Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 16 Luglio 2023

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Il capitolo 13 di Matteo è costituito interamente da parabole (eccetto il brano finale) destinate per le folle, ma la loro spiegazione è riservata unicamente ai discepoli.

Sono parabole che parlano di crescita, affermano l’esistenza di qualcosa che, se te ne prendi cura, può crescere e piano piano, giorno dopo giorno, diventare ciò che deve diventare. Nella vita tutto avviene con gradualità, senza accorgersene, giorno dopo giorno. E’ per questo che si prega ogni giorno: perché la nostra anima non muoia. E’ per questo che si mangia ogni giorno: perché il nostro fisico non muoia.

Casa
Il vangelo dà una serie di piccole annotazioni prima della parabola. Gesù esce da casa e si siede in riva al mare. Interessante il particolare della casa. E’ la prima volta che Matteo parla in modo esplicito della casa abitata da Gesù (si tratta, in effetti, della casa di Pietro a Cafarnao).
Dalla spiaggia Gesù si trasferisce sulla barca, simbolo della missione della Chiesa, (mentre la Chiesa in sé è rappresentata dalla casa di Pietro).
Gesù si siede, perché le cose importanti hanno bisogno di tempo, di calma e inizia a parlare in parabole.

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Parabole
Leggendo i tre vangeli sinottici si è impressionati dall’ampiezza dello spazio destinato alle parabole. La parabola è un breve racconto introdotto da una similitudine (“parabolé” in greco vuol dire “paragonare”), in cui una realtà familiare rimanda a un’altra realtà spirituale che vuol essere paradigmatica del modo di agire di Dio. La parabola prende delle immagini comuni, esempi tratti dalla vita quotidiana, dal lavoro contadino, da eventi condivisi. Gesù amava il lago, i campi di grano, le distese di spighe. Osservava la vita (le piccole cose sono un racconto di Dio) e nascevano parabole. Per Gesù tutto ciò che è “semplicemente umano”, è anche “divino”. La vita stessa di Gesù è una “parabola” che apre al Mistero, che parla del Padre.
Le parabole, all’apparenza semplici, richiedono in realtà accoglienza e semplicità per comprenderle. Quanto è complicata la semplicità! È semplice parlare in modo “difficile”, ma com’è difficile parlare in modo “semplice” (forse un po’ tutti abbiamo fatto esperienza di ascoltare qualche predicatore che dà sfoggio della propria cultura teologica!).

Si è soliti pensare che Gesù abbia parlato in parabole per una maggiore comprensione del suo pensiero: esponendo dei racconti, attinti dall’esperienza quotidiana agricola e pastorizia o della pesca (ma Gesù non era un falegname?), gli ascoltatori, per lo più persone semplici, erano sollecitati a comprendere con facilità il messaggio. Sorprende, però, che nei vangeli le cose non stiano esattamente così.

La parabola spesso è enigmatica, tende a rendere meno comprensibile il parlare di Gesù. «Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono». Sembra che Gesù parli in parabole proprio per non farsi comprendere! Il senso delle parabole è rivelato solo a quelli che in qualche modo si sono già sbilanciati seguendo Gesù, mentre agli altri, a “quelli di fuori”, resta insoluto. Le parabole di Gesù utilizzano un linguaggio volutamente provocatorio, per invitare l’ascoltatore a realizzare quel salto qualitativo che lo porti alla conversione, a passare dalla logica degli uomini a quella di Dio. Letteralmente convertirsi vuol dire cambiare mentalità, cambiare pensiero, cambiare testa (“metanoia” in greco vuol dire “oltre il pensiero”). Il vero significato della parabola può essere pienamente compreso e accettato solo da chi si pone in sintonia con il cuore di Dio, con la logica di Dio. Per questo, probabilmente, gli evangelisti insistono sull’incomprensione, perché solo attraverso la fede, l’uomo può accogliere l’invito di Dio. Gesù non forza la mano perché sa che la verità non s’impone, ma si accoglie, perciò chiede ai suoi uditori di aprirsi all’ascolto. Vuole avvicinare i suoi uditori al cuore, non all’intelligenza. Magia delle parabole: un linguaggio che contiene di più di quel che dice. Un racconto esile, che suscita emozioni e avvia un viaggio personale.

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La parabola parla secondo l’apertura del cuore. Se non la comprendiamo, è perché il nostro cuore è chiuso. La parabola è per chi vuole e può capire. C’è tanta luce per chi vuol vedere e tanto buio per chi non vuol vedere.
Le prime comunità hanno fatto tesoro di questo metodo, a volte riportando le parole di Gesù con qualche sfumatura, magari ampliandole o attualizzandole, così come, in teoria, accade ogni domenica nelle nostre parrocchie. Se noi guardassimo la realtà con gli occhi di Dio, allora anche noi comporremmo parabole, parleremmo di Dio e dell’uomo con poesia e speranza, proprio come faceva Gesù.

Seme
Al centro della parabola non c’è il seminatore e nemmeno il terreno. Al centro di tutto c’è il seme, la Parola.
Il Dio di Gesù di Nazareth è un Dio contadino che crede nella forza della Parola più ancora che nei frutti, nei risultati della Parola: è la Parola che è vera, non i suoi esiti. Amico lettore, credi nella bontà del vangelo più ancora che nei risultati visibili. Dio trasforma le persone anche quando non ne vedi i frutti.

I quattro quadretti che sono descritti da Matteo, raccontano esiti diversi dell’unica semina, dello stesso annuncio della Parola. La semina è veramente esagerata. Gesù semina ovunque la sua Parola, non è un contadino schizzinoso, non scarta i terreni non adatti. Tutti siamo il terreno di Dio. Amico lettore, la sua Parola è gettata anche nella tua vita.
Interessante che i quattro esiti diversi della semina non sono messi in ordine temporale ma in ordine spaziale. Accanto al terreno che non porta frutto, c’è il seme che germoglia. Nella stessa semina sono possibili risultati diversi. La Parola non si fa largo come uno schiacciasassi, ma con la piccolezza di un seme gettato sulla terra. La sua potenza è indiscussa, è la qualità dell’accoglienza che fa cambiare l’esito. Amico lettore, tu come accogli la Parola? Qual è lo spazio che quotidianamente gli riservi?

In Palestina un sacco di semi poteva darne undici, dodici. Gesù parla di trenta, sessanta, cento sacchi! La proporzione è inverosimile. A fianco di terreni aridi, germoglia una vita sovrabbondante e inaspettata. Dio, generoso, non priva nessuno dei suoi doni per quanto io sia arido e sterile. Amico lettore, oggi può accadere! Oggi questa Parola può germogliare nella tua vita.

Che bello vedere questo Dio contadino che continua a seminare nel terreno del mio cuore. Crede nella forza del seme e nella bontà del mio terreno che è al tempo stesso campo di spine e terra.
La bella notizia di questa domenica? Dio continua a seminare in me, senza sosta. Tra spine e rovi, tra strade e sassi, vede una terra capace di accogliere e fiorire, dove il piccolo germoglio alla fine vincerà.

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