Anche no, grazie
Preparo il commento al vangelo la domenica sera.
Mi ritaglio un tempo di riflessione e di preghiera che mi proietta alla domenica successiva, una sorta di post-it della mia vita interiore per fecondare la settimana. Ci provo, almeno, in questa mia vita ogni giorno piรน fragile.
Ho appena letto i quotidiani on-line, soprattutto nella parte, per me straziante, che descrive gli scandali della Chiesa e quella, per me incomprensibile, di chi ha adottato lo stile del mondo per sparlare pubblicamente del Papa e dei vescovi accusati di distruggere la Chiesa. Come se, sul serio!, potessimo distruggere la Chiesa! Provo disagio, lo confesso. Anche un senso di nausea.
Non voglio entrare nello specifico: non ho gli strumenti per capire fino in fondo la situazione (chi li ha?), e le poche informazioni fornite sono interpretate nella linea di pensiero del giornalista che le riporta, lo so bene.
Ma il disagio rimane. Come se qualcuno parlasse male di mia madre e mi invitasse a prendere le distanze solo perchรฉ ha un vestito fuori moda (leggetevi Il santo, di Antonio Fogazzaro).
No, non รจ questa la Chiesa che ho conosciuto. Non cosรฌ, almeno.
Non รจ questa la Chiesa che mi ha accolto e amato. E che accolgo e amo.
Santa e in continua riforma. Santa perchรฉ del Santo. Peccatrice perchรฉ fatta da discepoli scarsi come me.
Siamo peccatori, lo so. Tutti.
E ne siamo consapevoli. Ma non a sufficienza.
E se tutto quello che sta succedendo, dal Covid in avanti, ma anche prima, fosse lo sgambetto che lo Spirito ci sta facendo per fermarci e capire cosa stiamo facendo? E se โ sul serio โ ci stesse sfuggendo qualcosa di grandioso che, pure, รจ sotto gli occhi di tutti?
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Ho bisogno urgente e inappellabile di Profezia.
Un re che chiama
Il Dio che Gesรน รจ venuto a rivelare รจ un re che invita a nozze.
Non costringe, non obbliga, non intima. Propone.
E non propone solo di andare a lavorare nella vigna per cambiare il mondo insieme a lui, no.
Propone di partecipare ad una bella festa, ad un banchetto elegante, ad una cena che lungamente abbiamo sognato.
Cosรฌ รจ Dio. Non quello piccino della nostra testa, quello severo delle nostre paure, quello intransigente delle nostre ristrette visioni inutilmente moralistiche.
Un Dio che fa festa. Un Dio che ama la compagnia, che la cerca, che mi invita.
Invita me, perchรฉ non รจ egoista come sappiamo essere noi, non narcisista e diffidente.
Dio รจ uno spettacolo di luce e di vita e mi chiede, mi propone nellโassoluta libertร , di partecipare alla sua vita ma anche di condividere la sua gioia. Un Dio felice che mi vuole felice.
E i servi vanno, invitano, insistono.
Noi servi, noi discepoli che giร abbiamo conosciuto lโimmensa bellezza di Dio.
Matteo, ci spiegano gli esegeti, parla dei discepoli che cercano di evangelizzare i fratelli giudei.
Come sono belli sui monti piedi di chi parla di Dio!
Solo che.
Ahia
Grandioso, direte voi.
In teoria. In pratica Dio si riceve un solenne e condiviso: no, grazie.
Abbiamo delle cose da fare. Vero, certo. Cose urgenti, necessarie, importanti.
Ma sempre e solo delle cose. Materia, impegno, lavoro, sudore.
Cose.
Che riempiono ogni spazio, che occupano la mente, che spengono lโanima e il desiderio.
Peggio: che la uccidono.
Non sono malvagi coloro che rifiutano.
Sono solo troppo impegnati per diventare felici. Si illudono di trovare la felicitร dopo avere finito le cose da fare. Come se la felicitร potesse aspettare. Come se dipendesse dalle cose.
Eppure basta poco. Accogliere lโinvito, andare.
Vedere quanta gioia, veritร , bellezza, abitano in Dio, e come la nostra vita, comunque sia, possa fiorire. Tutto il Vangelo consiste in un vieni e vedi.
Cosa abbiamo di meglio da fare, oggi, dellโessere felici?
Accampiamo scuse.
Problemi, dolore, a volte addirittura attribuito a Dio, ostacoli.
Macchรฉ: se non siamo felici oggi, non lo saremo mai.
Cosรฌ la comunitร di Matteo sperimenta il rifiuto e interpreta la catastrofe della distruzione del tempio come la conseguenza di tale rifiuto. Non il gesto stizzito di Dio, ma la deriva di un mondo, allora come, oggi, che pensa di bastare a se stesso.
Parte del popolo di Israele ha rifiutato lโinvito, allora Dio si volge agli scappati di casa, ai reietti, a noi, per entrare al banchetto. Solo che.
Lโabito
Una sola cosa serve: lโabito. Un abito adatto, confacente.
Richiesta assurda, allโapparenza: al rifiuto degli invitati il re spinge ad entrare cattivi e buoni, mendicanti e poveri. Come pretendere da loro un abito nuziale?
Noi, oggi, sappiamo che lโinvito di Dio รจ rivolto a tutti, anche a chi non ne รจ degno, anche ai peccatori. Nessuna selezione di bravi cristiani per far parte della festa.
Ma lโabito sรฌ. Certo.
Un riferimento alla veste battesimale, alla nostra dignitร , a diventare ciรฒ che siamo.
Perchรฉ oggi la Chiesa ha bisogno di cristiani, non di preti. O di preti cristiani.
Per portare il Vangelo nel mondo, non per spingere il mondo nelle chiese.
Il re รจ un padre, รจ buono, non รจ un bonaccione, un inutile Babbo Natale.
Ci ama seriamente, con gioia, ma non si fa prendere in giro.
Possiamo drammaticamente rifiutare la gioia. Ma anche fingere e non essere disposti a crescere, a fiorire, a convertirci. A fare i cristiani a traino. Innocui e inutili.
La conseguenza, allora, sarร quella di essere per sempre legati alla nostra minuscola visione della vita ed abitare nelle tenebre.
Forse
Allora questa Parola mi aiuta, mi spinge, mi scuote, mi inquieta.
Forse รจ rivolta a me. Forse sono proprio io a rifiutare la logica della festa. Anche se discepolo da lungo corso. Anche se catechista o prete o cardinale. Forse davvero dobbiamo smetterla di pensare che queste parabole siano per gli altri.
Io, Paolo, posso rifiutarmi di partecipare alla festa di Dio. O convertirmi.
Perchรฉ Dio continua ad invitare, dice Isaia. E se chi doveva partecipare non cโรจ, pazienza.
Voglio esserci. E vivere con veritร e dignitร il mio battesimo. Per diventare io evangelizzatore dove sono.
Perchรฉ anchโio, come san Paolo, ho sperimentato che tutto posso in colui che mi daโ la forza.
Anche di vivere questo tempo di scelta e di setaccio.
Ecco.
Cosa abbiamo di meglio da fare oggi che non essere felici?
Mt 22, 1-14 | Paolo Curtaz 18 kB 16 downloads
Ventottesima domenica durante lโanno – Is 25,6-10/ Fil 4,12-20/ Mt 22,1-14 …***
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