In fretta verso di te
Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno».
Vanno al sepolcro portando gli aromi per compiere ciò che, due giorni prima non erano riuscite e a fare. Lo hanno sepolto in fretta e furia: già era comparsa la prima stella della notte nella vigilia di quel sabato, che in quell’anno coincideva con la Pasqua ebraica, la Pesah.
Il loro cuore è più pesante della pietra che è stata messa a proteggere il cadavere del Maestro.
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È morto. Torturato e straziato, sfigurato e oltraggiato.
Quel volto sorridente e pacificato reso irriconoscibile, tumefatto e ferito.
Camminano in fretta, ancora è buio, nel cuore e nell’anima.
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È tutto difficile, tutto troppo difficile, tutto insostenibile.
Come dopo due anni di pandemia piombare nella paura di una guerra, da paura a paura.
Come un incubo senza fine. E i nervi cedono, la speranza cede, la fede cede, la vita stessa cede.
Si sentono come ci sentiamo noi, esausti, consumati, sfiduciati.
Ma quando arrivano, la pietra è ribaltata e la tomba è vuota.
Che senso ha?
Si interrogano, ora le donne: che senso ha tutto questo?
Che senso ha ciò che stiamo vivendo? Come leggere gli eventi, come districarsi dal groviglio che ci impedisce di muoverci, paralizzati dalla paura, smarriti davanti all’ombra dilagante della morte?
E nelle nostre vite, come in quel mattino di Pasqua, mentre ancora cingiamo in mano gli aromi per imbalsamare Dio, per rendere onore a Dio si, ma celebrandone il funerale, arrivano due uomini.
Non due angeli, in Luca. Ma due uomini. Che in Giovanni, il vangelo letto nel giorno di Pasqua, scompaiono per lasciare spazio ad un lenzuolo.
Ma sono sfolgoranti. Illuminati, accesi, incendiati, dal cuore ardente. Come molti, fra noi, che ancora ci dicono, con disarmante semplicità: smettetela di cercare un cadavere.
Smettiamola di cercare un cadavere, un uomo del passato, smettiamola di vivere la fede come un soprammobile, di pensare a Gesù come ad un innocuo e irrilevante educatore delle buone maniere.
Smettiamola di guardare in basso, di tenere il volto chinato in terra.
Alziamo lo sguardo.
Accogliamo l’annuncio.
Gesù è risorto.
Dettagli
Giovanni, invece, ci dice che fu Maria di Magdala ad andare, sola, quando ancora era buio, al sepolcro. A piangere. A pregare. A disperarsi. Chissà.
Anche noi, spesso, ci avviciniamo a Dio come se fosse morto e sepolto.
E lo facciamo per lamentarci, per piangere, per sprofondare.
E invece.
La pietra è ribaltata. Gesù non c’è.
Non sa che pensare, Maria, corre dagli uomini, dai maschi.
Ora sono Pietro e un altro discepolo a correre.
Il discepolo che Gesù amava, presente nei momenti cruciali nella vita del Signore. Un discepolo che, tardivamente, la comunità cristiana ha identificato con lo stesso evangelista Giovanni. Più probabilmente, invece, quel discepolo è un personaggio collettivo: tutti noi siamo chiamati ad essere quel discepolo amato. Tutti noi siamo chiamati a correre per raggiungere il Signore, tutti siamo chiamati ad andare a vedere.
Corrono, Pietro e il discepolo. Corriamo anche noi con Pietro dopo l’annuncio delle donne.
Giungono al sepolcro: la tomba è davvero vuota, il sudario, la sindone, le bende, come svuotati e riposti con ordine. Vedono solo segni di morte, solo cose che hanno a che fare con la morte. Nulla di vitale, nulla di decisivo.
Segni di morte, non c’è nessuna evidenza.
Pietro si ferma. Il discepolo amato no. Vede e crede.
Evidenze
Non è evidente la fede. Non è evidente la presenza del Signore. Non è evidente la gioia che invade il cuore del discepolo amato. Non hanno ancora capito la Scrittura. Dai segni devono risalire al significato, risalire alla luce nascosta dietro gli eventi. Ogni evento.
Capiranno, certo, ci vorrà lo Spirito per spalancare la loro capacità di capire e leggere al di là dell’apparenza. Ma capiranno.
È ancora lì quella tomba vuota.
I romani l’hanno prima nascosta sotto un terrapieno. Poi è stata messa al centro di un’immensa basilica costruita dall’imperatore Costantino, più volte distrutta. Il califfo Hakim il folle decise di raderla al suolo, scalpellandola. Oggi è meta di centinaia di migliaia di pellegrini che varcano la porta consumata dai secoli per accedere per qualche istante in quel che resta della tomba scavata nella roccia, inginocchiandosi davanti alla pietra che accolse il corpo del Maestro.
Solo pietre. Solo una tomba. Vuota, per giunta.
Segni di morte che vanno interpretati, se vogliamo.
Risorti
Gesù è risorto, smettetela di fargli il funerale, di chiuderlo dentro le teche, di stordirlo di incensi e canti lamentosi. La croce era solo un passaggio, una collocazione provvisoria. È altrove, fidatevi.
Non rianimato o presente nei nostri ricordi. È il per sempre vivente, risorto da morte.
Vedrete sempre e solo dei segni, nella Chiesa, nel mondo.
Sarà la fede a dar loro vita. Sarà quella corsa ad osare, a smuovere, a convertire i cuori ancora pesanti.
È lo sguardo che determina l’ottimismo cristiano che sa vedere oltre il mondo che implode, oltre l’incomprensione, oltre la violenza.
Lo sguardo.
Io vedo, Signore.
Vedo una tomba vuota. E ascolto il racconto di Pietro. E di Maria e delle donne. E faccio memoria delle tue parole. Vedo dei segni perché, come l’amore, come il bene, come il bello, solo i segni ci spalancano all’altrove.
Io vedo, Signore.
E credo. Credo che sei vivo, che sei vivente, che sei qui con noi, ora, oggi, risorto e per-sempre-presente.
Io vedo, Glorioso,
e ascoltando l’invito di san Paolo rivolgo lo sguardo alle cose invisibili e vere perché sono risorto con te, perché la mia vita è nascosta in Cristo in Dio.
Ti amo, rabbì. Rivelatore del Padre. Sguardo amorevole di Dio sul mondo.
Mi sono scoperto amato, ho scelto di amare, vivo da risorto in attesa della pienezza.
E ancora proclamo con i fratelli e le sorelle: Gesù è risorto. Sì, è veramente risorto!
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