Paolo de Martino – Commento al Vangelo di domenica 1 Novembre 2020

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Una volta un ragazzo mi chiese: “Ma Paolo, Gesù sognava come noi?”.
In tutti i corsi di teologia non si era mai parlato dei sogni di Gesù…
Mi venne però spontaneo rispondere che certamente Gesù sognava proprio come noi e che il suo più grande sogno è che tutti gli uomini siano felici…cioè santi!

Santo, kadosh in ebraico, vuol dire “altro”. Dio è Santo perché è l’Altro, Colui che non puoi mai prendere, controllare, conoscere. Dio è troppo grande. Per questo si dice che Dio è un mistero: non lo puoi mai catturare, afferrare o possedere. Dio si può amare, cantare, seguire, pregare, invocare, ma non comprendere.
Nella nostra testa santo uguale a perfetto. Ma la perfezione (per-ficere, fare per un motivo, per uno scopo) non è la santità.
Siamo imperfetti per origine, quindi tentare di essere perfetti è impossibile a priori.
I farisei rispettavano tutte le 613 leggi della Legge: erano perfetti. Ma quei “perfetti” uccisero Gesù.
Il santo non è questa figura. Basta vedere il vangelo e guardare di chi si circondava Gesù.
Il santo è uno “altro”. Il santo è colui che ha la sua strada, che è “altra”, cioè diversa da tutte le altre strade. Lui fa la sua strada che è solo sua e di nessun altro.

Quando ti dicono: “Ma sei proprio diverso da tutti gli altri!”, dovresti rispondere: “Per fortuna!”. Per fortuna che sono un pezzo unico, originale, per cui ha senso il mio esserci.
Nel nostro tempo si pensa che la felicità si possa produrre ma La felicità non si può produrre (per questo nessuno la può vendere e nessuno la può comprare): è il risultato di una vita riuscita.
“Vuoi essere felice veramente?”. Cammina su questa strada. Il vangelo ne propone varie.
Nell’A.T, Mosé era salito sul monte Sinai e aveva dato i 10 comandamenti, che erano la legge di Dio con il suo popolo. La legge diceva cosa bisognava fare e cosa non bisognava fare. Gesù adesso sale sul monte delle Beatitudini e dà le 8 beatitudini. Questa è la nuova e definitiva legge di Dio con tutta l’umanità. Questa legge non dice cosa bisogna fare o non fare, ma come bisogna essere. Nel nostro catechismo, allora, non dovremmo insegnare tanto i 10 comandamenti ma le 8 beatitudini.
Le beatitudini ci mostrano cosa possiamo essere. Dappertutto si sentono voci che dicono: “Accontentati, d’altronde non si può avere tutto. Sii soddisfatto di quello che hai: lascia stare certi sogni”.

E, invece, le beatitudini dicono: “Punta in alto, osa, vola ad alta quota perché per questo sei fatto. Questo è ciò che Dio vuole per te e questa è la tua unica felicità. Non hai nemmeno idea di cosa puoi vivere! Non hai nemmeno idea di come puoi sentirti pieno! Non hai nemmeno idea di quanto grande sia il tuo cuore”.
Le beatitudini non insegnano a non avere contrasti, conflitti, perché non si può vivere senza tutto questo. Non insegnano ad evitare i conflitti ma ad entrarci; non insegnano a sottrarsi al dolore ma ad esprimerlo; non insegnano a fuggire di fronte alla paura ma a guardarla in faccia; non insegnano ad evitare i sentimenti (tutti!) ma a viverli.
Le beatitudini non sono dei comandi: “Devi vivere così”.

Sono delle proposte: “Tu puoi vivere così!”. E’ una possibilità: puoi sceglierla oppure no. Scegli tu.
Le beatitudini non sono una soluzione ai nostri problemi: “Cosa devo fare per essere un bravo cristiano?”. Sono un cammino.
Oggi, allora, è proprio la festa del sogno di Gesù ed è l’occasione per riscoprire che la santità non è un dono esclusivo ed elitario per i fuori classe della fede.
La santità è la vocazione comune di tutto il popolo di Dio.
Sì, non meravigliarti: anche su di te Gesù ha questo desiderio.
Il brano delle Beatitudini ci fa intuire qualcosa in più di questo sogno.
Noi chiamiamo “beati” quelli che dalla vita hanno avuto un sacco di fortune o che trovano sempre la strada spianata sotto i piedi, ma Gesù è di tutt’altro parere.

I beati sono i poveri in spirito, gli afflitti, gli affamati di giustizia, i perseguitati…
E sì, cari amici: questo è il Vangelo! Qui sta la buona notizia!
Se Gesù avesse detto che beati sono i ricchi, i sani, i forti, che novità ci sarebbe stata?
Se Gesù avesse detto che i beati sono quelli realizzati, felici e pasciuti… che carica profetica ci sarebbe stata nelle sue parole?
Le beatitudini di Gesù sono una promessa che si compie nel momento in cui non ti metti a gareggiare con le presunte felicità del mondo, ma scegli il Vangelo e la sua logica.
A qualunque costo, in qualunque luogo.
Questa è la santità che Gesù sogna per noi.

Una santità che si incarna e si consuma lì dove siamo chiamati a vivere.
A volte mi capita di incontrare persone che vivono continuamente di evasioni: “Se avessi avuto un altro marito, allora sì che avrei potuto impegnarmi di più in questo o in quello…”, “Se non avessi la mamma anziana a casa, allora sì che avrei potuto fare tanto volontariato…”, “Se avessi avuto altri vicini di casa, allora sì che avrei potuto testimoniare diversamente la mia fede…”.
Il “Beati!”, cioè felici, risuona 9 volte come un ritornello martellante e quasi inarrestabile.
Gesù sa che è questo il vero e principale problema di ogni uomo: il problema della felicità.
Chi è felice? Chi è davvero beato? C’è una via che porta alla felicità?
La risposta di Gesù a tutti questi interrogativi spiazza e manda in tilt la mentalità corrente.
Ad una prima lettura superficiale, elogia la sfortuna, esalta la sfiga!!
Gesù definisce beati, cioè felici, coloro che sono poveri, che piangono….
Ma scherziamo? Chi vive nella povertà o nel pianto, chi è perseguitato non è felice
Sembra che il cristianesimo esalti il dolore, ci inviti alla sofferenza, alla sopportazione.
Non è così. Dio non ama il dolore, né ci invita alla rassegnazione.

Contemplare il nostro destino, il grande progetto di bene e di salvezza che Dio ha sull’umanità ci permette di affrontare con speranza la difficile memoria dei nostri defunti. Chi ha amato e ha perso l’amore sa quanto dolore provochi la morte.
Gesù ha una buona notizia sulla morte, su questo misterioso incontro, questo appuntamento certo per ognuno.
Siamo immensamente di più di ciò che appariamo, più di ciò che pensiamo di essere.
Siamo di più: la nostra vita, per quanto realizzata, per quanto soddisfacente non potrà mai riempire il bisogno assoluto di pienezza che portiamo nel nostro intimo.

La bella notizia? Proprio lì dove viviamo – con quel marito o quella moglie, con quei genitori anziani o giovani, con quei vicini di casa o con quei compagni di scuola o colleghi di lavoro – siamo chiamati a far fiorire la vocazione alla santità che come un seme fecondo è stato piantato nel nostro cuore!


AUTORE: Paolo di Martino
FONTE: Sito web
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