Paolo Curtaz – Il Dio di Gesù.

Pregare il Padre nostro

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Dio, quanto lo desideriamo! Lo desideriamo quando, nello stordimento dei sensi che ci impediscono di ascoltare la nostra anima, emerge il grido profondo che ci abita: “Ho bisogno di amare, di essere amato, di esistere!”.

Questo percorso meditativo sul Padre nostro nasce proprio dalla consapevolezza che quel grido interiore è stato ascoltato, ha ricevuto una risposta, ha ricevuto una indicazione. Da allora (e per sempre) siamo diventati cercatori di Dio. Il Padre nostro è la preghiera cristiana più conosciuta, l’unica consegnataci direttamente dal Rabbi Gesù, che non è venuto per insegnarci preghiere, ma come pregare e chi pregare. Riprendendo, invocazione dopo invocazione, la preghiera del Padre nostro, pregando e meditando le parole del testo, possiamo convertire il nostro cuore al vero volto del Dio di Gesù. Perché noi non crediamo in un Dio, ma nel Dio di Gesù Cristo.

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Leggi l’introduzione

Dio, quanto desideriamo Dio!
Lo desideriamo quando nel caos del presente, nella confusione dell’oggi, nello stordimento dei sensi che ci impediscono di ascoltare la nostra anima, emerge il grido profondo che ci abita: ho bisogno di capire, di amare, di essere amato, di esistere.
Se stai leggendo questa riflessione è perché quel grido interiore è stato ascoltato, ha ricevuto una risposta e se non proprio una risposta definitiva, ha ricevuto una indicazione. Da allora (e per sempre) sei diventato cercatore di Dio.

E questo percorso consiste nel fidarsi di quanto ha detto il Signore Gesù che abbiamo riconosciuto come il Cristo che ci porta a Dio. Perché noi non crediamo in Dio ma nel Dio di Gesù. Lui ci porta al Padre/Madre, lui ci dona lo Spirito che ci porta alla verità tutta intera, di Dio e di noi stessi (Gv 16,13).
Un percorso che accomuna molte persone, diverse per carattere, formazione, esperienza e che, pure, mosse dallo Spirito, hanno iniziato questo cammino di conoscenza, di se stessi e di Dio.
Questa comunione di cercatori, di discepoli che seguono il Maestro Gesù figlio di Dio è (dovrebbe essere, potrebbe essere, potrebbe diventare) la Chiesa.

Percorsi

Molti sono i modi per arrivare a fare esperienza del Dio di Gesù, e in ogni cammino ci sono alcune costanti comuni: la scoperta dell’anima, la vita interiore nutrita con il silenzio, la preghiera, la meditazione, la vita esteriore che in qualche modo diventa riflesso di questa ricerca, nel servizio al bene, alla bellezza, alla vita, al perdono, all’amore…

Un cammino di fede condiviso (si spera) con altri fratelli e sorelle, in un momento storico in cui essere discepoli diventa una scelta (anche piuttosto faticosa ad essere onesti) e richiede tempo e volontà.

Un tempo in cui la preghiera, intimo dialogo con Dio scaturito e nutrito dalla lettura orante della Parola e dal discernimento dei segni della sua presenza nella nostra vita, ci è necessaria per rimanere ancorati, saldi, credenti.
Perché questo è il tempo di credere, non di cedere.

Tempo di essenzialità, di sostanza, di ascesi (bella e sana, cioè cattolica).
Tempo di meditare e pregare, di far tornare il cristianesimo alle proprie radici, per ribadire ciò che è: un percorso di conoscenza di (in) Dio.
Tornare a pregare, nutrire la vita interiore con la preghiera quotidiana, far diventare la nostra vita un roveto ardente che scalda e illumina: questo siamo chiamati a fare, figli irrequieti e affaticati del nostro tempo.

Ma, lo so bene, lo sperimento: è impegnativo, sul serio, imparare a pregare, pregare quotidianamente, dare un ruolo all’interiorità fra le mille cose che dobbiamo/vogliamo svolgere. Fare spazio mentale anzitutto, perché la preghiera fluisca in noi, perché dalla preghiera quotidiana ci derivi un approccio alto e altro a quello che viviamo.

È bellissimo vedere come nel cammino dell’uomo ci siano molti approcci al mondo interiore e nelle diverse espressioni religiose lungo la storia e le civiltà ci siano costanti comuni come è, appunto, la ritualità e la vita di preghiera.
In tutte le esperienza religiose troviamo aspetti comuni come la recita di giaculatorie, lo spazio al silenzio, la definizione di tempi e luoghi dedicati al sacro. Così anche per noi discepoli del Signore.

Ma esiste uno specifico nella preghiera cristiana?
Sì, certo, sia nel destinatario della preghiera, non una generica divinità ma un Dio che si è raccontato e che ci chiama a relazione con lui, che per il modo con cui rapportarsi a lui, ampiamente descritto dal Signore Gesù come è, ad esempio l’ampia sezione dedicata alla preghiera nel vangelo di Luca ai capitoli 11 e 18.

Chi pregare
Luca si occupa (e tanto) della preghiera.
Il suo è il Vangelo da dare in mano a chi vuole iniziare un cammino di preghiera. Il Vangelo da rileggere se vuoi imparare a pregare o intensificare la tua vita interiore.
La prima e l’ultima pagina del suo testo descrivono due scene di preghiera nel Tempio di Gerusalemme: l’annuncio della nascita di Giovanni Battista al sacerdote Zaccaria (1,5-22) e i discepoli che, dopo l’ascensione di Gesù, stavano sempre nel Tempio lodando Dio (24,50-54). E proprio le preghiere che sono diventate parte quotidiana della Liturgia della Chiesa: il Benedictus di Zaccaria (1,67-72), il Magnificat di Maria (1,46-55) e il Nunc dimittis di Simeone (2,29-32) ci sono state trasmesse dalle prime pagine del vangelo di Luca.

Il suo Vangelo ci descrive un Gesù che prega continuamente, soprattutto nei momenti più importanti del suo ministero: al momento del battesimo nel Giordano: Gesù, ricevuto da lui il battesimo, stava in preghiera (Lc 3,21); dopo una giornata di predicazione: Egli si ritirava in luoghi deserti a pregare (5,16); quando sceglie i dodici apostoli: In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno chiamò a sé i suoi discepoli (6,12); prima della confessione di Pietro: Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare (9,18); nel momento della trasfigurazione sul monte: Mentre pregava il suo volto cambiò d’aspetto (9,28); quando insegna ai discepoli a pregare: Gesù si trovava in un luogo a pregare (11,1); sul monte degli Ulivi alla vigilia della passione: Cadde in ginocchio e pregava dicendo: Padre (22,41).

Così come prega dalla croce e in punto di morte: Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno (23,24) e Padre nelle tue mani affido il mio spirito (23,46).

Perché devo pregare? Ho così tante cose da fare! Meglio agire che pregare!, mi sento dire.
La ragione principale per cui sono invitato a pregare è proprio per imitare Gesù di cui voglio essere discepolo, prego perché la vita del Signore era impregnata di preghiera. E l’azione è conseguenza della preghiera, attinge alla preghiera la forza di amare. Pregare e servire sono i due verbi del discepolo, in Luca.

Discepolo che, nel pregare e nell’agire, imita il Cristo.

Rivolti ad un Padre

Gesù ci svela il volto del Padre: è a lui che rivolgiamo la preghiera.
Non a un despota capriccioso, non a un potente da convincere (Lc 11,1-13).
Siamo diventati figli, famigliari di Dio, ci ha detto san Paolo (Ef 2,19), Dio ci tratta come tratta il suo figlio beneamato.
Un buon padre sa di cosa ha bisogno il proprio figlio, non lo lascia penare, non lo abbandona, non lo ignora.
Molte delle nostre preghiere restano inascoltate perché sbagliano indirizzo del destinatario: non si rivolgono a un padre ma a un patrigno o a un antipatico tutore a cui chiedere qualcosa che, pensiamo, in realtà ci è dovuto.
Gesù è perentorio, determinato nell’affermare che ciò che chiediamo ci sarà donato.

Vi confido una cosa che ho scoperto nella mia piccola vita: spesso ho chiesto e non mi è stato dato. Allora, in quei momenti, mi sono scoraggiato. Oggi, a distanza di anni, so di avere ottenuto tutto ciò di cui avevo veramente bisogno e che, spesso, non era ciò che chiedevo.

Pregare con Gesù, pregare il Padre e Dio di Gesù, significa anzitutto credere che gli stiamo a cuore, che esiste una logica nel suo agire, nel pieno rispetto della nostra libertà, che Dio si occupa dei passeri (Mt 10,29) che, pure, si vendono per un soldo.
E che si occupa di me.
Vale la pena di insistere, come quel tale che va a chiedere dei pani al vicino nel cuore della notte (Lc 11,5-8).Quando preghiamo ci rivolgiamo ad un amico. E lo facciamo per chiedergli qualcosa per sfamare gli ospiti della nostra vita, non per vincere gli Europei di calcio.

Noi chiediamo al Padre ed egli invia lo Spirito (Lc 11,13).
A dire il vero preferiremmo esaudisse le nostre richieste e si tenesse pure lo Spirito… Non è cosi! Perché alla luce dello Spirito possiamo vedere, nella nostra vita, in che modo Dio ascolta le nostre richieste.
Quasi mai come vorremmo che facesse.
Al popolo ebraico in fuga e braccato che chiede di essere liberato dai carri del faraone, Dio mostra un sentiero in mezzo al mare (Sal 77,20).
Ad Agar l’egiziana, concubina di Abramo, cacciata nel deserto con suo figlio Ismaele, prossima a morire di sete, Dio fa vedere un pozzo (Gn 21,19).

La preghiera è un colloquio intimo, uno scambio di opinioni, una reciproca intesa.
Non una lista della spesa, non un tentativo di corruzione, non una litania portafortuna. Concepiamo la preghiera come una serie di formule bene-auguranti, ma la preghiera è fatta anzitutto di ascolto, l’ascolto di Dio, e di intercessione, intercessione per il mondo, non solo per i miei bisogni.

Insegnaci a pregare

Così per noi, oggi: solo imparando a pregare possiamo rintracciare la presenza di Dio nelle nostre giornate, solo dimorando in lui riusciamo a conservare la fede e a renderla efficace per la nostra vita. In un mondo frammentato in cui l’interiorità, prima ancora che la fede, è messa in discussione e mortificata, presi come siamo a sbarcare il lunario, costretti a cedere a ritmi di lavoro forsennati, è difficile conservare la fede e, con essa, la serenità.

La sola partecipazione festiva all’eucarestia rischia di non essere sufficiente a mantenere viva in noi la fiamma della fede: ci è necessaria la (buona e sana) abitudine alla preghiera quotidiana, alla meditazione settimanale, all’incontro prolungato, nel silenzio, col Signore. Certo: non siamo monaci di clausura e viviamo nel mondo, ma chi fa esperienza di preghiera sa che a volte occorre molta determinazione per trovare il tempo e lo spazio mentale per accedervi, e ci testimonia il cambiamento della qualità della sua vita. Dedicare anche solo dieci minuti al giorno (su 1440 che lo compongono, meno dell’1%!) ci permette di fissare la meta, di orientare la vita, di capire quanto ci sta succedendo.

Gesù non insegna delle preghiere ma cos’è la preghiera.

Perché non imparare a pregare? O a crescere nella preghiera cristiana? Diffidate di chi vi propone un unico modello di preghiera.

La preghiera comunitaria per eccellenza è l’eucarestia, senza dubbio. E la recita dei salmi quella che ha scandito la vita comunitaria di molte congregazioni di vita religiosa e, più recentemente, quella di molti fedeli laici.
Ma la preghiera personale, che sia la recita del rosario meditato, la meditazione delle letture del giorno, la recita del breviario, la lectio divina su un brano evangelico, deve avere le stesse caratteristiche minime.

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