Paolo de Martino – Commento al Vangelo di domenica 12 Settembre 2021

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Chi sono io per te?

Siamo alla svolta nel vangelo di Marco. E’ il capitolo ottavo, il centro del suo vangelo composto di sedici capitoli.
La prima parte del ministero di Gesù era stata una grande delusione. I farisei e gli scribi in fondo si opponevano. Il popolo lo cercava semplicemente per vedere i segni miracolosi. I discepoli non ne parliamo.
I Dodici hanno tra le mani una grande carriera.
Immagino la scena: mentre camminano, si animano, discutono. Gesù, li ascolta magari sorridendo. Poi, ecco la domanda che nessuno si aspetta: «La gente chi dice che io sia?».

A Gesù ovviamente non interessa fare un’indagine. Non ci troviamo dinanzi al primo questionario della storia. Vuole portare Pietro e gli altri per mano a conoscere la loro risposta personale.
Ci si aspettava che qualcuno ritornasse da molto lontano, qualcuno dei personaggi biblici. A Gesù non interessa la risposta della folla, infatti, non replica neppure.
Interessanti le risposte di allora e di oggi. La folla ripete nomi di personaggi morti!
Elia, i profeti, Giovanni il Battista. Tutti personaggi scomparsi in circostanze misteriose, il cui cadavere non è stato più ritrovato e che secondo la tradizione sarebbero ritornati sulla terra in prossimità degli ultimi tempi.
Marco ci sta da dicendo che la fede rischia di essere il racconto di un’esperienza con una persona morta. Quando parliamo di Gesù di Nazareth, corriamo il serio rischio di ricordare “la buon’anima”, un personaggio, carismatico per carità, ma vissuto duemila anni fa che non ha molto da dire alla mia vita qui, oggi. La dicotomia tra fede e vita nasce qui.

Per la folla, Gesù pare fosse un morto ma la relazione con un morto non sarà mai in grado di trasformare un’esistenza.
Non possiamo essere discepoli per abitudine, con stanchezza.
Per molti la celebrazione eucaristica è prassi, costume, consuetudine.
Oggi molte chiese si svuotano ma la vera domanda da porci non è perché si svuotano ma di cosa le avevamo riempite! Stiamo finalmente passando da un cristianesimo sociologico, per convenzione a un cristianesimo di convinzione.
Per secoli abbiamo ridotto la scelta educativa religiosa a un’abitudine, a un “si deve”, a un “si è sempre fatto così”.
Il rischio di una fede acritica, senza convinzione, il maestro lo vede anche nei suoi apostoli.
Gesù allora pone la domanda in maniera diretta, a bruciapelo.
Agli apostoli, a Pietro (e a noi!) chiede: «Ma voi chi dite che io sia?».
A me, a te che stai leggendo Gesù cosa ti provoca?
I discepoli avevano assistito ai miracoli di Gesù. Adesso, come a scuola dopo una spiegazione, il Maestro verifica: “Vediamo cos’hanno capito…”.

La domanda inizia con un «ma». Pietro e gli altri sono invitati ad andare oltre.
Il discepolo non si accontenta di una fede per tradizione, “per sentito dire”.
Nessuno ama una persona “per sentito dire”.
Gesù non cerca definizioni, cerca persone. Cosa ti è successo quando lo hai incontrato?
Assomiglia alle domande che si fanno gli innamorati…Ti ricordi il giorno che lo hai incontrato per la prima volta? Ricordi il giorno del compleanno, dell’anniversario di fidanzamento, di matrimonio; ricordi il giorno del Battesimo? Quando hai ricevuto la prima comunione? Il giorno della cresima?

Il rischio è di avere la risposta confezionata: “Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio”. Affermazione “corretta”, ma lontana dal cuore! Gesù non ha bisogno dell’opinione di Pietro. Vuole sapere se Pietro è innamorato. Alla fine non a caso gli chiederà semplicemente: «Mi ami?» perché il nostro cuore, amici, può essere la casa di Dio o il suo sepolcro.

«Tu sei il Cristo». Ecco la risposta. Apparentemente è la professione di fede più bella che ci si potesse attendere dal capo degli apostoli.
E’ teologicamente perfetta anche se incompleta. Cristo è la traduzione greca del termine Messia, con cui gli ebrei designavano il misterioso liberatore di Israele annunciato dai profeti. Gesù però non è soltanto il Messia: è soprattutto il Figlio di Dio!
Sarà il centurione a dare la risposta completa sotto la croce!

Amara realtà: possiamo frequentare il Signore tutta la vita senza riconoscerlo.
Per questo Gesù: «Impose loro severamente di non parlare questo di lui».
“Caro Pietro”, avrà pensato Gesù, “tienitela per te questa risposta. Non dire a nessuno questa sciocchezza. Il tuo è un parlare demoniaco. Non è arrivato il Messia come tu lo intendi. Non è il Messia che divide buoni e cattivi, ebrei e non ebrei”.
Davanti all’incomprensione di Pietro, Gesù mostra ciò che significa essere Cristo: donarsi fino alla fine! Noi e Pietro allora ci chiediamo: ma come? E il Dio onnipotente che può tutto? Ai discepoli di ieri e di oggi, un Dio debole, sofferente e mortale, proprio non va giù. Amici, Dio è Amore per cui è onnipotente solo nell’amore! Sarà sulla croce che mostrerà la sua onnipotenza.
Ecco allora che Pietro esprime apertamente il suo dissenso: «lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo».

Pietro vive qui il momento della presunzione. Rimprovera Dio. E’ così sicuro da illuminare Gesù sul futuro che lo attende. Pietro gli dà dei suggerimenti su come dovrebbe comportarsi per essere veramente il Cristo. Non è questo, spesso, l’atteggiamento di fondo della nostra preghiera? Un ricordare a Dio come ci si deve comportare da Dio?
In fondo suggeriamo a Dio cosa deve fare…

il Signore lascia uscire dalle sue labbra un rimprovero che non aveva mai rivolto a nessuno, neppure al peggiore dei peccatori: «Va’ dietro a me, Satana!».
Povero Pietro, ci sarà rimasto male? Chissà, ma tra persone che si amano, funziona così, bisogna avere il coraggio di dirsi la verità, anche se fa male.
Gesù ora è pronto! Porterà i tre apostoli più riottosi (Pietro, Giacomo e Giovanni) sul monte per la trasfigurazione, anticipazione della sua futura risurrezione.

La bella notizia di questa Domenica? Con la sua domanda (“Ma voi, chi dite che io sia?”) e il suo invito ( “Se qualcuno vuole venire dietro a me…” ), Gesù ci fa intravedere che è possibile cambiare. Bisogna solo volerlo con tutto il cuore, allentare la presa su se stessi e allenare lo sguardo per non perdere di vista i passi del Maestro.

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