Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 18 Giugno 2023

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Perduti nel cuore di Dio

E’ l’inizio del discorso missionario.
Gesù vede persone stanche e sfiduciate. Di fronte a questo bisogno, chiama alcuni uomini, dodici, per fare ciò che già lui faceva. La domanda nasce spontanea: che bisogno aveva di chiamare altri? Era il figlio di Dio! Non bastava solo lui? No.
Gesù si rende conto che non può fare tutto da solo. Insomma anche Dio fa quel che può. Ha bisogno di me, di te che leggi. Non mi stancherò mai di ripeterlo: Dio fa tutto facendo fare tutto! Dio non può arrivare a tutti, ha bisogno di farsi aiutare, ha bisogno di discepoli che lo sostengano nel suo lavoro. Ecco manifestata in tutta la sua semplicità l’impotenza di Gesù di fronte alla necessità di annunciare il vero volto del Padre.

Alzi la mano a chi non è mai capitato di sbottare: “Ma non posso fare tutto io! Sono solo non ce la faccio!”. Colmi d’impegni, siamo stati costretti a dire dei “no”. Sono attimi in cui facciamo esperienza della nostra impotenza, del nostro limite. Che bello sapere che anche Gesù, il figlio di Dio, era consapevole di non poter fare tutto da solo. Non poteva fare tutto e arrivare a tutti e allora ha chiesto aiuto. Amico lettore, devi fare i conti con la tua impotenza: devi porti dei limiti. Quando le esigenze familiari e pastorali diventano troppe, come Gesù devi chiedere aiuto altrimenti devi dire di no.

Messe
Da piccolo mi chiedevo sempre cosa fosse la “messe” quando ascoltavo «la messe è abbondante». Essendo nato e cresciuto in città era un termine a me sconosciuto. Ho scoperto poi che la “messe” è l’operazione di falciare e raccogliere il grano, quando le spighe sono giunte a maturazione. Che bello! Dire che «la messe è abbondante» allora significa che ogni uomo è maturo per vivere da figlio di Dio. Non bisogna aspettare tempi migliori. La messe è matura da sempre. Il tempo è compiuto, questo è il tempo della messe. Il mondo così com’è, è messe matura. La Chiesa è chiamata ad avere uno sguardo maturo, positivo sul mondo. Dio è già all’opera, l’altro non è un terreno vergine, qualcuno ha già seminato il buon seme.

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Improbabili
L’elenco degli apostoli è a coppie, come pure saranno inviati a due a due.
Un elenco davvero strano. Chiunque di noi avrebbe scelto uomini culturalmente preparati, di spiccate virtù morali, sapienti, qualche scriba o fariseo cioè conoscitori della scrittura. E invece nulla di tutto questo. E’ un gruppo davvero improbabile. Perché ha scelto proprio loro? Perché li ha scelti amando, senza fare calcoli sulla possibile efficacia.

Siamo onesti: nelle nostre parrocchie, quando scegliamo catechisti, animatori vogliamo che abbiano delle competenze, delle qualità più precise e che siano di provata onestà. Gesù invece li sceglie tra la gente comune, proprio perché è gente comune, che forma il popolo di Dio che è la Chiesa. La Chiesa, sarà sempre intrisa di santità e peccato perché è umana, molto umana e porterà sempre con sé la traccia del limite.

Eccoli allora i dodici apostoli: dodici come i figli di Giacobbe, come le tribù di Israele.
Pietro è detto il primo (è il segno della sua autorità) che si rivelerà il più debole, il più fragile di tutti. Il primo a essere chiamato è suo fratello Andrea, un anonimo pescatore. Giacomo Giovanni, i “Boanerghes” cioè “figli del tuono”, dal carattere focoso. Questi quattro erano gli amici più intimi di Gesù. Non è vero che bisogna essere uguali con tutti! Nella Chiesa non con tutti avremo lo stesso rapporto altrimenti sarebbe come dire che tu o un altro è la stessa cosa. Filippo è un greco; Bartolomeo, un ebreo (immagino il feeling tra due!). Tommaso vuol dire gemello, uno dalla doppia faccia. Matteo è pubblicano (un ebreo che riscuoteva le tasse agli ebrei per conto dell’invasore romano). Simone era uno Zelota (erano chiamati anche “Sicari”, poiché andavano in giro con i pugnali nascosti sotto la cappa e utilizzati per ferire o persino uccidere chiunque fosse colto a compiere sacrilegi, atti offensivi o anche omissioni nei confronti della fede giudaica). 

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Giacomo di Alfeo (un secondo Giovanni Battista, un tradizionalista!), Taddeo, che vuol dire “animoso, uno che se la prende facilmente” (altri evangelisti hanno Giuda di Giacomo al suo posto) e Giuda Iscariota di cui è inutile aggiungere altro.
Un gruppo più sconclusionato di questo non poteva metterlo insieme che Gesù. Non avevano nessun motivo per stare insieme se non l’amore verso il maestro. Amico lettore, nella Chiesa non ci siamo scelti, ci ha scelto. Ecco perché, per stare insieme, dobbiamo trovare motivi più profondi. Nelle nostre comunità spesso dimentichiamo che lavoriamo tutti allo stesso compito. Spesso ci concentriamo sul “come” invece non dovremmo mai perdere di vista il “perché”. Che bello vedere che tra gli apostoli c’è chi è diventato Papa, chi ha scritto un vangelo, chi è rimasto nell’ombra ma tutti uniti per annunciare il vero volto di Dio!

Questa è la Chiesa, amico lettore. All’uomo che soffre, Gesù invia altri uomini fragili e feriti, trasfigurati dal Suo amore.

Nome
Questo elenco ci dice anche un’altra cosa: ciascuno è chiamato per nome. Davanti a Lui non siamo massa, siamo unici. Per Dio siamo tutti figli unici!

Con che metodo? «Strada facendo, predicate», cioè camminando. La missione è dinamica, non ammette soste spirituali, non ammette sedentarietà. La salvezza, (cioè la felicità) si diffonde con la vita, per contagio, camminando insieme. Il cristianesimo non può mai essere immobilismo, ma è vita, cammino vissuto seguendo le orme del Maestro. Ecco perché è un cammino senza fine, desiderio di un incontro che resta sempre acceso. Cristo è cammino!

Vocazioni
All’inizio Gesù aveva invitato a «pregare il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe».
Dite la verità: noi interpretiamo subito queste parole come un invito a pregare per le vocazioni sacerdotali. Non è così: noi preghiamo perché mandi me a lavorare nel suo campo! Mandi me, come sposo, come sposa, come prete, come diacono, come suora, come uomo, come donna.

La messe, lo ripeto, è abbondante. E’ uno sguardo positivo quello del Signore. Noi vediamo chiese semivuote, Lui vede altro, vede già il grano che biondeggia nei campi dell’umanità. Ogni cuore è una zolla che può creare!
Amico lettore, io continuo ad amare la Chiesa nonostante le sue imperfezioni, nonostante le mie imperfezioni. E’ da quei dodici improbabili discepoli che è partito il fiume di misericordia che è arrivato fino a noi. E’ da quei dodici ”ignoranti” che abbiamo ricevuto il ritratto del vero volto di Dio.

La bella notizia di questa domenica? Dio continua a servirsi di uomini e donne fragili e incostanti per annunciare la bella notizia!

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