Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 20 Novembre 2022

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Siamo i figli del Re

Prima di tuffarci nell’Avvento, la liturgia ci mette davanti agli occhi la novità scandalosa di un Dio che presenta la sua regalità dal trono della Croce.
Al centro del Vangelo di oggi c’è la Croce.
Oggi è la festa di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
Un titolo pomposissimo, che forse può sembrare anacronistico eppure, se ci pensiamo, è il motivo per cui hanno ucciso Gesù, c’era scritto sulla croce!
Allora, in questi giorni, per prepararmi sono venuto davanti al crocifisso e ho notato: un re con le mani forate invece di uno scettro, in testa dei chiodi invece di una corona d’oro e per trono, una croce! Verrebbe quasi da dire: “ma che razza di re ci siamo scelti”.
Amici, questo è il nostro Re e non a caso è questo il simbolo dei cristiani.
Parafrasando una pubblicità di qualche tempo fa’, possiamo dire che…il nostro Re è differente.

E’ un Re talmente potente da lavare i piedi ai suoi discepoli, e dare un boccone a chi lo stava per consegnare nelle mani dei suoi assassini.
Siamo sinceri: facciamo fatica ad essere discepoli di un Dio così, perché siamo tutti a caccia di vittorie, piccole o grandi che siano; perché sogniamo di essere visti, di essere riconosciuti, perché – siamo onesti – desideriamo consenso e attenzioni.
Invece, il nostro re, si alimenta di un’altra logica. “Il mio regno non è di questo mondo”, dice Gesù.

Facciamo fatica a seguire un Dio che rivela la sua regalità nell’amore, nel servire e non nella pretesa d’essere servito. Facciamo fatica…
Facciamo fatica, in fondo, perché l’idea di un Dio onnipotente, che amministra in maniera autoritaria la sua giustizia, è una distorsione mentale che continuiamo a portarci dentro.
Siamo sinceri: abbiamo tutti un po’ paura di Dio.
La bella notizia è che Dio è onnipotente solo nell’amore! Non dobbiamo aver paura di lui perché Dio non può che giudicarci amandoci
Dio mi ama fino a morirne: questa è la bella notizia del cristianesimo.
Un Dio che mi ama anche se lo rinnego, anche se lo tradisco, anche se lo rifiuto.
Insomma il nostro Re non pretende nulla ma semplicemente mi ama di un amore folle perché lui è il Re dei perdenti, dei malati, degli ultimi, dei sofferenti.
Il nostro Re è differente dagli altri re perché sa che l’amore o va fino all’estremo o non è amore! L’amore non si ferma prima.
Allora, fissiamo lo sguardo sulla croce, lasciamo spazio allo stupore e chiediamoci: davvero lo vogliamo un Dio così? Siamo proprio sicuri?
Prima di rispondere frettolosamente osservatelo bene: è un Dio senza bacchetta magica, che si china sui piedi maleodoranti dei suoi discepoli e li lava con cura, che non toglie il dolore ma lo condivide, che non ci salva dalla morte ma nella morte, che perdona i suoi assassini, che sceglie come primo santo da canonizzare un delinquente crocifisso come lui, che muore solo come un cane perché abbandonato da tutti i suoi amici.

Re

«Dunque, tu sei re?» chiede Pilato a Gesù. Si caro Pilato, Lui è Re ma di un altro mondo.
Il suo regno cambierà questo mondo. In greco la risposta di Gesù risuona così: “io sono il martire della verità”. Perché la verità non una idea, ma una vita; non è una nozione, ma una persona. La verità non si dimostra, si mostra.
E’ uno strano Re Gesù che ha varcato solo una volta la soglia di una reggia ma per essere condannato a morte. Non ha mandato a morte nessuno per lui: è lui che muore per tutti.
Il suo primo trono fu una mangiatoia, l’ultimo una croce.
Da quella non ha voluto scendere, eppure avrebbe potuto.
I Re promulgano tante leggi, lui una sola: amatevi.

Conseguenze

Da qui però derivano due conseguenze.
La prima è che se Gesù di Nazareth è davvero il nostro Re, saranno gli altri a dircelo.
Se davvero è il nostro Re, colui che guida la nostra vita, lo dimostreremo una volta usciti dalla nostra chiesa, donando un sorriso a chi incontreremo, stando vicino un malato, attento a chi ha bisogno in famiglia, a casa, a lavoro, a scuola, al mercato.
Se Gesù di Nazareth è il Re della nostra vita, saranno gli altri a dircelo.

La seconda conseguenza è che se Gesù di Nazareth è il nostro Re allora noi siamo figli del Re! Allora non siamo dei poveri sudditi che dobbiamo obbedire magando facendo penitenze e sacrifici per attrarre la sua benevolenza.
Noi siamo figli del Re!
Noi siamo la perla preziosa che è venuta a cercare.
Siamo amati alla follia, perché siamo suoi figli.
Siamo al mondo per qualcosa di grande, perché siamo figli del Re!
Se siamo figli del Re allora guardiamo alla croce come misura dell’amore.
Se siamo figli del Re allora il potere, tra noi, sarà sempre e solo servizio e lo stile sarà sempre e solo all’insegna dell’amore.
Se siamo figli del Re allora sappiamo che la Storia (quella del mondo ma anche la nostra) finirà bene, finirà tra le braccia di Dio.
Durante questo anno in compagnia di Luca, ci siamo davvero convinti che questo è il nostro re?

Abbiamo davvero messo in discussione le immagini non evangeliche della nostra fede per accogliere il vero volto di Dio rivelato da Gesù?
Abbiamo davvero scelto di essere discepoli di un Dio così?
A te, amico lettore, prima di iniziare il tempo dell’attesa, spetta la risposta alla domanda più urgente della fede.
La bella notizia di questa Domenica (prima di iniziare il tempo dell’Avvento domenica prossima)? Siamo figli di un Re, di un Re differente dagli altri che ci ama alla follia e che ci chiede semplicemente di lasciarci raggiungere dal suo amore.

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