Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 15 Maggio 2022

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Amare gli altri con lo stile di Dio

Ci troviamo durante l’Ultima Cena.
Gesù ha appena fatto un ultimo tentativo con Giuda: fallito.
E’ vero: Gesù ha fallito con Giuda. Ma proprio in questo fallimento ha manifestato chi è Lui e chi è Dio (questa è la sua gloria): Dio è amore incondizionato concesso a tutti. Anche a chi non lo vuole. Anche a chi non se lo merita. Anche a chi tradisce. Anche a chi lo rifiuta.
Allora dovunque c’è espressione di amore disinteressato lì c’è Dio.
Questa è la gloria: amare gratuitamente, senza chiedere, senza aver pretese, ma per la sovrabbondanza del proprio cuore.
«Quando Giuda fu uscito dal cenacolo, Gesù disse…».

So bene che questo versetto è assolutamente marginale rispetto al cuore del vangelo di oggi, ma non riesco a distrarmi da questo dettaglio che credo sia un’indicazione preziosa per ciascuno di noi: ci sono cose precluse “a Giuda”.
Certe verità del Vangelo le si possono confidare solo a chi non ragiona alla maniera di Giuda.
Ma non mi riferisco a lui come al traditore, che tra l’altro lo fa compagno di merende anche di Pietro, ma bensì a quella mentalità che gli fa calcolare, analizzare, pianificare tutto, fino ad arrivare a togliersi la vita proprio per incontrovertibile calcolo della sua testa: “sono imperdonabile!!”.
Si è Giuda non quando si sbaglia, ma quando si vuole piegare la vita al calcolo.
Chi ragiona così non può capire il meglio del Vangelo.
Poi il vangelo arriva al culmine: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati così anche voi vi amiate gli uni gli altri».

Nuovo in greco si può dire neos che significa un altro, “aggiunto nel tempo”.
Oppure si può dire con kainos che vuol dire nuovo nel senso di qualità.
Gli ebrei avevano già i Dieci Comandamenti, Gesù non ne dà un undicesimo.
Avevano già 613 di regole da seguire, bastavano quelle, erano più che sufficienti!
Gesù non aggiunge, ma toglie. Gesù ne dà uno unico, di totalmente nuovo, su di un altro piano, tutta un’altra cosa, che soppianta tutto ciò che c’è prima.

Qui si parla di comandamento: ma si può comandare l’amore? No!
Ma perché allora Giovanni lo chiama comandamento visto che non si può comandare?
Gli ebrei conoscevano molto bene i Dieci Comandamenti e tutti i comandamenti della Legge. La Legge (i comandamenti) dovevano essere obbediti. “Vuoi che Dio ti ami? Vuoi essere in regola? Devi seguire e rispettare i comandamenti”. Era un dovere.
Gesù parla di “comandamento” (e capite che lo fa di proposito) proprio per contrapporlo ai Dieci Comandamenti e a tutti gli infiniti comandamenti e regole dell’A.T.: “Basta!
L’amore non si guadagna: l’amore è offerto”.

«Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Ci penso e ci ripenso.
Sì, mi piace davvero il “come” di Gesù.
Mi piace perché ci inchioda, perché ci proibisce di accontentarci e giustificarci.
Se voglio amare per davvero, se voglio riempire il mio cuore di passione, è a quell’amore che devo guardare. Niente di meno.
Nel cristianesimo il “come” conta moltissimo, perché non tutto ciò che si porta addosso l’etichetta di amore è amore che salva, che fa davvero bene.

Certe volte ci nascondiamo dietro lo slogan “basta che è amore”, ma in realtà dovremmo domandarci se quell’amore è amore che salva, che aggiunge un di più alla vita, se tocca davvero la qualità delle cose o è solo una brutta imitazione di ciò che dovrebbe essere l’amore.
Sto tentando di amare così? Come Gesù?
Sto tentando di amare nella verità, senza piccolezze e menzogne, senza calcoli e previsioni di ritorni, senza aspettarmi nulla?
Sto tentando di amare con tutta l’intelligenza del cuore e tutta la passione della carne?
Mi piace davvero questo “come” di Gesù, perché non solo ci dice che Lui è il modello dell’amore, ma pure la fonte! Modello perché ci mette davanti agli occhi il capolavoro a cui dobbiamo tendere, ma soprattutto ci dice che Lui è la fonte del mio amore.
Amo perché mi sono sentito investito dal Suo amore che mi cambiato la vita.
Mi dono perché ho percepito la Sua passione infinita per me.
Condivido perché in Lui mi sono ritrovato fratello.

Perdono perché il suo amore mi ha rimesso a nuovo e rialzato dalle mie fatiche.
Questo è davvero fantastico, perché ci ricorda (e quanto ci fa bene!) che l’amore cristiano non parte da uno sforzo titanico, ma dallo stupore di un Amore eccedente da cui mi trovo investito.
La vita cristiana è l’esperienza di questo anticipo gratuito e sorprendente dell’amore, che non posso tenere per me, che devo condividere, che devo donare perché l’ho ricevuto come un dono e non posso tenerlo per me.
Da questo amore, dice Gesù, tutti capiranno che siamo Suoi discepoli. Non ci sono altre vie.
Da un amore che lascia intravedere Lui, tutti sapranno che siamo discepoli del Risorto.

Forse ci stiamo preoccupando di troppe cose, consumiamo energie per conservare poteri e presenze che hanno davvero poco di evangelico.
Ci alleniamo in tecniche politiche e strategie di convinzioni.
Ci arrocchiamo in bastioni ben protetti per difenderci, spiegare e dimostrare.
Ma del comandamento nuovo di Gesù che ne abbiamo fatto?
Nelle nostre efficientissime comunità, nelle nostre riunioni (troppe…) e programmazioni, nelle scelte importanti, qual è la temperatura dell’amore fraterno?

Abbiamo bisogno di ritornare lì, di mettere l’amore – il Suo – al centro della nostra vita cristiana.
«Amatevi gli uni gli altri»: tutti, nessuno escluso; guai se ci fosse un aggettivo a qualificare chi merita il mio amore e chi no. È l’uomo. Ogni uomo, perfino l’inamabile.
Gli uni gli altri significa inoltre reciprocità.
Non siamo chiamati solo a spenderci per gli altri, ma anche a lasciarci amare: è nel dare e nel ricevere amore che si pesa la beatitudine della vita.
La bella notizia di questa domenica? Possiamo amare gli altri con lo stile di Dio… perché siamo stati amati in modo folle da Dio!

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