Paolo de Martino – Commento al Vangelo di domenica 1 Agosto 2021

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AUTORE: Paolo di Martino FONTE: Sito web SITO WEB CANALE YOUTUBE PAGINA FACEBOOK


E’ Lui la risposta alla nostra fame d’Infinito

Subito dopo il grande segno della condivisione dei pani la folla cerca Gesù.
Finalmente un Messia che risolve i problemi, in primis quello della fame. E Gesù scappa. Non hanno capito. Lui non è quel messia che loro pensano di aver trovato. La folla ha visto il prodigio ma non vi ha letto il segno, ciò che quell’azione di Gesù significava.
Il brano si apre con domande urticanti per i discepoli di ieri, ma anche di oggi: Perché mi cercate? Che cosa vi aspettate? Chi desiderate? Quali attese volete colmare? Qual è il motivo per cui vi siete messi sulle tracce del figlio di Dio?
Amico lettore, metti a nudo la tua ricerca.

Gesù sa benissimo perché lo cercano: “Voi mi cercate perché avete mangiato e vi siete saziati. Procuratevi il cibo che non perisce, quello che dura per la vita eterna” (Gv 6,26-27).
In greco “vita” si può dire “bios”, la vita fisica, biologica, e “zoè”, la vita interiore, spirituale Questa è quella senza fine. La vita, fisica e spirituale, ha bisogno di essere nutrita. La vita è il risultato delle nostre scelte. Ritroviamo ciò che abbiamo costruito. Ciò che non nutriamo, di cui non ci prendiamo cura, muore!
La vita biologica si nutre di cibo, acqua. La vita spirituale di silenzio, stupore, conoscenza, emozioni, preghiera, amore, gratuità, entusiasmo. La vita spirituale si nutre di Dio!
Gesù non disprezza il cibo materiale ma, sapendo che “non di solo pane vive l’uomo” come dice il deuteronomio, esorta a lavorare per quel cibo che dà la vita per sempre, cibo che solo lui può dare.
Gesù poi dice: “Credete in me, in colui che Dio ha mandato” (Gv 6,29). Ma loro dicono a Gesù: “Quale segno ci fai perché possiamo crederti?” (Gv 6,30).

Gesù intuisce che i presenti, per riconoscergli autorità, non si accontentano di parole: vogliono miracoli.
La gente, vuole miracoli, un Dio a disposizione pronto per ogni evenienza, insomma un Dio che adegui i suoi progetti ai loro. La folla non cerca Dio, ma solo i suoi vantaggi.
Dopo duemila anni, sembra che ancora preferiamo i miracoli alla Sua Parola.
Il miracolo ha a che fare con il nostro sguardo. Sono i nostri occhi che possono cogliere i segni straordinari di Dio. Amici, è lo sguardo del cuore che stabilisce il miracolo, non l’evento. Dio non impone mai la sua presenza.
Se guardiamo bene Dio ancora oggi, riempie di miracoli la nostra vita.
Non sono i miracoli o le visioni a cambiare il cuore.

Siamo sinceri: dopo duemila anni continuiamo a chiedere segni, rischiamo di vivere la fede come una forma di superstizione che ha poco a che vedere con una relazione d’amore tra noi e Dio.
Corriamo il rischio di correre dietro ad apparizioni e miracoli, ponendo continuamente delle condizioni a Dio, invece di interpretare i tanti segni che Dio ci manda nella quotidianità.
La richiesta continua di segni prodigiosi rivela una piccola fede che ha bisogno di miracoli, senza riconoscere il grande prodigio della presenza del Figlio di Dio in mezzo a noi!
Gesù stesso non ha tentato di convincere nessuno attraverso i miracoli: la fede l’ha pretesa prima del miracolo! Se non c’è fede Gesù, il miracolo semplicemente non lo compie, il che vuol dire che Gesù non intende ottenere la fede a colpi di miracoli.
Non è il miracolo che genera la fede, ma, al contrario, è la fede che genera il miracolo. In fondo, di fronte a un miracolo, se uno non vuole credere, può trovare mille motivi per farlo, perché il miracolo non obbliga a credere, ma può essere solo d’aiuto, lasciando libera la decisione.

Insomma, il miracolo certamente non toglie alla fede il suo aspetto di libertà. Sono al servizio della fede e non intendono offrire in alcun modo una certezza diversa dalla fede. Dio non usa la violenza per imporre la sua verità. Neppure fa miracoli là dove gli uomini pretendono segni che permettano loro di sottrarsi al rischio della fede. I segni di Dio non sono così evidenti da togliere ogni dubbio possibile.
Mosè ci ha dato la manna, ma tu che cosa ci dai? Gesù risponde cambiando i tempi, e i protagonisti: non Mosè ha dato, ma Dio dà. Dio dà per primo, senza pretendere nulla in cambio. Dobbiamo solo aprire le braccia e accogliere.
Gesù aveva ragione.

Non c’è mai abbastanza cibo da smettere di aver fame perché noi cerchiamo un altro Cibo.
Non c’è mai abbastanza tempo da vivere perché noi cerchiamo il “Per sempre”.
Non c’è mai abbastanza ricchezza da sentirci tranquilli perché noi cechiamo la ricchezza che resta.
Non ci sono mai abbastanza sentimenti ed emozioni per sentirci vivi perché noi cerchiamo l’Emozione senza fine.
Non ci sono mai abbastanza carezze e abbracci che possono riempire la nostra fame d’amore perché noi cerchiamo l’Amore.
Non ci sono mai abbastanza risposte per non avere più domande perché noi cerchiamo la verità.
Non ci sono mai abbastanza preghiere da vincere la paura di morire perché noi cerchiamo Dio, solo Dio.

Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” Ecco il loro problema: fare. Ma Gesù sposta l’attenzione da un’altra parte: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”. L’unica opera è la fede, dice Gesù. È opera di Dio perché consente a Dio di operare nella vita di chi crede. Al cuore della vita del credente c’è la fede. Chiede di cambiare mentalità: questa è l’opera decisiva. Non si tratta di fare o non fare delle cose, ma mettere al centro Lui, l’unico che sazia la fame che ci sentiamo dentro, l’unico che sa di cosa abbiamo bisogno.

Capite che l’Eucarestia è il tesoro più prezioso al mondo? Dentro la fragilità di un pezzo di pane c’è la presenza reale di un Dio infinito e questa scelta è fatta proprio per lasciarci liberi, di crederci o di non crederci perché Dio non s’impone mai. Ciò che è quotidiano, un pezzo di pane, diventa segno di ciò che è straordinario.
La bella notizia di questa Domenica? La risposta alla nostra fame d’Infinito non è fra le cose create. La pienezza della vita non è dentro la vita. E’ Gesù di Nazareth che nutre la nostra parte di cielo, la porzione di eternità che Dio continua a seminare in noi.

Fonte: il blog di Paolo de Martino