Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 22 Aprile 2023

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Il vangelo di questa Domenica è un meraviglioso affresco di cos’era l’eucarestia per i primi cristiani.
Nelle loro celebrazioni eucaristiche davvero loro incontravano il Risorto.
Non lo incontravano come prima, quando Gesù lo avevano visto fisicamente.
Lo incontravano in un altro modo, ma non meno reale.
Chi non ha mai sognato di essere uno dei due discepoli di Emmaus?
Chi non ha mai immaginato di vivere lui quel percorso di 11 chilometri con Gesù al fianco?
Immergendomi nel vangelo mi accorgo che solamente di uno, Cleopa, conosciamo l’identità.
Allora ognuno prenda le sembianze dell’altro.
Emmaus dista da Gerusalemme due ore di cammino, due ore trascorse a parlare di quel sogno in cui avevano tanto sperato, un sogno naufragato nel sangue.

Il Salmo 84 recita: “beato l’uomo che ha sentieri nel cuore” e io aggiungo “Che ha il coraggio di mettersi in cammino”.
Anche la fede è un perpetuo camminare, perché Dio stesso è una vetta mai conquistata, e l’infinito ci attende all’angolo di ogni strada.
Gesù non toglie la tristezza ai discepoli e neppure li consola. Come prima cosa li ascolta.
Essere amici vuol dire semplicemente stare, accompagnare, essere presenti nella difficoltà.
Cari amici, l’amore è ascolto; condivisione della vita e del cuore.
Gesù si affianca ai discepoli e li ascolta. Non fa altro.

Loro però non lo riconoscono perché sono troppo presi dai loro problemi, dal loro dolore, dalla loro delusione e dalla loro sofferenza.
E quando tu sei troppo dentro ad una cosa, non vedi altro che questo.
Ne conosco molti di cristiani così: fermi al venerdì santo, devoti alla croce, ma incapaci di accogliere la gioia debordante della Pasqua.
Intendiamoci: è straordinaria la nostra devozione verso il dolore condiviso da Dio nel crocifisso, è emozionante fissare lo sguardo sull’uomo che pende dalla croce.
Ma se lì si ferma la nostra fede, siamo degli illusi, se Gesù non è risorto, non è che uno dei tanti personaggi della storia che non sono riusciti a cambiare un bel niente.

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È molto più difficile condividere la sofferenza che la gioia, e Gesù lo sa.
Cleopa e il compagno sono quasi scocciati dallo sconosciuto ospite: non si vede a sufficienza la loro sofferenza?
Da dove viene questo straniero?
Gesù li ascolta parlare della propria crocifissione; lui è già oltre, altrove.
Amico che soffri, non vedi che il Signore ti cammina accanto?
Non riesci ad alzare lo sguardo e riconoscerlo?
Non c’è che un modo per uscire dal dolore:non amarlo. E Gesù lo sa.
Parola tagliente è quella di Luca, quasi insostenibile.

Il problema non è l’assenza di Dio, ma la nostra incapacità nel riconoscerlo, la nostra miopia.
Tutti concentrati su noi stessi, sui nostri problemi, non siamo in grado di riconoscerlo mentre cammina accanto a noi.
Cammina accanto a noi, amici: anche Dio accetta di cambiare, di adeguarsi.
Abbandona la rassicurante eternità, la perfetta autosufficienza, l’immobilità beata e si sporca le mani, cammina, si mette in viaggio.
Un viaggio lunghissimo: dall’eternità alla finitudine, dall’essere Dio al diventare uomo Per amore.
Dio non è un masso granitico, immobile e compatto, ma soffre, cambia idea, decide.
Ama, e l’amore, sempre, è in movimento. E l’amore, sempre, chiede sofferenza.
Anche qui come in tutti i vangeli di risurrezione c’è un fenomeno che ritorna sempre. Tutti quelli che incontrano il Risorto non lo riconoscono… perché Dio non si conosce; Dio si riconosce.

Cioè: vivi un’esperienza e dentro a quell’esperienza riconosci che Lui c’è, che Lui ti parla, che è proprio Lui che ti ha condotto fin lì.
Qualunque cosa ti succeda Dio è lì, in ciò che succede.
I due camminatori scoprono una verità immensa.
C’è la mano di Dio posata là dove sembra impossibile, proprio là dove sembrava assurdo: sulla croce!
Così nascosta da sembrare assente, mentre invece sta tessendo il filo d’oro della tela del mondo.
Non dimentichiamolo mai: più la mano di Dio è nascosta più è potente.
Gesù dà un significato diverso a ciò che succede.
Dà un senso più profondo, spirituale, ai fatti della vita.
Tutto può essere affrontato se ha un senso.

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Cosa fa Gesù con i due discepoli amareggiati? Da un senso più profondo, più alto, o semplicemente un senso a ciò che sembra non averlo.
Il fatto di aver trovato un senso, un motivo, una ragione a ciò che è successo, cambia il loro stato d’animo.
Se prima se ne andavano da Gerusalemme tristi e delusi, adesso ritornano a Gerusalemme pieni di energia, di fuoco
La storia non cambia ma se posso cambiarne il senso, allora “cambia” e la posso accettare.
E’ bello camminare insieme ad un altro.
E’ bello camminare raccontando.
E’ bello scoprire che proprio mentre tu cammini con un fratello, in un racconto reciproco di gioie e di dolori, proprio allora si affianca un Terzo, che ancora non riconosci.

Un Altro cammina accanto a te quando con l’altro cammini e racconti.
Sapremo anche noi riconoscerLo nei chilometri di questa nostra settimana?
Sapremo anche noi raccogliere la sua presenza come fiore di primavera per poi raccontarla?
Coraggio amico, comincia a raccontarti.
La bella notizia di questa domenica? Nel nostro cammino qualcuno ci si affiancherà, attraverseremo senza paura la nostra notte….e sarà l’aurora!

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