Paolo Curtaz – Commento al Vangelo di domenica 18 Dicembre 2022

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Averne

Siamo scoraggiati, certifica il Censis. 

Un popolo di demotivati, delusi, stanchi, depressi. C’è di che, dai.

Pandemia, guerra, crisi energetica, inflazione. Altro che regali: la tredicesima va tutta in bollette. Per chi ce l’ha la tredicesima. E, novità, la gente non se la prende più con la politica, perché ormai è evidente a tutti che siamo legati mani e piedi a un sistema, ai pochi ricchissimi che tirano le fila del mondo e che noi rendiamo più ricchi ogni giorno di più. E allora al diavolo i riccastri che pubblicano i loro selfie svaccati sui sedili in pelle dei loro jet privati, al diavolo i manager che prendono 200 volte lo stipendio di un operaio, al diavolo i nuovi potenti tecnologici che ci comportano come feudatari medievali.

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Periodaccio, concordo.

Che il Natale non riesce a smuovere. 

Se ascoltassimo le profezie. Se guardassimo a Maria, un’adolescente figlia di poveri vissuta in un buco di paese duemila anni fa! Se imparassimo da Giuseppe, suo sposo.

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Più le tenebre sono fitte, più brillano le stella.

Più il mondo implode, più avanza il Regno.

Inizia il conto alla rovescia per un Natale alternativo. In cui, per dire, posso convertirmi e cambiare il mondo, a partire da un me che si scopre amato.

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Angeli e affini

Sono due le annunciazioni presenti nei Vangeli: una a Maria e l’altra a Giuseppe.

Dio parla ad una coppia, non ad un singolo. Ma lo fa rispettando le diverse sensibilità, al maschile e al femminile. Perché l’esperienza di fede sempre parte dalla concretezza delle nostre esperienze e dei nostri percorsi.

L’angelo è lo stesso, ma il modo, il linguaggio e le modalità che usa sono diverse.

Dio sempre ci viene incontro. E rispetta la nostra straordinaria singolarità.

Parla col linguaggio che sappiamo intendere.

Si fa breccia fra i nostri pensieri, i nostri affanni, le nostre paure.

Come quando non chiudiamo occhio perché è successo qualcosa che ci ha destabilizzato.

E tutta la nostra vita viene ribaltata da un evento imprevisto. O come quando di colpo ci troviamo davanti ad evidenze che smascherano una persona di cui ci siamo fidati, che abbiamo amata.

Non ditelo a Giuseppe.

Tormenti

È discreto, Matteo.

Lascia solo intendere il tormento che impedisce a Giuseppe di chiudere occhio.

Ha saputo in qualche modo che la sua promessa sposa, aspetta un figlio. Disdicevole, certo, ma, insomma, poteva anche accadere. Solo che Giuseppe è l’unico a sapere che quel figlio non è suo. E che, per ottemperare alla Legge, deve denunciare Maria al rabbino. In origine donne come quelle dovevano essere lapidate. 

Non chiude occhio, il povero Giuseppe.

Non si capacita dell’accaduto. Pensava di conoscere bene i sentimenti di Maria. Che idiota.

Ma bisogna fare una scelta, mettere da parte le proprie emozioni, agire. È giusto, Giuseppe.

Non giudica secondo le apparenze. Non lascia parlare la sua rabbia e il suo orgoglio di maschio ferito. Grande.

Giustizia

Non voleva accusarla pubblicamente.

Non vuole vendicarsi, non vuole umiliare Maria, non vuole rovinarle la vita. Escogita una soluzione: dirà che si è stancato di lei, eserciterà il potere sessista di cacciare una fidanzata o una moglie, pratica che suo figlio condannerà pubblicamente.

Maria avrà salvo un po’ di onore anche se lui, Giuseppe, passerà per una persona inaffidabile.

Quanta delicatezza in quel gesto! Quanto amore! Quanta eleganza!

Il nostro mondo sbraita, urla, accusa, trova nemici ovunque.

Giuseppe, che è giusto, sa che esiste in ogni persona una parte pubblica, evidente, ed una intima, fragile. E fa la sua scelta, pagandone le conseguenze sulla sua pelle.

Accogliendo ancora Dio in questo Natale, impariamo da Giuseppe ad essere giusti, senza giudicare secondo le apparenze.

In sogno

Mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo.

Ora che ha deciso prende sonno. E fa uno strano sogno.

Nella Bibbia i sogni sono spesso portatori di notizie, teofanie private che illuminano le scelte.

Ma vi prego di notare la sequenza. Prima decide. Poi arriva il sogno.

Il Dio adulto non forza la mano, non fa giochi di prestigio per spingerci.

Siamo drammaticamente e magnificamente liberi.

Abbiamo tutti gli strumenti per vivere secondo giustizia. Sappiamo cosa fare. Sempre.

Proviamo a vivere considerando le cose. Lasciandole illuminare dalla Parola.

E, come Giuseppe, ritroviamo il coraggio di sognare.

Prendi con te

Non temere di prendere con te Maria. Fa paura prendere con sé qualcuno. Anche quando lo si ama.

Paura di non essere in grado. Paura di perdere la propria libertà. Paura di restare fregati.

Superiamo la paura.  L’altro è sempre mistero. L’altro è sempre portatore di novità.

Anche quello strano altro che è il Dio che viene.

Si desta dal sonno Giuseppe.

Smette di ronfare. Si attiva, si sveglia.

Contro ogni logica prende con sé quella sposa portatrice di Dio. E la sua vita cambia, fiorisce.

Averne

Aveva certamente dei progetti, il buon Giuseppe: un laboratorio più grande, una casa spaziosa, dei figli cui insegnare l’uso della pialla e dello scalpello. Non aveva grandi pretese, questo figlio di Israele, un piccolo sogno da vivere con una piccola sposa. Ma Dio ha bisogno della sua  mitezza e della sua forza, sarà padre di un figlio non suo, amerà una donna silenziosamente, come chi prende in casa l’Assoluto di Dio.

Giuseppe accetta, si mette da parte, rinuncia al suo sogno per realizzare il sogno di Dio e dell’umanità.  Giuseppe è il patrono silenzioso di chi aveva dei progetti ed ha accettato che la vita glieli sconvolgesse.

Dio ha bisogno di uomini così. Di credenti così.

Pochi giorni al Natale, Giuseppe, dal silenzio in cui è rimasto, custode e tutore della santa famiglia, veglia su di noi e ci chiede di imitare la sua grandezza. Ad avere fiducia. 

In questo tempo claudicante che spegne la fede, che alza i doni, che sfoga la rabbia, lo stile di Giuseppe è una chiara indicazione per poter far nascere Gesù in noi.

Giustizia e capacità di sognare.

Di persone che non giudicano secondo l’apparenza e di sognatori ha bisogno il mondo, e la Chiesa.

Averne. 

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