Seduzione
La sta aspettando. Anche se è affaticato, perché sempre Dio ci insegue.
Perché mai si stanca di cercarci. Noi cerchiamo colui che ci cerca.
Ci ama, Dio. Ci corteggia.
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Eccolo lo sposo che aspetta la sposa per chiederle conto della sua infedeltà.
A chiedere conto a quel pezzo di Israele, la Samaria, caduta in mani nemiche da secoli e rappresentata da quella donna che, sola, viene a far acqua al pozzo nell’ora più assurda della giornata.
Per non essere vista, immaginiamo, perché il paese è piccolo e la gente mormora.
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E lei non ne può davvero più di essere giudicata.
Come me. come te, amico lettore.
Di dover essere come gli altri vogliono, vorrebbero, dicono. Sempre appesi al giudizio degli altri. sempre a sostenere esami, via uno, l’altro. E finiamo col credere all’immagine deformata di noi stessi che nel deserto l’avversario ci propone.
Stanca lei. Stanco Dio.
Siede, Dio. E chiede alla donna di dissetarlo. Ha sete della sua fede ormai spenta.
Ha sete di lei. Ha sete di me. Ha sete di te.
Abbordaggi
Tentenna la donna.
Nessun maschio parla ad una donna. Nessun ebreo parla ad un samaritano.
Tenta un abbordaggio, il viandante, stia alla larga.
Ha perfettamente ragione, la samaritana, Dio la sta corteggiando, perché al pozzo Isacco incontrò la sua Rebecca. Al pozzo Mosè si innamorò di Zippora.
Gesù non si scoraggia… Uomo, donna, ebrei, samaritani… che importa definirsi? Siamo tutti degli assetati. Solo che lui, il viandante, afferma di avere un’acqua di sorgente.
Ora Gesù ha ottenuto l’attenzione della donna. Come fa ad avere l’acqua di sorgente se non ha nemmeno con cosa attingere?
Lei parla dell’acqua da bere. Lui di quella che disseta.
Non è più respingente la donna. Ora ascolta questo interessante sbruffone.
Gesù supera ancora qualche perplessità della samaritana: chi si crede di essere? È più grande del patriarca? Sì, lui è più di Giacobbe che diede al villaggio quel pozzo.
Ed esagera: chi beve al quella sorgente, diventa a sua volte sorgente.
È affascinata e stranita, la samaritana, chiede da bere.
È lei che va dissetata. È lei che, finalmente, chiama per nome il suo desiderio, il suo disagio, il suo vuoto che inutilmente ha tentato di riempire correndo dietro alle promesse di un seduttore. Sì, ha sete e no, non conosce affatto il dono di Dio. E sì, vorrebbe trovare dentro il suo cuore un luogo che disseta, senza elemosinare senza compromessi, senza vendersi.
Mettersi in gioco
Gesù alza la posta.
Quando mettiamo a fuoco l’immenso desiderio di felicità che portiamo nel cuore, quando giungiamo ad esprimere quel desiderio, quel grido, Dio ci chiede di essere autentici.
Di gettare le maschere. Le troppe maschere che indossiamo per difenderci o per metterci in mostra.
Gesù chiede alla donna di chiamare suo marito. Lei si irrigidisce.
Ma è sincera.
Non la vuole giudicare, il Signore. Ha avuto una vita frammentata la donna, lasciata quattro volte. Illusa e abbandonata. Uno strazio.
Non solo deve andare al pozzo a mezzogiorno per non incontrare lo sguardo giudicante dei suoi concittadini, ma ha scoperto che l’acqua ricevuta dai suoi uomini è presto svanita dal suo cuore, cisterna screpolata.
Il vero sposo è davanti a lei e le chiede ragione della sua vita. Non per giudicarla, ma per salvarla.
Non per versare sale sulle sue ferite, ma per fasciarle e portarla alla locanda del Padre, come il samaritano percosso. Per farle vedere che quell’amore elemosinato e negato, in realtà, le è per sempre donato.
La tensione, ora, è alle stelle. La donna non sopporta tanta verità, non è abituata a tanta intensità e la butta sul religioso.
Gesù le ha letto la vita, dev’essere un profeta. Allora in quale tempio occorre venerare Dio, Gerusalemme o Garizim? Domanda inutile: lei, in quanto pubblica peccatrice, non può entrare in nessuno dei due templi che offrono riparo solo ai puri e ai giusti.
E Gesù la libera da ogni inutile senso di colpa: nel tuo cuore incontrerai Dio.
Il suo cuore è tempio. E Dio lo abita anche se la sua vita affettiva è ancora claudicante.
Ecco, strike.
Quello straniero le ha detto ciò che mai nessun sussurro di maschio le aveva detto.
Lei è tempio. Lei è tempio. La sua vita è sacra. Lei contiene Dio.
Non è la ragazza fragile usata dai maschi spregiudicati del villaggio, la sedotta e abbandonata che ha tagliato ogni legame con i paesani. Dio la vede come un tempio da cui sgorga un amore nuovo capace di dissetare lei e chi le si avvicinerà.
Colpo finale
Ci siamo. Vacilla.
Ha abbandonato ogni difesa. Non sa nemmeno cosa dire. Arriverà il Messia – borbotta – dirà, spiegherà, farà. No, risponde Gesù, il futuro è qui, ora. Il futuro si è realizzato.
Il Messia è già qui. Davanti a te.
Davanti a me che scrivo. Davanti a te che leggi.
Lascia la brocca in terra, la donna. Travolta.
Corre da coloro che evitava. Grida del suo incontro.
Perché chi si sente amato diventa contagioso. Deborda. E le sue tenebre diventano l’ombra della luce.
Noi
Eccoci, amici.
Assetati come la samaritana. Come lei feriti e diffidenti. Come lei giudicati dai benpensanti che fioriscono come la gramigna, anche nella Chiesa.
Eccoci. Se abbiamo il coraggio di farci incontrare. E di abbassare le difese.
Eccoci, se siamo onesti, nudi e spogliati dalle troppe resistenze che impediscono a Dio di incontrarci.
Capaci di rinascere, noi che ci siamo dissetati dell’acqua viva.
Capaci di annunciare a tutti quanti siamo amati.
Oltre il deserto, verso il Tabor, Dio ci aspetta.
È questa la fede, questo il cristianesimo: un incontro seducente.
Credere è cedere al corteggiamento di Dio.
È scoprirsi amati e desiderati da sempre, per amare e desiderare per sempre.
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