certo gruppo di uomini: il loro mondo. Si tratta, insomma, più che della fine di un mondo, della fine del mondo, anche se le due prospettive a volte si intrecciano.
Quando Marco scrive questa pagina i cristiani vivevano le prime persecuzioni. La situazione era drammatica, il cristianesimo sembrava alla fine ancora prima di iniziare. Sembrava la fine del mondo o quantomeno di un mondo. Tutti i riferimenti (ecco il senso del sole, della luna e delle stelle) stavano crollando. I primi cristiani erano attanagliati dalla paura e dallo sconforto: “Gesù non era il Signore della storia? Non ha detto che “neanche un capello” del nostro capo sarebbe andato toccato? E perché tutti ci perseguitano, ci uccidono?”.
Amico lettore, Marco ti sta dicendo che ogni cosa, ogni certezza, ogni vita passa, Dio no.
Il cristianesimo si diffuse proprio quando sembrava svanire.
Continuiamo a fare l’esperienza drammatica del conflitto fra il bene e il male, percepiamo la bellezza e la fragilità dell’amore che ci abita, sentiamo in noi il desiderio di una giustizia che superi quella dei tribunali, e ci chiediamo cosa rimarrà di tutto questo, se davvero tutto l’amore seminato nello scorrere dei giorni portera’ ad un raccolto abbondante.
Questa è la promessa radicata nel cuore. Questa è la certezza della Parola che non passa, che non conosce ammuffimenti e vecchiaie.
Gli antichi guardavano il cielo meravigliati. C’era il sole che, grazie al suo calore, consentiva di vivere. C’era la luna con la sua presenza affascinante e misteriosa. C’erano le stelle simbolo dei bambini (da cui “nato sotto una buona o cattiva stella”), gli uomini e le persone care. Nel cielo gli antichi si orientavano: senza il sole, la luna e le stelle si sentivano persi.
Anche a noi può capitare di perdere i riferimenti, può capitare, davanti ad una perdita importante, davanti al crollo dei tuo riferimenti religiosi, di dire: “E’ un dis-astro” (cioè senza stelle). Eppure questo dis-astro è una grande possibilità, ma tutto dev’essere ri-messo in discussione; tutto il vecchio deve cadere perché qualcosa di nuovo possa nascere.
Quando camminiamo, ci separiamo da una posizione per andare verso un’altra. Ogni passo è un lasciare per prendere. Ogni nuovo passo è una crisi: lascio quello precedente per incontrarne uno di nuovo. Nella vita si cambia: si cambiano i vestiti, si cambiano gli amici perché le esigenze cambiano; si cambiano gli hobbies perché cambiano i nostri desideri; si cambia nel modo di amare, di educare. Ogni cambio costa fatica perché c’è qualcosa da lasciare affinché qualcosa di nuovo possa esserci.
La crisi (in greco krisis, vuol dire “separare”) è il momento in cui veniamo setacciati per far emergere l’essenziale. L’ideogramma cinese per dire crisi indica sia pericolo che occasione. Ogni crisi è pericolosa ma è anche una grande occasione.
La storia, quella del mondo ma anche la mia, è nelle mani di Dio e l’ultima parola su di essa sarà il trionfo del Risorto. L’universo non sta andando verso il nulla ma tra le braccia di Dio.
Nulla andrà perso. Ogni gesto d’amore verrà ritrovato nel cuore di Dio.
Oggi abbiamo bisogno di piccoli profeti che vivano con semplicità, il Vangelo nella vita quotidiana. Sono queste le stesse che riempiono le nostre giornate. Sono molti di più di quelli che crediamo: basta saperli vedere, basta alzare lo sguardo attorno a noi.
Gesù non vuole terrorizzare e non annuncia catastrofi ma invita a guardare la vita di adesso con occhi nuovi. Se non viviamo da risorti qui, non risorgeremo nemmeno dopo. Tutta la vita, in fondo, è segnata dall’attesa. Noi però spesso confondiamo l’attesa con l’aspettativa. L’aspettativa accetta solo ciò che ha già stabilito, mentre l’attesa non ha un oggetto, è apertura all’imprevisto, è accoglienza dell’inaudito, insomma accetta tutto ciò che le viene incontro. L’aspettativa fa conto su di sé: siamo noi a decidere cosa è bene e cosa è male per noi, siamo noi a decidere cosa Dio deve darci. L’attesa, invece, si nutre di fiducia: crede che ogni arrivo abbia un senso, anche se non si comprende. L’aspettativa vuole tutto e subito: l’attesa, invece, sa che ogni cosa ha il suo tempo. L’aspettativa proietta nel futuro, illude che quando accadrà ciò che si aspetta, si sarà finalmente felici: l’attesa, invece, è vivere il presente, riconoscere che la felicità è una scelta, oggi. L’aspettativa genera ansia mentre l’attesa genera pace. Insomma, la vita vissuta nell’attesa non sarà l’involucro delle nostre paure, ma lo scrigno delle nostre speranze.
“In verità non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute”. La frase è profondamente vera spiritualmente: “Non passerà questa generazione, cioè, non passerà la tua vita senza che questo accada”. La caduta di tutti i riferimenti avviene nelle nostre vite. Ma quando vedremo tutto questo non spaventiamoci perché non è la fine.
“Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno”. Non preoccupiamoci se tutto cambia e si evolve, Dio resta per sempre!
“Quando tu vedi che il ramo del fico è tenero e mette le foglie tu sai che l’estate è vicina”. Tutto ciò che facciamo ha delle conseguenze. Molti “imprevisti” della vita, in fondo erano molto previsti. Da ciò che accade si capisce ciò che accadrà. Non sarà una sfortuna, una disdetta o una tragedia improvvisa, ma la logica conseguenza di ciò che sta avvenendo ora.
«Il tempo di questa vita mi è dato per scoprirmi acqua. L’acqua non si perde, si trasforma. Farà il suo cammino, forse diverrà un’altra goccia d’acqua, ma quella goccia sparisce e ciò che è chiamato a sparire quanto prima sparisce meglio è. Perché afferrarsi? Lascia andare» (Raimon Panikkar).
La bella notizia di questa Domenica? Il presente è gravido di speranza. Il presente è quel travaglio necessario da cui nascerà il mondo nuovo. La nostra speranza, statene certi, non rimarrà delusa.
Fonte: il blog di Paolo de Martino | CANALE YOUTUBE | PAGINA FACEBOOK