Dio non può essere così.
E’ l’inizio del ministero pubblico di Gesù e Luca mostra quale sarà il filo rosso che legherà la sua missione: rifiuto e incomprensione, fino alla fine, fino ad oggi.
Gesù inizia la sua missione apparentemente dal luogo più ospitale, nella sinagoga di Nazareth, il villaggio dove Gesù è cresciuto. Partecipando al culto sinagogale in giorno di sabato, Gesù ascolta la lettura della Torah e, invitato a leggere, sceglie la lettura tratta dal profeta Isaia (61,1-2). L’omelia di Gesù è sintetica: «Oggi si è compiuta questa Scrittura». È lui la buona notizia di cui parlava Isaia. Ci aspetteremmo una folla osannante, in festa per la realizzazione della profezia. E invece…
Diverso
Chiuso il rotolo, la gente inizia a rumoreggiare, l’entusiasmo passa in fretta, i compaesani hanno già catalogato Gesù. Tra lo stupore e lo sdegno, i pii israeliti, abituati ai profumi dell’incenso si chiedono: “No, non può essere lui il Messia. Ma stiamo scherzando? Il figlio di Giuseppe il falegname? Il Messia, mai e poi mai, avrebbe scelto una famiglia così normale. Il Messia deve essere diverso, grandioso, onnipotente”. Insomma diverso da quel Gesù con il quale avevano giocato da piccoli.
Spesso sento dire: “Se fossimo vissuti al tempo di Gesù, gli avremmo creduto. Se l’avessimo visto, non avremmo dubbi di fede”. Non è vero amici: anche i suoi paesani attendevano il Messia e non lo riconobbero. Non riescono ad accettare che un profeta sia un uomo non dotato di carismi particolari, un laico, uno che non ha studiato teologia, uno della porta accanto. La domanda che tutti si fanno, è: “Che cos’ha più di me?”.
Gesù intuisce che i presenti, per riconoscergli autorità, non si accontentano di parole, vogliono miracoli. È una tentazione che Gesù sentirà più volte rivolta a sé, qui tra i suoi, più tardi a Gerusalemme e infine addirittura sulla croce. La sua gente, quella con la quale era cresciuto, vuole miracoli, un Dio a disposizione pronto per ogni evenienza, insomma un Dio che adegui i suoi progetti ai loro. I suoi compaesani non cercano Dio, ma solo i propri vantaggi.
Gesù non si tira indietro e avanza deciso. Spiega che è difficile essere profeti a casa propria. Solo degli stranieri, come la vedova di Zarepta e Naaman il Siro, hanno saputo riconoscere Elia ed Eliseo. In tempo di siccità e carestia Elia chiese alla vedova di Zarepta di cucinargli una focaccia e in cambio le concesse che l’olio nell’orcio durasse per molto tempo. Invece Naaman il Siro, un comandante affetto da lebbra, si rivolse a Eliseo e fu purificato immergendosi nel fiume Giordano.
Gesù non farà nessun miracolo qui.
Nessuno è profeta in patria: questo lo sanno tutti ma immagino che Gesù si aspettasse da quelli del suo paese, un’eccezione che confermasse la regola. Purtroppo, con il tempo, prenderà coscienza che i suoi nemici sono proprio lì, «tra i suoi parenti, in casa sua e si meravigliava della loro incredulità» (Lc 6,4-6). Sono passati duemila anni e le cose non sembrano essere cambiate, fatichiamo a passare dallo stupore alla fede. Riusciamo sempre ad azzerare la fantasia di Dio. Le nostre comunità lamentano la scarsa collaborazione, e poi se arriva qualcuno di nuovo, lo controllano a vista. Ci infervoriamo per le celebrazioni oceaniche o i pellegrinaggi ai santuari più in voga e poi…non riusciamo a dare una mano al nostro vicino di casa di cui spesso a stento conosciamo il nome.
La reazione è rabbiosa, si scatena il finimondo: «Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù». E’ inverosimile sia accaduto e le indicazioni geografiche sono piuttosto imprecise (Nazareth non è posta su un monte). L’attenzione di Luca è di ricordare al lettore il destino di Gesù, gettato fuori della città per essere crocifisso.
Inascoltati
L’episodio richiama ai tanti profeti inascoltati. Dio continua a raccontarsi e noi continuiamo a non ascoltarlo attendendo profeti secondo i nostri canoni. Gesù non rispondeva ai criteri religiosi del profeta: poco istruito, semplice, un po’ dimesso. Anche noi, come gli abitanti di Nazareth, sperperiamo i profeti, dissipiamo il carico di profezia che lo Spirito accende dentro e fuori la Chiesa. Dopo duemila anni, sembra che ancora preferiamo i miracoli alla Sua Parola.
Come i religiosi di Nazareth, siamo talmente sicuri del nostro impianto religioso che non riusciamo a riconoscere i profeti che ancora oggi raccontano il volto di Dio. Il profeta non sarà mai come lo immaginiamo. E’ il messaggio, la profezia che deve attirare l’attenzione, non il messaggero. Spesso ci si ferma all’incoerenza della Chiesa, del prete di turno, dimenticando che sono solo strumenti.
Professionisti
Questa pagina è rivolta soprattutto a chi, come immagino molti lettori di questo libro, è abituato ai profumi delle chiese. Attenti a non perdere il senso della profezia, a non lasciarci scuotere dai tanti profeti anonimi che Dio manda sulla nostra strada. Sono convinto che anche nella Chiesa, per quanto stanca e incoerente, oggi traboccano profeti e sognatori. Quello che manca forse sono gli ascoltatori. Manchiamo noi che non sappiamo vedere l’Infinito in un volto sconosciuto. Non chiudiamoci nelle nostre categorie e apriamoci alla sorpresa perché la vita si spegne quando non attendiamo più nulla e nessuno. Anche in una famiglia l’abitudine può spegnere il mistero e la sorpresa, e l’altro rischia di diventare solo “il figlio di Giuseppe”, dimenticando che quella persona ha in se una profezia, un pezzetto di Dio.
Gesù, non dimentichiamolo, non fu ucciso da atei, ma da religiosi. Aveva mandato in frantumi gli schemi che si erano costruiti le persone pie e religiose. Annunciò un Dio diverso e i “fedelissimi” della tradizione non gliela perdonarono. Annunciò un Dio amico anche delle donne, un Dio della vita, della misericordia, che rompeva con la tradizione se la tradizione era nemica dell’uomo. Per chi credeva di essere fedele alla Legge, questo era troppo.
Libero
Deve avergli fatto male l’odio che gli hanno scaricato addosso, ma questo non l’ha fermato. «Passando in mezzo a loro, si mise in cammino»: non si arrende, non scappa, perché si può ostacolare la profezia, ma non ucciderla. La sua vitalità non si può fermare perché viene da Dio. Con un velo di tristezza, se n’è andato per la sua strada. Aveva una missione da compiere. Amico lettore, non sei accettato? Pazienza va oltre. A Gesù non importava molto cosa dicesse la gente di lui. Non ha mai cercato il consenso, era libero. Non si è mai preoccupato dei numeri né tantomeno s’illudeva quando vedeva le folle che lo seguivano, ben consapevole che la fede è come una candela, può spegnersi in un istante. E’ stato davvero un uomo autentico perché libero dal giudizio degli altri.
La bella notizia di questo brano? Per una Nazareth che si chiude, altri villaggi apriranno le porte perché la patria del profeta è il mondo.
Fonte: il blog di Paolo de Martino | CANALE YOUTUBE | PAGINA FACEBOOK