Paolo Curtaz – Commento al Vangelo di domenica 9 Aprile 2023

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Non è qui

Lo hanno sepolto in fretta e furia: già era comparsa la prima stella della notte nella vigilia di quel sabato, che in quell’anno coincideva con la Pasqua ebraica, la Pesah.

Le donne avevano visto dove era stato deposto il corpo straziato, martoriato, ferito, offeso, avvolto da un telo di lino. Era stato Giuseppe di Arimatea a donare la sua tomba, a poche decine di passi dal Calvario.

Era successo tutto improvvisamente, come un terremoto, come uno tsunami, come un uragano.

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Nessuno aveva capito cosa stava per accadere. 

In poche ore tutto era finito. 

Gesù era morto.

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Le sue parole, il suo sorriso, l’espressione del suo volto. Tutto finito. Nel peggiore dei modi.

I discepoli erano fuggiti, storditi dalla paura, dall’orrore, presi dal panico.

Il terrore si era impadronito dei loro cuori, li aveva scossi, saccheggiati, annichiliti.

Solo le donne avevano avuto il coraggio di mettere da parte le loro emozioni.

Solo loro avevano deciso di tornare al sepolcro per ripulire il suo corpo straziato.

Era stata una Pesah di dolore e mutismo. Poi, verso sera, si erano messe d’accordo: l’indomani, prima dell’alba, sarebbero tornate alla tomba per rendere onore al Maestro.

Così raccontano i Sinottici.

Giovanni, invece, ci dice che fu Maria di Magdala ad andare, sola, quando ancora era buio, al sepolcro.

A piangere. A pregare. A disperarsi. Chissà.

Anche noi, spesso, ci avviciniamo a Dio come se fosse morto e sepolto.

E lo facciamo per lamentarci, per piangere, per sprofondare.

E invece.

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Rolling stones

Pasqua è la festa delle pietre rotolanti.

Dei macigni che ingombrano il cuore, che intossicano la vita, che impediscono la luce.

Delle paure che rimettono in discussione le nostre fragili convinzioni di fede.

Dei massi che pensiamo possano fermare Dio, tombarlo, annientarlo, sopprimerlo, zittirlo, svilirlo.

E che, così, per ridere, di colpo, precipitano e si sbriciolano.

Così pensavano di fare i nemici del Nazareno. Quelli che lo ritenevano eccessivo.

Poco religioso e zelante, poco osservante delle norme, poco rispettoso delle autorità.

E allora, da vigliacchi, in fretta, di nascosto, lo hanno fatto fuori.

Disperdendo i suoi pavidi e attoniti discepoli.

Chiusa la vicenda di Gesù, falso profeta.

Alla vigilia di una grande festa, così da passare inosservata.

E, eccesso di prudenza, per evitare le mosse inattese dei soliti fanatici, il Sinderio fa vegliare la tomba da soldati annoiati e armati.

Vegliare un cadavere per evitare che un manipolo di pecorai e pescatori lo rubi. 

Sai che pericolo!

E invece.

Non è qui

Così, nel vangelo di Matteo, un angelo impudente ha detto alle donne affrante di smettere di cercare il crocefisso..

Come facciamo noi che pensiamo di rendere onore a Dio imbalsamandolo.

Che crediamo di renderlo felice costruendogli monumenti, non diventando testimoni.

Pronti a versare chili di profumo e di unguenti mielosi.

Ma non a convertirci.

Noi che abbiamo indossato la maschera del penitente e dell’affranto ai piedi della croce.

E invece, Dio non c’è.

Nessun crocefisso.

Nessun cadavere su cui piangere.

Sparito, svanito, partito, andato.

Se Dio, per noi, è una buonanima da venerare, ammonisce l’angelo, abbiamo clamorosamente sbagliato indirizzo. Non è qui.

Sarà questa la ragione per cui stentiamo a incontrare Dio? Perché continuiamo a bussare alla porta di un sepolcro?

Chi ci salverà?

Le donne salendo al sepolcro sono preoccupate.

Una grande pietra le separa dal corpo del Maestro.

Chi sposterà la pietra?

Preoccupazione legittima. Ma inutile.

Quale pietra ha sepolto la nostra fede? Quale tiene lontano Dio dalla nostra vita? Quale ci impedisce di essere veramente felici?

Viviamo accampando scuse, ponendo condizioni alla nostra felicità

Se fossi, se avessi, se potessi…

Non è vero. Se non sono felice qui e ora non potrò mai essere felice.

Anche in questi tempi bui e caliginosi, anche se le nostre vite dovessero mutare per sempre, anche se la mia vita terrena dovesse finire qui. Parole forti, lo so. Ma vere, tanto più ora che il Vangelo o trasfigura quanto stiamo vivendo o non è.

Sono piene di dubbi, le discepole. Come lo siamo noi.

E le ferite, i dubbi, gli squarci del passato, la paura, i problemi economici che si spaventano, la pietra tombale che non riusciamo a togliere, Dio la scaraventa per aria.

Gettando a gambe all’aria anche i poveri soldati che pensavano di ingabbiare Dio.

Anch’io

Voglio esserci, ancora e ancora Signore.

Nel cuore vibra l’attesa per questo giorno, per quella Pasqua ultima che attende la Storia e la mia storia.

La mia pietra è stata ribaltata, finalmente. E tu ancora mi dici di non toccarti, di non bloccarti.

Altre pietre sono da scardinare. Una per ogni cuore.

La tua missione di ribaltatore di pietre non finirà mai.

Salvami, Signore.

Salvaci, risorto.

Da ogni paura, dal morire da vivi, dal rendere inutile quanto stiamo vivendo.

Facci scoprire amati. Facci vivere da risorti, come te, cercando le cose di Dio. 

E tutto il resto ci sarà dato in aggiunta.

Salvaci.

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