Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 5 Novembre 2023

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Ai piedi del mondo

I suoi avversari oramai non osano più interrogarlo, ma la macchina che avrebbe portato alla sua condanna a morte è ormai avviata.

La vita di Gesù è stata segnata dall’inizio alla fine dalla lotta e dal conflitto. Tre sono stati per Gesù i grandi conflitti. Il primo è stato quello con la propria famiglia. Gesù ha dovuto staccarsi dalle idee che si erano fatti di lui. Il secondo grande conflitto è stato con se stesso, le tentazioni: “Ma chi te lo fa fare? Ma perché percorrere una strada così impegnativa, non è meglio fare miracoli ed esaudire le preghiere degli uomini?”. Il terzo grande conflitto è stato con l’ipocrisia.
In tutto il vangelo di Matteo non si trovano parole più dure e taglienti di queste che stiamo per leggere.

Siamo ai ferri corti. Gesù vuole smascherare definitivamente l’incoerenza degli scribi e dei farisei. Amico lettore, leggi queste pagine non per ricordarti di quanto erano brutti e cattivi i farisei, ma per smascherare il piccolo fariseo che c’è in te. Matteo vuole spingerti a stanare le piccolezze religiose che abitano in te e nella tua comunità.

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Ipocrisia

Gli scribi erano una classe colta (si occupavano di documenti ufficiali e dunque sapevano leggere e scrivere in modo professionale e avevano una buona conoscenza della giurisdizione e del contenuto dei documenti), spesso erano farisei e nel Nuovo Testamento sono presentati come membri della dirigenza della comunità giudaica.

I farisei costituivano invece un movimento religioso in Palestina, presente dal II secolo a.C. al I secolo d.C. Matteo li presenta come avversari di Gesù e dei suoi discepoli; influenzarono il nascente movimento rabbinico che dopo il 70 d.C. divenne la guida spirituale e politica di Israele.
Scribi e i farisei vanno ascoltati, ma non bisogna imitarne le opere, contrarie al loro insegnamento. Infatti «dicono e non fanno», un difetto spesso contestato anche dalla letteratura rabbinica.

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Potere

Per Gesù i numerosi precetti della Legge e i costumi ebraici costituiscono «fardelli pesanti e difficili da portare » mentre la Sua legge è «un carico leggero» (Mt 11,30). Ma soprattutto sono intransigenti i farisei a riguardo dell’applicazione di queste norme. Gli uomini religiosi hanno sempre rischiato di spacciare come “volontà divina” norme e precetti che sono frutto degli uomini.

Vanità

Dopo aver messo sotto accusa l’incoerenza dei farisei, Gesù li rimprovera per l’ostentazione e la vanagloria: «Le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange». I “filattèri” erano astucci contenenti testi della Legge, fissati con strisce di pergamena o di cuoio alla fronte e sull’avambraccio sinistro, secondo un’interpretazione letterale di Dt 6,8; le “frange” erano delle treccine di tessuto munite di un cordoncino e poste ai quattro angoli del manto della preghiera (Nm 15,38-41). Servivano a favorire il ricordo di Dio, dei suoi comandamenti e la loro attuazione. Gesù non condanna queste pie usanze prescritte dalla Legge, ma biasima l’ostentazione dei farisei, che per fingersi pii ampliavano in modo ridicolo le dimensioni di quegli oggetti sacri.

Scribi e farisei sono malati di vanità e fanno della religione il loro palcoscenico. Ogni occasione è buona per mettere in mostra la loro presunta religiosità: i posti d’onore nei banchetti, i primi posti nella sinagoga, gli ossequi della gente nelle piazze.
La severità di Gesù va contro l’ipocrisia di chi fa finta. Gesù non sopporta gli ipocriti. Ipocrita (termine greco che significa “attore di teatro”) è il moralista che invoca leggi sempre più dure, ma per gli altri; ipocrita è l’uomo religioso che si mostra severo e duro con gli altri, sentendosi così più vicino a Dio.

Solo

“Rabbi” era un titolo di rispetto molto usato ai tempi di Gesù per rivolgersi a un maestro. Dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme fu utilizzato per la nascente classe rabbinica. «Ma voi non fatevi chiamare “rabbi”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli». Criticando quest’uso, Matteo mette sulla bocca di Gesù l’invito a considerarsi tutti fratelli, figli dello stesso Padre e discepoli di un solo Maestro, il Cristo.
Il maestro è servo del discepolo (cioè, a servizio del suo bene), in ascolto di quello che lui è. Tutti i nostri maestri sono nostri servi altrimenti non sono maestri.

Amico lettore, il maestro è chi si pone al tuo servizio, perché tu divenga te stesso. Nel testamento di Francesco si legge: «Nessuno mi ha insegnato come dovevo vivere: né la chiesa, né i sacerdoti, né i teologi. E’ stato Dio stesso a rivelarmelo. E mi ha rivelato che dovevo lasciare il mondo e andare in mezzo ai lebbrosi».

Allo stesso modo Dio solo deve essere considerato “Padre”. Non chiamare nessuno “Padre” significa che nessuno può vivere la nostra vita, nessuno può percorrere la nostra strada al posto nostro, nessuno può pretendere di sapere che cosa è bene per noi perché noi siamo responsabili della nostra vita.

Gesù premunisce anche i discepoli dallo spirito di ambizione, un vero cancro presente nel giudaismo a lui contemporaneo, ma che poteva insidiare anche la comunità di Matteo: «Non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo».
L’unica guida (“kathegetès” cioè “maestro”, nel senso religioso di guida spirituale) per i discepoli è Cristo. Come non pensare a quanti presunti maestri di vita, ancora oggi, vogliono imporsi sulle nostre vite: i guru televisivi, l’opinione comune, il vincente del momento.

Gesù fa una proposta chiara ai suoi discepoli: c’è un primato assoluto che si deve declinare in tutte le nostre scelte. Amico lettore, la tua conversione è l’unica predica che gli altri accetteranno. La tua coerenza è l’unico argomento convincente agli occhi di chi ti guarda. La tua testimonianza è l’unico modo che tu hai per rendere visibile ciò che credi.
La credibilità di un padre, di un maestro, di una guida, sta nel non dimenticare mai che prima è anch’egli figlio e discepolo.

Servo

Ecco l’assoluta novità del Dio di Gesù di Nazareth: non tiene il mondo ai suoi piedi, è ai piedi di tutti, non è il padrone degli uomini, è il servitore che lava i piedi agli uomini, non è il Signore della vita, è il servo di ogni vita. «Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo». Dio è servo, un servo che non esige, non pretende, si prende cura. Nella Chiesa una gerarchia deve sussistere, certo, ma sarà rovesciata rispetto alla logica del mondo: più sei in alto, più devi servire. Gesù capovolge la nostra idea di grandezza e svela che ogni uomo è capace di potere se è capace di servizio.

La bella notizia di questa domenica? Servizio è il nome nuovo della civiltà, perché questo è lo stile di Dio. E’ più grande chi ama di più, perché ogni uomo è grande quanto è grande il suo cuore.

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