Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2023

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Sia nella parabola del tesoro che in quella della perla c’è l’idea del ritrovamento. Di solito il tesoro era un vaso di argilla pieno di monete di oro o di argento, che i proprietari seppellivano per non perderne la proprietà in caso di guerra o d’invasione di popolazioni straniere. Questa realtà in Palestina ai tempi di Gesù era ancora presente, quindi non era difficile fare un ritrovamento del genere in tempo di pace.
L’uomo che trova il tesoro vi s’imbatte per caso, il cercatore di perle, invece, la trova dopo una lunga ricerca. E’ possibile a tutti incontrare Dio o essere incontrati da Dio.

Tesoro

Il regno dei cieli è così: quando l’hai trovato, non lo puoi più lasciare. Chi incontra veramente Dio non lo lascia più! Dio lascia il segno, non si scorda più. Qual è il tesoro? E’ il vangelo, la bella notizia che Dio è Amore, un Padre che ama me, suo figlio e m’invita ad amare l’altro come Lui ama me. Siamo tutti cercatori di perle, cercatori di felicità e il nostro cuore sarà inquieto sino a quando non la troverà. Amico lettore, Dio non è per niente difficile da seguire, non è un sacrificio perché ti riempie il cuore, la vita. Gli orientali dicono: “Vivi solo quando hai trovato un tesoro per il quale saresti disposto a morire”. Le cose che contano valgono nella misura in cui sei disposto a dare via tutto per ottenerle.

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«Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia. Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l’ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. Quando il sogno si ripetè per la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato. Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera. Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno. Eisik gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin lì dal suo lontano paese. Il capitano scoppiò a ridere: “E tu, poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! Allora anch’io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, ma scherzi? Mi vedo proprio a entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Eisik e l’altra metà Jekel!”. E rise nuovamente. Eisik lo salutò, tornò a casa sua e dissotterrò il tesoro con il quale costruì la sinagoga intitolata “Scuola di Reb Eisik, figlio di Reb Jekel”. “Ricordati bene di questa storia – aggiungeva allora Rabbi Bunam – e cogli il messaggio che ti rivolge: c’è qualcosa che tu non puoi trovare in alcuna parte del mondo, eppure esiste un luogo in cui la puoi trovare”» (Martin Buber né “Il cammino dell’uomo”).

Entrambi gli uomini fanno qualcosa di folle, di pazzo. Uno vende tutti i suoi averi. L’altro vende tutto. Dio è per i pazzi, per i folli, perché ti chiede tutto te stesso. Avrà il Tutto solo chi è disposto a giocarsi tutto. La nostra vita spesso è piena di tante cose per non pensare, per coprire con la quantità la mancanza di qualità. Riempiamo le giornate di cose da fare così da non dover mai domandarci chi siamo. Amico lettore, mi chiedo quanta passione ci sia nella vita cristiana per cercare il vero tesoro nascosto.

A volte mi sembra di vedere solo superficialità, abitudinarietà, stanchezza. Nelle nostre parrocchie si vede che siamo cercatori appassionati del regno di Dio? S’intuisce che siamo alla ricerca di un tesoro nascosto? In famiglia, a scuola, sul lavoro, si vede che siamo portatori di un nuovo modo di vivere?

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Il tesoro è uno stile di vita, un modo di pensare, di relazionarci con gli altri sullo stile di Gesù di Nazareth. Il vangelo lo dice senza mezze misure: la vita cristiana è una bella avventura e non solo un formale rispetto di codici e leggi per stare in pace con la coscienza e meritarsi il paradiso. Siamo onesti, moltissimi cristiani pensano alla fede come un manuale di comportamenti da rispettare per mettere tanti bollini sulla propria tessera a punti della vita e guadagnarsi un posto in paradiso. Per fortuna la vita cristiana non è questo, sarebbe davvero una tristezza! La fede, quella nel Dio di Gesù Cristo, è l’esperienza di un incontro che cambia la vita, cambia l’ordine delle priorità, dona coraggio per vivere i momenti più duri della vita. Dobbiamo solo smuovere le muffe delle nostre abitudini.
Amico lettore prova a chiederti: Dio per te è un tesoro o soltanto un dovere? È una perla o un obbligo?

Gioia

La gioia è il primo tesoro che il tesoro stesso regala («poi va, pieno di gioia»). E’ la gioia che muove, che spinge a decidere: «ogni uomo segue quella strada dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità» (sant’Agostino). Amico lettore, la gioia è il segno che stai camminando bene, sulla strada giusta. Non avanziamo nella vita a colpi di volontà, ma per una passione (e la passione sgorga da una bellezza), per qualcosa che ci da gioia, felicità. Avanziamo verso ciò che amiamo. Dopo la scoperta però c’è una decisione che letteralmente significa troncare: il contadino e il mercante lasciano molto, per avere tutto. Sanno che ogni decisione obbliga a lasciare qualcos’altro. Amico lettore, ti svelo un segreto: seguire Gesù di Nazareth è stato l’affare migliore della mia vita.

Rete

La terza parabola, si rifà alla pesca del lago di Genezareth: «Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci». È la rete a strascico: è trainata da due barche oppure calata con l’aiuto di una barca e poi tirata a riva con una lunga corda. Secondo le norme alimentari degli ebrei i pesci buoni sono quelli puri, che hanno pinne e squame (Lv 11,11). Quelli impuri sono quelli che non hanno pinne e squame e sono considerati cattivi da mangiare. Questi ultimi non sono rigettati in mare, ma sono proprio buttati via.
Amico lettore, non giudicare tu cosa è buono e cosa no, raccogli tutto, verrà un giorno in cui tutto sarà chiaro, ciò che è buono sarà tenuto e ciò che non lo è sarà lasciato. Accetta tutto ciò che ti succede, un giorno ciò che oggi ti sembra inutile, ti servirà.

Discepolo

Grazie all’assonanza tra Matteo e ”matheteutehis” (“discepolo”) quest’ultimo versetto è considerato un’allusione all’autore del vangelo: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». E’ Matteo lo scriba, l’uomo di cultura e di lettere, che è diventato discepolo del regno dei cieli. E’ lui che con le sue conoscenze e con la sua frequentazione della predicazione di Cristo sa fare sintesi tra cose vecchie e cose nuove. Grazie a questo prezioso tesoro egli è come un ricco possidente che ha a sua disposizione tutto quanto è necessario per dare vita e gioia alla sua famiglia e alle sue attività.
La bella notizia di questa domenica? Il cristianesimo non è mortificazione ma vivificazione, dilatazione di vita; non è sacrificio e rinuncia ma offerta di vita.

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