Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 9 Maggio 2023

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La pace che ci porta Cristo non ha nulla a che fare con i cimiteri. Nemmeno con l’assenza di conflitti. O con una vita (finalmente!) senza problemi, senza rompiscatole, senza traumi, senza malattie, senza dolori, senza fallimenti, senza delusioni. Perché la nostra vita, inevitabilmente, non può che confrontarsi continuamente con le ombre, con la fatica, con gli alti e bassi, perché è l’unico modo che abbiamo per vivere.

Al discepolo la sofferenza non viene risparmiata ma il cammino ci aiuta a capire quale sofferenza va abbandonata e quale va accolta e trasfigurata. Una vita in pace non è un vita senza scossoni. Non ci lascia in pace, il Signore. Ci dona la sua pace, che è pienezza d’amore, di gioia, di felicità, di senso della vita. Una pace che ci deriva dall’esperienza e dalla consapevolezza che il principe di questo mondo non può nulla contro di lui, il Signore.

E non può nulla contro di noi se abbiamo messo l’uomo più forte, il Cristo Signore, a custodire la porta della nostra casa interiore. Il discepolo è più di un pacifista: è un pacificato, perché sa che la violenza che ci abita e che va riconosciuta e domata, è all’origine di ogni conflitto in noi e nelle relazioni, fino a diventare la benzina per il fuoco della guerra. E ci si pacifica quando ci si scopre amati, quando si smette di vedere gli altri come dei nemici, dei concorrenti, degli avversari e li si scopre fratelli.

Gesù parla poco prima di essere arrestato e il lungo discorso riportato da Giovanni ci mostra tutta la sua umanissima tenerezza. Andrà fino in fondo, dice, amerà gli uomini fino a darsi totalmente, come gli ha chiesto il Padre. E questo ci dona pace: Dio ci ama fino a morirne, Dio ci ama lasciandoci liberi di scegliere fra logica del mondo e la logica del dono, che è la sua.

E quella che i discepoli stanno per vivere, un’apparente, traumatica fine di tutto, a guardarla meglio è la manifestazione della misura dell’amore di Dio per noi, per me.

✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 14,27-31

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