La felicità prima della fedeltà
Il tema della ricchezza è ricorrente in Luca, evidentemente la sua comunità aveva molte ricchezze e non riusciva a trovare un equilibrio tra i beni materiali e le esigenze del Vangelo. Il capitolo sedici è dedicato proprio al problema dell’uso della ricchezza.
Gesù si rivolge ai discepoli con una parabola imbarazzante, presente solo nel Vangelo di Luca: parla di un amministratore, un padrone e una truffa con tanto di elogio del truffatore. La domanda sorge spontanea: come si può lodare un disonesto, uno che ruba?
Diciamolo subito: Gesù loda la capacità di reazione di fronte ad una situazione compromessa, a essere elogiata è l’intuizione, l’intraprendenza. L’amministratore non si è rassegnato, non si è lagnato, non si è commiserato. Di fronte all’incubo di perdere lo status sociale acquisito, ricorre a un meccanismo finanziario che lo penalizza temporaneamente, ma che gli permette di sanare i bilanci e di mantenere l’incarico. Davanti a un problema, ha trovato una soluzione creativa. Il sistema del latifondo era esteso in Galilea e spesso era in mano a degli stranieri. Gli amministratori non erano retribuiti direttamente, ma si ritagliavano un compenso sulle transazioni che compivano. L’amministratore rinuncia, così, al proprio guadagno pur di salvare il posto.
Disonesto
«Il padrone lodò quell’amministratore disonesto». Questa frase, a ben pensarci, è evangelicamente senza senso. Non è pensabile che, derubato, gli abbia detto: “Bravo!“. Questa frase si comprende solo se sappiamo che la parola “padrone” in greco vuol dire anche “Signore”. Ora è chiaro. E’ Gesù che dice a quell’amministratore: “Hai agito con scaltrezza”. La parabola dunque finiva così: “Gesù lodò il modo di agire di quell’uomo”. Insomma, la parabola originariamente terminava con un elogio a sorpresa da parte di Gesù; ma nel testo attuale la tradizione glielo attribuisce indirettamente, mettendolo in bocca al padrone.
Mi piace lo sguardo di Gesù che coglie negli atteggiamenti profani quel frammento di bellezza che tanta passione arrecherebbe anche alla sua comunità che sta facendo nascere. Da figura perfida l’amministratore diventa metro di misura.
Creatività
Che cosa accade? L’amministratore è stato scoperto a frodare e valuta le possibili soluzioni.
Parlando con se stesso (come la maggior parte dei personaggi di Luca) l’amministratore comincia a pensare al proprio futuro.
L’amministratore non si fa schiacciare dai sensi di colpa. Conosco molte persone che non si concedono la gioia del perdono, che restano legate a errori commessi anni prima. Amico lettore, inutile rimuginare su cosa avresti dovuto fare in quella situazione, come avresti dovuto comportarti. E’ vero, hai ragione, ma ormai è successo, perdonati e guarda avanti.
L’amministratore, accortosi della colpa, valuta due soluzioni. La prima è: “Mendicare”, cioè riconoscere di non essere più degno d’amore perché si è commesso un errore imperdonabile. La seconda è: “Lavorare” cioè cercare di riconquistare la dignità perduta.
L’amministratore non dice: “E’ finita!”. Non cerca di scusarsi ma riconosce il suo errore (si perdona) e guarda avanti. Nel momento in cui ha sbagliato, si accorge degli altri e li aiuta. Ecco la soluzione creativa: farsi degli amici che lo possano aiutare quando ne avrà bisogno.
Gesù vuole che impariamo da lui.
Quando qualcosa non funziona, è inutile insistere, illudersi, bisogna semplicemente cambiare, siamo noi che dobbiamo cambiare. Davanti ad una situazione difficile, troviamo una soluzione creativa. Invece di perdere tempo a piangerci addosso, passiamo il resto del tempo che ci resta ad amare.
L’amministratore passa all’azione: fa venire i vari debitori uno a uno. Il primo riceve uno sconto del 50 per cento, il secondo del 20 per cento. Prima defraudava i debitori, ora mette tutta la sua passione per aiutarli. Trasforma un errore in una forza. Istintivamente avrebbe dovuto accumulare il più possibile per avere delle riserve. Lui invece punta sulla misericordia, sperando di ottenere misericordia e fa bene perché la carità cancella molte colpe.
Astuzia
Gesù non sta proponendo quest’amministratore come modello di disonestà, ma come esempio di astuzia. Sul finale, però, un’amara constatazione: «I figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce». Il discepolo dovrebbe avere la stessa energia, passione e ingegnosità dell’amministratore per annunciare la bella notizia. Immagino il volto trasfigurato di un giovane innamorato, la gioia che emana dallo sguardo e mi chiedo se le nostre comunità hanno anche solo la metà di quell’entusiasmo nell’annunciare il vangelo. Siamo sinceri, forse ci manca passione: molte comunità sono ferme, nostalgiche, incapaci di novità…Forse ci vorrebbe l’astuzia dell’amministratore della parabola messa a servizio del vangelo.
Amici
Gesù stesso commenta la parabola: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne». In fondo non c’è comandamento più umano. Nel gioco della vita vince chi ha più amici, non chi ha più soldi. E saranno proprio questi amici che ci accoglieranno nella casa del cielo, non Dio, sono loro che hanno le chiavi del Paradiso.
In questo sta la grandezza dell’amministratore: rinunciare ora a qualcosa per investire nel suo futuro. «La vita a nessuno è data in possesso, ma a tutti in amministrazione» (Seneca). Amico lettore, so’ che ti starai ponendo questa domanda: ma perché questo disonesto sarà accolto in Paradiso? Perché lo sguardo di Dio non si posa sul peccato ma sul bene fatto che sarà sempre enormemente di più del male compiuto. I Suoi occhi non guarderanno te ma attorno a te, agli amici che avrai consolato, ai poveri che avrai aiutato. Guarderà il bene che hai fatto per coprire il male. L’unico modo per cadere in piedi dopo che abbiamo sbagliato, è amare quanto più possibile. L’amministratore fa verso i debitori ciò che Dio fa verso l’uomo: rimette i debiti. Certo, l’amministratore è misericordioso per necessità, per furbizia, Dio no. Dio pone sempre al primo posto la felicità dell’uomo, non guarda alla mia fedeltà ma alla mia felicità.
Mammona
Questa piccola parabola, cerca di invertire il paradigma su cui si basa il mondo: ciò che da sicurezza non è il denaro. Il termine “mammona” compare quattro volte nei vangeli di cui tre in Luca e, nella radice ebraica, ha lo stesso significato della parola “amen”, cioè “sia così”, “è sicuro”. Il termine non è biblico, ma si trova nella letteratura giudaica e può essere inteso come la “ricchezza che non ci appartiene”. La ricchezza ha un grande svantaggio: si perde, ecco perché la gente cerca di tenersela stretta, Dio no, neppure se muori, Lo perdi.
La bella notizia di questa domenica? Per Dio la nostra felicità viene prima della nostra fedeltà e in Paradiso ci accoglierà con i volti di chi avremo reso felici.
Fonte: il blog di Paolo de Martino | CANALE YOUTUBE | PAGINA FACEBOOK