Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 25 Giugno 2023

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Non abbiate paura

Probabilmente la comunità di Matteo ha avuto bisogno di raccogliere in questo capitolo tutti i detti di Gesù riguardanti la missione e l’annuncio perché fossero da guida a quanti erano destinati a questo compito.
Il discorso comprende una serie d’istruzioni. Nei primi anni e nei primi secoli non fu facile essere cristiani! L’esserlo era una scelta esigente, una scelta che comportava coraggio e conseguenze pericolose. Oggi per molte persone essere cristiani o non esserlo non fa molto differenza. Andare in chiesa o non andarci è un po’ lo stesso. Che Gesù ci sia o no non tocca le nostre esistenze.
Matteo elenca quattro contrapposizioni (nascosto-svelato, segreto-manifesto, tenebre-luce, orecchio-tetti) che corrispondono a ciò che i primi cristiani vivevano. Dovevano vivere la loro fede nel nascondimento, nel segreto, nelle catacombe e manifestarla in pubblico era molto pericoloso, ci voleva molto coraggio!

Terrazze
Il messaggio, amico lettore, deve essere predicato dalle terrazze che fanno da tetto alle case della Palestina, cioè da luoghi alti e scoperti, in modo che tutti lo possano sentire.

La Parola di Dio non deve solo profumare dell’incenso delle nostre sacrestie, ma anche degli odori delle nostre strade, dei vicoli delle nostre città. Non si tratta di appendere manifesti catechistici o di irrigidirsi in integralismi religiosi, ma di fare della nostra vita un annuncio trasparente di una notizia che può cambiare il senso e la direzione del vivere. Lo spazio della Parola, la cura dell’interiorità, non può essere rilegato ai cinquanta minuti della messa domenicale, ma deve diventare il filo che lega i momenti più diversi della settimana. A scuola, al lavoro, al bar, in palestra, mentre si fa la spesa, non possiamo mettere tra parentesi il vangelo, rinchiuderlo in un cassetto da aprire solo sul portone delle nostre chiese.

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La cultura contemporanea ha provato a cancellare la religione ma non è riuscita nel suo intento. Ha elaborato una strategia più sottile: relegare il fatto religioso alla sola coscienza intima delle persone, alla sfera personale. La società moderna reputa la fede, una credenza inventata e quindi è bene che sia relegata nel campo delle idee fantasiose personali. Se il cristianesimo è relegato alla sola sfera intimistica, ha lo stesso valore di Babbo Natale. Noi invece sappiamo che Gesù Cristo è un fatto reale. Chi crede non può non lasciare che la sua fede contamini ogni ambito della propria vita. Amico lettore, Gesù non ti sta invitando a ostentare la tua fede, ma ti sta chiedendo di non avere paura di vivere apertamente ciò che hai scoperto come vero nel profondo del tuo cuore. Se hai scoperto il valore dell’amore, non puoi non portarlo nel tuo lavoro, nelle tue relazioni, nella politica, o in qualunque altro ambito della vita. Se l’amore è vero, non può rimanere solo vero per te, deve poter diventare opportunità anche per gli altri. Se credi, hai la responsabilità di portare un valore aggiunto in quello che fai e che vivi.

Volontà
Gesù parla degli uccelli per infondere fiducia in Dio, perché erano gli animali considerati i più insignificanti essendo gli unici non benedetti. Il testo originale, letteralmente, suona così: «Uno [dei passeri] da essi non cadrà, senza il Padre di voi». Non si parla di “volontà” del Padre, ma semplicemente che un passero non cadrà a terra senza che Dio ne sia coinvolto, partecipe. Nulla accadrà “al di fuori di Dio”.
Il vangelo, attraverso l’immagine dei passeri, ci rassicura: non dobbiamo avere paura di Dio perché lui, che si prende cura anche del più piccolo passero, a maggior ragione si prende cura di ciascuno dei suoi figli. Il Dio di Gesù di Nazareth è un Dio coinvolto, coinvolgente, fino alle più piccole faccende umane. Insomma un Dio che all’uomo va dicendo: “Tutto ciò che ti accade, non andrà perduto”.

La Scrittura ci testimonia dalla prima all’ultima pagina della radicale benevolenza da parte di Dio, di un’insistente volontà di bene da parte sua, della sua volontà di vedere l’uomo felice e di favorire con ogni mezzo la vita fino alla sua pienezza. La volontà di Dio non coincide mai con gli avvenimenti tristi della nostra esistenza. Mai! Questa è la volontà di Dio: che l’uomo diventi Dio, che l’uomo abbia la condizione divina: «Dio si è fatto uomo affinché l’uomo diventi dio» (s. Atanasio). Ciascun uomo è frammento di Dio, abitato da quell’energia divina che tutto crea e rinnova. La volontà di Dio è solo quella di trarre un bene da ogni situazione, anche la più disperata.

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Amico lettore, compiere la volontà di Dio allora non è anzitutto un fare qualcosa per lui, obbedienza a una sua legge, ma piuttosto permettere che lui compia in te le sue meraviglie.

A volte rischiamo di proiettare su Dio ciò che avviene a livello antropologico: Dio sarebbe un grande genitore che vuole che si compia la sua volontà e noi dobbiamo accettarla. Soprattutto in ambito religioso questo è pericolosissimo poiché sembra che l’uomo debba esclusivamente realizzare ciò che Lui ha pensato e programmato. Questa non è la volontà di Dio, questa è l’immagine del genitore che noi proiettiamo in Dio.

La lingua greca ci viene in aiuto: volontà, “thelema”, deriva dalla parola “fine, compimento”. Allora qual è la volontà di Dio? Che io mi compia, che io sia felice! Questa è l’unica volontà di Dio. D’altra parte non è forse questo il desiderio iscritto nel cuore di ogni padre e di ogni madre per i propri figli? Semplicemente che siano felici, il “come” poco importa. Ogni modo che scegliamo, e che crediamo possa realizzarci, questa è volontà di Dio. Io sono un seme e la volontà di Dio è che io germogli.

Il centro del vangelo, il cuore del messaggio cristiano è che Dio è amore e quest’amore ci è stato definitivamente rivelato in Gesù. Dio quindi non vuole il male, non permette sofferenze, ma desidera esclusivamente che nella nostra vita si manifesti il suo amore, anche quando costa e ci inchioda alla croce. Non è la sofferenza di Cristo che ci ha redento dal male, ma il suo amore per noi, un amore giunto a dare la vita, fino alla morte di croce. Come scrive san Paolo ai Galati, Cristo «mi ha amato e ha dato se stesso per me» (2,20).

Paura
Il brano è segnato da una frase che si ripete tre volte: «Non abbiate paura». Il 9 aprile 1945 nel campo di concentramento di Flossenburg è condannato a morte il pastore teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer. Mentre andava a morire, saluta i compagni di cella dicendo loro con serenità: «Vado verso la vita». Amico lettore, non c’è motivo di temere qualunque cosa succeda. Qualunque cosa tu stia vivendo e ti stia capitando, di a te stesso: “E’ per la vita. Non capisco ma non ho paura perché c’è Lui”.

La bella notizia di questa domenica? Tu vali! Che bello questo verbo! Per Dio, tu vali. Vali di più, di più di molti passeri, di più di tutti i fiori del campo, di più di quanto osavi sperare. E se una vita vale poco, niente comunque vale quanto una vita.

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